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Koinè intervista Avanza (AZ): "In Europa Meloni non è un nostro nemico"

Updated: Jun 6


di Luca Simone.


In vista delle ormai imminenti elezioni europee dell'8 e 9 giugno, Koinè Journal intervista Caterina Avanza, già consigliera politica al Parlamento Europeo ed oggi candidata di Azione per la circoscrizione Nord-Ovest


-Negli ultimi mesi il movimento dei trattori ha portato agli onori delle cronache il tema del settore agroalimentare. Dove si colloca Azione in questa polemica?

Azione si colloca nel merito della protesta facendo una distinzione tra slogan e realtà. È ingiusto che vi siano agricoltori che producono a dei prezzi più bassi di quelli di vendita, è chiaro che non si può andare avanti. Esistono perciò filiere fragili che vanno tutelate in cui va redistribuita meglio la ricchezza. A me sembra che Lollobrogida se la sia presa con l’UE matrigna che ci vuole far mangiare i grilli. Pur essendoci effettivamente all’interno del green deal alimentare dei testi fatti senza studio d’impatto e vanno perciò rivisti. Ma dire che non bisogna fare il green deal è completamente idiota, essendo gli agricoltori le prime vittime di questa mancanza.


-Il settore dell’agricoltura pesa con la PAC per il 30% dell’intero bilancio europeo, ed è la voce di spesa più alta. La PAC stessa è stata firmata dal ministro in carica, ricordiamolo, ma la voce di spesa va commentata in virtù di una protesta su mancati aiuti al settore.

Non dimentichi un dettaglio importante però, e cioè che l’agricoltura è l’unica vera politica comunitaria europea, e la voce di spesa è praticamente scomparsa dai bilanci nazionali ed è totalmente in capo all’Europa. Lollobrigida è quindi un ministro senza portafoglio, ma attenzione a dire che gli agricoltori hanno più soldi degli altri. Quello che si dimentica il ministro è che la PAC è pensata a livello europeo e sicuramente ci sono pesantezze burocratiche, ma è poi gestita dalle regioni, a cui il suo ministero non ha fatto pervenire alcuna linea guida. Ogni regione, quindi, agisce in autonomia e si trova costretta a rimandare indietro una parte dei fondi della PAC, ed è lì il problema. L’Italia non sa spendere bene, e mi pare che col PNRR e i fondi di coesione abbiamo lo stesso problema. quando vedete un politico che dice che l’Europa è matrigna, sappiate che vi trovate di fronte a qualcuno che non è in grado di utilizzare i fondi europei. Per Azione la PAC va tenuta, ma deve trasformarsi in incentivi per la competitività delle imprese e non in sussidio come è invece oggi.


-Cosa pensa di Food For Profit, il docufilm di Giulia Innocenzi sulla lobby della carne? Nel film la giornalista attacca i finanziamenti agli allevamenti intensivi e i grandi gruppi industriali. Lei come commenta la vicenda?

Allora innanzitutto io penso che sia necessario distinguere tra giornalismo e lobby. Ognuno può fare lobby, a condizione che lo faccia con trasparenza, in quanto fare lobby è assolutamente legale a patto che sia reso pubblico. Per i giornalisti vige invece un’altra regola dato che fanno un altro mestiere. Il problema della Innocenzi è che non si capisce se faccia l’una o l’altra cosa, dato che il suo film è stato abbondantemente finanziato da aziende e gruppi industriali che producono cibo plant based. È dunque una forma di lobbying, sia chiaro legittima, ma la Innocenzi presenta questo film al Parlamento Europeo come fosse una giornalista e non una lobbista, il che è molto diverso.


-Riguardo al contenuto invece, come lo commenta?

Mah il problema principale del contenuto è che è altamente impreciso in molti aspetti. Non c’è alcun contraddittorio portato da scienziati, ad esempio, non si parla del consumo di antibiotici, manca dunque un approccio scientifico, ma si sceglie la via dell’approccio meramente scandalistico. Si fanno vedere immagini dure che sono sicuramente vere ma rappresentano eccezioni. Io faccio molta fatica quindi a dare credito a quello che ha fatto Giulia Innocenzi. Inoltre, se l’allevamento intensivo rispetta tutte le avanzate normative europee, le migliori del mondo in materia di benessere animale, io preferisco che si produca in Europa. Il rischio è che si ceda questo mercato alla Cina o a Paesi terzi che hanno regole infinitamente meno stringenti di quelle europee, con conseguenze gravissime in termini di inquinamento e qualità del prodotto. La FAO ha predetto che il consumo di carne aumenterà del 20% entro il 2050, io penso che, se davvero vogliamo ridurre l’impatto ambientale e garantire il benessere animale, non ha senso fare la guerra agli allevamenti europei che rispettano e regole, che sono la stragrande maggioranza di tutti gli allevamenti. Regole che tra l’altro possiamo farci da soli, migliorandole ed implementandole.


-Quindi meglio produrre in Europa?

Assolutamente sì. Produrre in Europa con controlli alti e standard alti, invece di cedere una fetta di produzione all’estero dove non possiamo controllare nulla del processo produttivo.


-La Innocenzi ha dichiarato che: “tenere gli animali in condizioni disumane rappresenta un pericolo anche rispetto a future pandemie. Perché dunque finanziamo gli allevamenti intensivi?”

A me non risulta affatto innanzitutto che la PAC favorisca gli allevamenti intensivi, dato che i fondi vengono assegnati a seconda del terreno posseduto. Per definizione l’allevamento intensivo sfrutta un territorio di minore estensione rispetto ad un allevamento di tipo estensivo. Detto questo la Innocenzi ci dovrebbe spiegare qual è la pandemia che è arrivata da un allevamento intensivo. Ad oggi noi abbiamo osservato esattamente il contrario, tanto che le nuove infezioni arrivano da animali selvatici. L’aviaria dagli uccelli, la peste suina dai cinghiali che abbiamo lasciato proliferare, in Francia hanno un problema enorme di tubercolosi nei bovini che viene trasmessa dalle volpi. Io non ho perciò capito a quale pandemia si riferisca, sarebbe bene che rispondesse.


-Passando a vicende più politiche. Azione viene criticata a proposito della coerenza visto che ha scelto alleanze abbastanza diversificate, per usare un eufemismo, alle scorse amministrative, e il suo stesso leader aveva giurato di non candidarsi salvo poi ripensarci. Come risponde a queste critiche?

L’Europa sul serio, il nostro slogan, significa innanzitutto “fare cose”, cioè, evitare l’immobilismo. Il nostro programma punta proprio a questo, cioè a fare proposte che risultino poi effettivamente realizzabili e finanziabili. Siamo stati l’unica lista a presentare un programma mesi fa, e non mi pare che gli altri partiti abbiano programmi realmente seri e ci sono alcune liste che neppure ne hanno presentato uno per paura che gli stessi candidati fossero in disaccordo. Io la coerenza la vedo qui, perché non candidiamo persone che sono contro il matrimonio omosessuale nella stessa lista di chi è contrario, e potrei fare altri esempi. Per noi il nemico non è la Meloni, ma l’immobilismo dell’Italia nel Parlamento europeo. Presentarsi a Bruxelles con candidati preparati e concordi su un programma comune credo sia di gran lunga la scelta migliore. Calenda poi aveva detto di non candidarsi quando ancora gli altri leader non avevano deciso di scendere in campo direttamente, in più noi non abbiamo candidature mediatiche come quelle di Cecilia Strada, Vannacci e Lucia Annunziata; quindi, non ci vedo nulla di male in un leader che cerca di trainare la coalizione.


-Mi scusi ma non trova che sia una contraddizione in termini questa? Il vostro programma vuole parlare di cose fattibili, ma Calenda poi scende a patti con la logica degli altri leader che si candidano senza poi andare a Bruxelles e quindi non rappresenterà assolutamente nulla in Europa. Non capisco come si possano conciliare le due cose.

Quello che non si concilia è il fatto che l’Italia è l’unico dei grandi Paesi europei ad avere le preferenze, e questo crea una stortura nel processo elettorale. Se si vogliono perciò mandare in Europa dei tecnici come la sottoscritta, senza il traino di un personaggio più mediatico questo è impossibile. Capisco molto meno invece i candidati leader che scendono in campo nonostante abbiano in lista big del calibro di Bonaccini e Zingaretti, e parlo ovviamente di Elly Schlein. Senza le preferenze gli altri mandano a Bruxelles il top della loro classe politica che, invece di farsi i selfie come chi mandiamo in giro noi, portano a casa i risultati sui tavoli che contano davvero.


-A che elettorato vi rivolgete? Centro, Sinistra, Destra? E cosa vi differenzia da Renzi e dal suo Stati Uniti d’Europa?

La nostra collocazione politica è nel gruppo di quegli italiani che si alzano la mattina, studiano, lavorano e sono stufi dei bonus, dei condoni e della politica poco seria che danneggia il Paese. Non c’è destra e sinistra, c’è la volontà di fare.


-La tengo sul punto, e risponda nel merito. In una coalizione lei con chi andrebbe a lavorare meglio. In Italia voi siete forza di coalizione, mi dica dove si colloca.

Non ci piacciono gli estremismi e i sovranismi.


-PD e Forza Italia sì quindi che sono forze più “moderate”?

Assolutamente sì, quando però vogliono fare le cose davvero. Abbiamo appoggiato il salario minimo che viene da sinistra, ma anche le idee della destra sull’abuso d’ufficio. Appoggiamo chi fa le cose giuste e sposiamo le battaglie senza ideologia. Le europee non sono però un’elezione nazionale, perché a Bruxelles non c’è maggioranza e opposizione, perché le maggioranze si fanno a geometria variabile con almeno tre gruppi. Per quello è necessario tenere dentro Renew Europe, che sarà ago della bilancia, e le assicuro che sarà così anche dopo queste elezioni. Io per l’Italia mi auguro che la Meloni entri nella maggioranza.


-Quindi lei lavorerebbe con la Meloni se si avvicinasse ai popolari?

Io vedo di buon occhio tutto quello che può rafforzare l’Italia in Europa. Se la Meloni che era antieuro, antieuropa e antitutto ha cambiato idea e vuole rafforzare l’Unione a spese del nazionalismo e del sovranismo io sono d’accordo a collaborare.

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