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Che succede nella Siria post Assad?

  • Writer: Koinè Journal
    Koinè Journal
  • 2 days ago
  • 5 min read

di Leonardo Vitale.


Sei mesi dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad (ne abbiamo parlato qui), la Siria si ritrova in una fase di transizione turbolenta. Il Paese, che per oltre un decennio ha vissuto nel caos della guerra civile, sta cercando di rialzarsi tra le macerie della violenza e della frammentazione settaria. Sebbene la fine del regime abbia spinto il paese verso una nuova era, le sfide per la costruzione di una stabilità effettiva e duratura sono ancora enormi.


Nei primi giorni di marzo 2025, la costa orientale ha visto più di un migliaio di civili alawiti massacrati da milizie sunnite, alcune legate a gruppi filogovernativi del passato e altre provenienti dalle aree montuose tra Latakia e Idlib. Episodi che testimoniano una Siria ancora dilaniata dalla guerra, dove le identità settarie continuano a essere un motore di violenza. La perdita di controllo da parte del centro ha lasciato spazio a vendette, rappresaglie e nuove faide locali.


A questa instabilità interna si sommano le pressioni esterne. Israele ha rafforzato la sua presenza militare nel sud-ovest della Siria, spingendosi ben oltre la Linea Bravo e occupando aree chiave come la valle dello Yarmuk e parte della pianura di Damasco. Il controllo del Monte Hermon e della direttrice autostradale verso il Libano dimostra come la sicurezza israeliana venga oggi garantita direttamente con la presenza militare, anche a scapito del diritto internazionale.


La Turchia, da parte sua, ha consolidato una vera e propria zona di influenza nel nord e nel centro del paese. Oltre alla presenza militare, ha imposto un’integrazione economica de facto, invadendo i mercati locali con beni turchi e minando ulteriormente la fragile economia siriana. Tentativi turchi di creare una base aerea a Homs (base T4) sono però stati ostacolati da raid israeliani, a testimonianza delle tensioni sotterranee tra le due potenze. Nonostante ciò, Ankara e Tel Aviv sono impegnati in un delicato negoziato per spartirsi le rispettive sfere d’influenza ed evitare collisioni dirette.


Gli Stati Uniti mantengono una presenza ridotta, ma strategica, nel nord-est del paese. Anche se è stato annunciato un ritiro progressivo, con meno di 1.000 soldati rimanenti, Washington conserva il controllo di aree cruciali e cerca di limitare l’espansione iraniana e l’attività di gruppi come Hamas e Jihad Islamico. Arresti recenti di membri del Jihad Islamico a Damasco segnalano un’inedita convergenza tra le forze di sicurezza siriane e le richieste statunitensi.


In mezzo a queste complesse dinamiche, la comunità curda è tornata a giocare un ruolo centrale. Dopo anni di repressione sotto Asad, le Forze Democratiche Siriane (SDF) – componente armata della DAANES – hanno mantenuto il controllo di ampie aree nel nord-est. Un punto di svolta è arrivato nel febbraio 2025, quando Abdullah Öcalan ha lanciato un appello alla fine della lotta armata contro Ankara, aprendo la via a una soluzione politica con la Turchia.


Sebbene le SDF inizialmente abbiano rifiutato il disarmo, temendo le milizie arabe sostenute da Ankara, la pressione congiunta turco-americana ha portato i leader curdi al tavolo dei negoziati con il nuovo governo di Damasco. Un accordo preliminare prevede l’integrazione delle milizie curde nel nuovo esercito siriano, pur mantenendo una transizione graduale. “Non ci saranno due eserciti in Siria,” ha dichiarato Mazlum Abdi, comandante delle SDF, sottolineando che il riconoscimento dei diritti curdi sarà sancito nella nuova costituzione.


Nel frattempo, l’amministrazione autonoma della Siria del Nord e dell’Est (DAANES) ha ottenuto garanzie per mantenere un’autonomia amministrativa sotto la supervisione diretta del governo centrale. Il controllo delle risorse naturali, la sicurezza interna e l’organizzazione sociale rimarranno nelle mani delle autorità locali, ma saranno soggette a una supervisione costituzionale. Sebbene non vi sia ancora una definizione precisa dello status giuridico della DAANES, la sua sopravvivenza nel nuovo assetto siriano rappresenta una conquista storica per la comunità curda.


Anche altre comunità stanno negoziando la loro posizione nella nuova Siria. I drusi di Suwayda hanno ottenuto l’autogestione della sicurezza locale tramite forze di polizia originarie della regione, rafforzando il ruolo delle autorità religiose e tradizionali. Questo accordo rientra in una logica di riconoscimento delle specificità locali, in un contesto dove l’autorità centrale deve ricostruire la legittimità attraverso la negoziazione più che l’imposizione.


Il nuovo governo siriano guidato da Ahmad Sharaa (alias Jolani) si trova stretto tra potenze straniere, rivalità settarie e crisi economica. Ex comandante di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), gruppo originariamente affiliato ad al-Qaeda, Jolani ha operato una trasformazione strategica, distaccandosi dalla retorica del jihad globale per adottare un’agenda centrata sulla governance locale e sulla sopravvivenza politica nel contesto siriano. Secondo Drevon e Haenni, questa "nazionalizzazione" del jihad ha comportato una marginalizzazione di al-Qaeda e ha permesso a Jolani di presentarsi come attore pragmatico, capace di negoziare e governare. Tuttavia, il suo passato jihadista e le pratiche autoritarie del suo governo sollevano interrogativi sulla reale natura del cambiamento e sulla possibilità di una transizione democratica in Siria.


In sintesi, la Siria post-Asad si trova in una fase di ricomposizione del potere, dove la sovranità statale viene ridefinita attraverso una molteplicità di attori, accordi settoriali e influenze straniere. La sopravvivenza del fragile equilibrio tra centro e periferia, tra etnie e confessioni, dipenderà dalla capacità delle nuove istituzioni siriane di tradurre in realtà promesse costituzionali e accordi di integrazione. In un Medio Oriente segnato da continui rimescolamenti geopolitici, il futuro della Siria resta più che mai incerto. Ma è proprio da questa incertezza che potrebbe nascere un nuovo patto sociale, capace di traghettare il paese fuori dall’incubo della guerra.

 

 

 

 

 

Bibliografia

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Drevon, J., & Haenni, P. (2021). How jihadists learn. Cambridge University Press.

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