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Writer's pictureKoinè Journal

La massa e il potere: il caso delle proteste in Iran


di Caterina Amaolo.


È il 13 settembre e ci troviamo a Teheran. Qui la ventiduenne Masha Amini viene arrestata dagli agenti della “polizia morale”, l’unità del regime deputata al controllo del rispetto di un codice di costumi per le donne, per aver indossato abiti inappropriati. Tre giorni dopo, ormai in coma per le percosse subite, Masha Amini muore in ospedale. Si infiamma la protesta. Le donne iraniane scendono in piazza; il vento di rivolta pervade le università; il pugno di ferro contro le manifestazioni di piazza non ferma una rivolta che si è trasformata in una sfida aperta al regime degli ayatollah. Gli arresti sono stati più di 1200; 92 le persone uccise negli scontri con la polizia. Sebbene le elezioni presidenziali del 2021 avessero già fatto emergere forti dissensi interni; sebbene già nel 2017 gli iraniani fossero scesi in strada per rivendicazioni di natura sociopolitica, oggi il vento di rivolta sembra soffiare in modo diverso. Il motivo risiede nel rapporto che coinvolge le masse e il potere. Per comprenderlo appieno scomodiamo un autore che rende difficile il mestiere di chi cataloga libri: Elias Canetti. Pubblicato nel 1960, Massa e potere è un ibrido che mescida antropologia etnologia e filosofia politica con lo scopo di dare una spiegazione alla fenomenologia delle masse che in quegli anni, in seguito all’esplosione demografica dell’Occidente, mostravano di agire secondo una fenomenologia comune.

Tre sono le riflessioni canettiane che agevolano la comprensione di tali dinamiche: quella di «spina del comando», la definizione di «massa aperta» e quella che Canetti definisce «l’importanza del primo morto».


Perché la massa si aggrega?


La massa è un fenomeno aggregativo che matura da lontano. Gli esseri umani, dice Canetti, sono per natura, circondati da una solitudine metafisica; sono figure individuate che cercano di preservare la propria individuazione. Il segno di questo isolamento è la repulsione che gli individui provano quando sono toccati dagli estranei. La massa, invece, è il capovolgimento del timore di essere toccati (Canetti, 1960:1-18). Gli individui tradiscono la loro natura, sostiene Canetti, nel momento in cui decidono di non subire il comando di un potere che agisce in segreto, non si fa mettere in discussione, non ammette contraddizioni, non accetta la possibilità di tesi contrarie. Si ubbidisce, solitamente, poiché non si potrebbe lottare con speranze di successo; chi è in grado di vincere, comanda. Ma nella misura in cui un comando è un ordine per chi lo impartisce, esso lascia allo stesso tempo una spina, una volontà frustrata, un’esigenza irrisolta in chi deve eseguirlo (Canetti 1960: 368). Ad un certo punto la spina del comando può andare incontro ad un capovolgimento: è questo l’archetipo delle rivolte, delle ribellioni e delle rivoluzioni. A partire da un certo momento, un certo numero di individui decide di liberarsi delle spine del comando con la medesima forza con cui gli sono state “conficcate” dal potere costituito. In questo momento si viene a formare una massa di rovesciamento che, costituita da molti, agisce con lo scopo comune di liberarsi delle spine del comando di cui ciascuno non potrebbe privarsi autonomamente con successo. La massa di rovesciamento, secondo una costante antropologica, è una massa aperta che agisce con lo scopo di accrescersi nella misura in cui l’accrescimento ne è la conditio sine qua non.


Il caso delle proteste in Iran costituisce un esempio eloquente: le proibizioni impartite ai cittadini da un regime autoritario guidato dal presidente conservatore Ebraihim Raisi, che ha ordinato una stretta nell'applicazione delle più rigide delle leggi islamiche, ha sommato spine del comando ad una situazione economico-sociale già precaria da tempo. Nel 2017 gli iraniani erano scesi in strada per protestare contro l’aumento del costo della vita a fronte della svalutazione del riyal. Due anni dopo era stata una riforma dei sussidi che, facendo schizzare il prezzo dei carburanti, aveva spinto le persone a manifestare. Da allora, mobilitazioni puntuali e localizzate si sono moltiplicate per rivendicare maggiori diritti per impiegati e operai, o un migliore accesso all’acqua per gli agricoltori della regione di Isfahan.



Il primo morto


In questo caso, è la morte di Masha Amini a costituire un’aggravante. Quando il potere impartisce il più violento degli ordini e la morte sopraggiunge uno dei componenti della massa, la natura dell’aggregazione cambia e diventa più violenta quanto più la massa si accresce. Il caso George Floyd o il caso delle proteste contro il regime di Hong Kong ne sono ulteriori esempi e conferme. Il motivo risiede nel fatto che il primo morto costituisce una minaccia comune per il resto degli individui che temono la medesima sorte. La propagazione delle proteste seguite alla morte di Masha Amini in tutto il mondo, è la dimostrazione che la massa di protesta è ancora in accrescimento e tende verso una scarica comune: la depoliticizzazione del corpo femminile. Da Berlino a New York, da Ankara a Madrid, nelle piazze italiane e persino a Kabul, in migliaia sono scesi in piazza al grido «donna, vita, libertà!», lo slogan scandito dalle giovani iraniane. In mano la foto di Masha e spesso un paio di forbici per tagliarsi i capelli, in suo nome.


Dopo la morte della ragazza e le prime manifestazioni, internet è stato parzialmente sospeso in diverse zone del paese. Il sito specializzato NetBlocks parla della più vasta interruzione di internet dopo le proteste di massa del 2019. Gli scontri con la polizia, che cerca una repressione violenta, sembrano potere poco o nulla contro la forza e le dimensioni che la rivolta ha assunto. Questo perché, dice Canetti, l’effetto della violenza esterna sulla massa di rovesciamento sortisce un effetto puramente temporaneo; in una visione di lunga durata è l’aggressione violenta a costituire essa stessa un motivo di accrescimento per la massa. Individui, cioè, che ancora preservano la propria individuazione, giungono a percepire un senso di persecuzione e di minaccia che li conduce ad unirsi alla massa in protesta che, dunque, crescendo su sé stessa accresce la sua potenza. Anche se in prima linea si mobilitano le donne e gli studenti, molti uomini si sono uniti alle manifestazioni che mettono al centro della contestazione uno dei pilastri dell’autorità e dell’identità politico-religiosa della Repubblica islamica: il velo.


Ora, sebbene le dinamiche di massa seguano delle costanti di lunga durata, tuttavia queste mantengo un quantum di enigmatico. La contraddizione risiede nel fatto che i presupposti forti che costituiscono i motivi della creazione di un’aggregazione di massa e la potenza che essa ha covato finché si è accresciuta, sono anche i motivi della sua dissoluzione. È la storia che ci mostra quanto le rivendicazioni e le rivolte che coinvolgono le masse, siano spesso effimere e volatili. La facilità con cui, infatti, una massa si aggrega è uguale e contraria alla facilità con cui una massa si disgrega senza aver raggiunto all’apparenza alcun obiettivo rilevante.


Dice Canetti che la massa per esistere deve accrescersi continuamente e continuamente tendere alla scarica; la disgregazione subentra non appena essa cessa di crescere. Quando la rabbia degli inizi si affievolisce, quando il potere, forte della sua staticità e dei suoi apparati, vince sulla lunga durata, gli individui riacquistano la propria individualità, la propria singolarità e ogni cosa si disgrega.


Sebbene le proteste dei cittadini iraniani stiano producendo una cassa di risonanza in tutto l’Occidente; sebbene il vento di protesta, per ora, sembra soffiare sempre più forte, lo spettro della dissoluzione è dietro l’angolo.

Se proteste seguite alla morte di Masha Amini seguiranno le probabilità stabilite dalla storia o se ne costituiranno l’eccezione, è una sentenza che spetta ai posteri.




BIBLIOGRAFIA:

-E. Canetti (1960), Massa e potere (ed. or. Masse und Macht), Milano, Adelphi.

-G. Simmel (1995), La metropoli e la vita dello spirito, Roma, Armando editore.

-https://www.internazionale.it/opinione/laure-maissa-farjallah/2022/09/28/iran-proteste-mahsa-amini-morte




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