la redazione di Fuori Rotta.
Ogni 8 marzo le donne ricevono auguri e vengono festeggiate in quanto donne, ma cosa si intende per donna? Quali sono le origini storiche della giornata internazionale della donna? Ma, soprattutto, perché questa non può essere considerata una festa e le offerte o le promozioni dedicate alle donne non fanno altro che denigrare la causa riducendo questa giornata all’ennesima occasione di profitto?
A queste domande noi di Fuori Rotta, la sezione di Koinè dedicata ai diritti civili, proviamo oggi a dare la nostra risposta. Buona lettura e buona giornata internazionale della donna.
COME SI DEFINISCE CHI È DONNA? di Elisa Bacalini
In occasione dell’8 marzo, è necessario domandarsi “come si definisce chi è donna?”, ed anche “cosa rende una donna tale?”. Tali interrogativi, sollevati a partire dagli anni ’70 da accademiche coinvolte in progetti di Women’s studies e ripresi negli ultimi decenni del XX secolo, hanno puntato l’attenzione sul ruolo che i costrutti sociali hanno nella vita di noi occidentali, e quanto essi ci costringono in una società rigidamente binaria e standardizzata.
I costrutti sociali sono nozioni o idee astratte che la società crea collettivamente e accetta come reali, anche se mancano di una base concreta o oggettiva. Secondo questa definizione attraverso una presa di coscienza collettiva possiamo affrancarci da tali classificazioni ormai strette ed antiquate, che semplificano una realtà variegata ed ampia. A poco a poco il genere, considerato fluido e mutevole in altre culture, sta subendo un processo di ridefinizione alla luce di annosi dibattiti e lotte civili.
La prima grande vittoria della comunità LGBTQ+ consta nella distinzione tra sesso biologico da identità di genere: il sesso divide gli esseri umani in femmine e maschi, mentre il genere li distingue in donne e uomini. Il termine “sesso” è strettamente connesso a fattori biologici (cromosomi, organi sessuali, ormoni, una determinata morfologia e altri aspetti legati al corpo); il termine “genere” invece dipende da fattori sociali (quali: ruoli e posizioni all’interno di una comunità, norme, relazioni): a differenza del sesso, il genere non è un dato biologico.
Non esiste un modo errato di essere, viversi donna. Lo stigma di chi non è accettata in quanto tale, riconosciuta o semplicemente rispettata, è da considerare in un giorno ritenuto “festa”, anzi, celebrazione del genere femminile; è necessario fare in modo che tutte le donne godano di pari diritti ed opportunità, e stare nella propria femminilità in modo libero e spontaneo. Gesti come chiedere i pronomi quando si conosce qualcuno possono fare la differenza. E chissà, potremmo regalare mimose a molte più persone.
UNA PROSPETTIVA STORICA: QUANDO E PERCHÉ L’8 MARZO? di Sofia Lazzarini
La Giornata internazionale della donna, o Giornata internazionale dei diritti delle donne, venne indetta in Italia a partire dall’8 marzo 1922. Se è chiaro il fatto che tale ricorrenza sia nata a seguito delle numerose iniziative suffragiste ed emancipatorie Otto-Novecentesche portate avanti dalle donne a livello nazionale e internazionale, sulle origini della scelta della data si è tuttavia ancora in disaccordo. Alcune ne associano l’istituzione alla “Women’s Day”, conferenza tenutasi a Chicago nel maggio del 1908 e presieduta dalla socialista Corinne Brown.
Alla fine dello stesso anno, infatti, il Partito socialista americano raccomandò a tutte le sezioni locali di riservare l'ultima domenica di febbraio 1909 all'organizzazione di una manifestazione in favore del diritto di voto femminile all’interno di una prima ed ufficiale Giornata della donna. Similmente, durante la seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste (Copenaghen, 1910), seguendo l’iniziativa americana si istituì una Giornata internazionale dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne destinata ad essere celebrata anche in Europa non più nel mese di febbraio ma di marzo. Centrale fu l’8 marzo 1917 quando, allo scoppio della Rivoluzione russa, nella Giornata internazionale delle donne folle di operaie delle fabbriche si radunarono nel centro di San Pietroburgo per richiedere pane, il diritto di voto e la fine della Prima guerra mondiale. Questo evento venne poi ricordato all’interno della Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste (Mosca, 1921) la quale stabilì che l'8 marzo divenisse la Giornata internazionale dell’operaia.
Giornata Internazionale dell'Operaia, Mosca, 1921
Affondando le proprie radici in un attivismo femminile borghese nazional-patriottico e di matrice mazziniana, le prime voci per un miglioramento della condizione sociale delle donne e per una loro partecipazione attiva nella comunità politica si levarono in Italia ancora agli albori dell’Unificazione. Nonostante la Giornata della donna venne istituita nel 1922 durante la presa di potere del Fascismo, sarà solo dal 1944, perciò al termine del secondo conflitto mondiale, che l’UDI (Unione Donne Italiane) proporrà di celebrare effettivamente l’8 marzo nelle zone liberate italiane. Memorabile momento di distacco da un passato femminismo di “emancipazione” ad uno nuovo di “liberazione”, in particolare dalla sfera istituzionale, fu l'8 marzo 1972. In Piazza Campo de Fiori a Roma si svolse una delle più importanti manifestazioni femministe durante la quale le donne chiesero a gran voce una liberalizzazione totale esemplificabile nella richiesta di una legalizzazione dell’aborto. È infatti grazie anche e soprattutto alle contestazioni ed alle rivendicazioni femministe di quegli anni, che oggi l’8 marzo è vissuto e interpreto criticamente in quanto giornata soprattutto di protesta e non di festa.
Manifestazione 8 marzo, Roma, 1972
LA “FESTA DELLA DONNA” NON È UNA FESTA di Lucrezia Passarelli
Ogni 8 marzo le donne sono ricolme di auguri, mimose, offerte ed eventi speciali a loro dedicati, perché accade ciò? tutto questo è insensato, fare gli auguri alle donne perché donne sminuisce di gran lunga il senso di questa giornata.
La “festa della donna” è una “festa” politica ed è necessario trattarla come tale.
Un esempio potrà meglio chiarire il punto della questione: il primo maggio è la Festa dei Lavoratori, pensereste mai, in quell’occasione, di fare gli auguri a una persona perché lavora e in quanto lavora? Avete mai regalato dei fiori a una lavoratrice o a un lavoratore il primo maggio?
Avere un lavoro che permetta di arrivare a fine mese in maniera dignitosa dovrebbe essere la normalità, non qualcosa da festeggiare; questo principio permea la nostra società: “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro […]” come sancito in Costituzione all’articolo uno.
Proporre il primo maggio offerte o eventi speciali che siano destinati solo ai lavoratori e alle lavoratrici ci apparirebbe decisamente assurdo. Il primo maggio, al contrario, è la giornata in cui le persone scendono in piazza con i sindacati per far sentire la propria voce al fine di pretendere maggiori diritti per chi lavora, perché è ancora assolutamente necessario parlare delle condizioni di lavoro che in Italia sono spesso inidonee e inadeguate, a partire dalla rivendicazione del salario minimo alla piaga dei morti sul lavoro (1041 nel solo anno 2023);
Allo stesso modo non comprendo come riusciamo ad accettare una giornata in cui le donne ricevono fiori e onori solo perché donne, è un trattamento che trovo persino denigrante.
Festeggiare una donna in quando donna è assolutamente privo di senso: è incoerente idolatrarci l’8 marzo e subire discriminazioni, violenze o addirittura la morte tutto il resto dell’anno.
L’8 marzo, in quanto festa politica, pretende che si scenda in piazza, si parli nelle scuole, con amici e parenti della condizione della donna perché la strada da percorrere per il raggiungimento della parità e l’ottenimento di altri importanti diritti è ancora lunga e in salita.
È di pochi giorni fa la notizia che nella vicina Francia il diritto all’aborto è stato inserito in Costituzione, una notizia dalla portata storica e di non poco conto, non solo perché è il primo Paese al mondo ad aver fatto ciò, ma soprattutto perché rientrando tale diritto tra i diritti fondamentali, in caso di antinomia con una legge ordinaria, una legge di rango inferiore rispetto alla Costituzione, prevarrà ciò che è sancito in Costituzione, il diritto all’aborto in questo caso.
Intanto qui in Italia è recentemente approdata in Camera dei deputati la proposta di legge “un cuore che batte”, proposta di iniziativa popolare promossa da Pro Vita & Famiglia che ha come obiettivo obbligare i medici a mostrare il feto e far sentire il suo battito cardiaco alle donne che vogliono praticare l’interruzione di gravidanza. Una pratica barbara che collide con il diritto alla salute della donna dal momento che l’aborto potrebbe essere praticato per le più svariate ragioni, anche legate alla salute fisica e/o mentale della donna.
Sfruttiamo, quindi, questa giornata per fare il punto della situazione, per guardarci intorno, per continuare a lottare per raggiungere altri diritti e per difendere quelli che vengono messi a dura prova ogni giorno.
Altre iniziative, come quella promossa in tre gelaterie di Genova in cui sarà possibile assaggiare tre gusti di gelato dedicati alla giornata internazionale della donna, possono essere carine e anche utili per arrivare a un pubblico quanto più possibile ampio, ma solo se accompagnate da manifestazioni e incontri in cui discutere e confrontarsi sulla condizione attuale della donna e come migliorarla.
Concludo con una doverosa provocazione.
Affermiamo convintamente di volere la parità tra i sessi, eppure sembra che le donne siano sempre maggiormente sotto i riflettori a differenza degli uomini che non hanno una “festa” importante come l’8 marzo per le donne. Sembra, insomma, che le donne siano sempre maggiormente tutelate rispetto agli uomini. Ecco, questa affermazione non è propriamente corretta: la differenza di trattamento tra uomo e donna la si evince anche quando bisogna “festeggiare” i due generi.
Il 19 novembre è la giornata internazionale dell’uomo, una giornata poco considerata in cui si potrebbe cogliere l’occasione per discutere, tra i vari aspetti, della condizione della salute mentale dell’uomo e di quanto questa possa essere connessa a modelli di mascolinità tossica. Questa giornata non viene sfruttata per “festeggiare” l’uomo, per regalargli fiori o proporgli offerte speciali. Per la donna, al contrario, il trattamento è ben diverso: le donne vanno festeggiate e protette, giusto? Che approccio paternalistico.
Particolarmente curiosa, però, è la “festa” dedicata agli uomini il 2 agosto, una giornata in cui si celebrano gli attributi maschili e la fertilità. Questa festa a Monteprato di Nimis, in Friuli-Venezia Giulia, è caratterizzata, tra le varie iniziative, da una competizione intitolata “mangiatrici di banane”, una sfida in cui le donne, inginocchiate e bendate, devono mangiare una banana sbucciata e posizionata all’altezza della cintura di vari uomini in fila. Vince la donna che mangia più velocemente il frutto.
È particolarmente interessante notare che anche a una festa che dovrebbe festeggiare l’uomo, non si perde occasione per sessualizzare e denigrare la figura della donna.
Sono perfette, pertanto, le parole cantate, orgogliosamente in napoletano, da La Nina, insieme con BigMama, Gaia e Sissi, sul palco dell’Ariston: “quanto dobbiamo urlare per far sentire una voce? alziamo la testa e prendiamoci questa luce. Non sappiamo cosa farcene di tutte queste scuse, a noi dateci la libertà, voi tenetevi le rose, perché noi non vogliamo più vivere nella paura”.
L’8 MARZO NON È MARKETING di Valeria Angeloni
Ogni anno, in occasione della Giornata internazionale della donna, si susseguono promozioni, offerte e iniziative per “festeggiare” questa ricorrenza. Abbiamo già spiegato perché l’8 marzo debba essere considerata un’occasione di riflessione e lotta politica intorno alle tematiche di genere piuttosto che come una giornata di festa. Tuttavia, anche quest’anno le donne sono sommerse da promozioni dedicate, che contribuiscono ulteriormente a declassare l’8 marzo ad un’allegra giornata in cui idolatrare la donna ergendola a creatura (quasi) mistica e donare mazzetti di fiori per renderle omaggio. Così, sono messe a tacere le istanze sociali e politiche che sono alla base della Giornata internazionale della donna. Infatti, i brand, le aziende e, in alcuni casi, le istituzioni non perdono l’occasione di propinarci le loro mimose simboliche, sotto forma di codici sconto e gusti di gelato.
In seguito ad una ricerca su Google con le parole “promo festa donna”, è possibile trovare una lunga lista di offerte esclusive.
Quello che colpisce di queste promozioni è l’utilizzo di frasi del tipo “celebrare la bellezza di ogni donna”, “marzo è il mese della donna”, “celebrare l’importanza delle donne nella tua vita” e simili.
Non è un caso che la maggior parte dei brand che propongono tali offerte si occupino della vendita di prodotti per la cura della persona e cosmetici. Anzi, questi settori sono (stereo)tipicamente associati alla dimensione femminile e, anche in questa occasione, è a tale dimensione che si rivolgono. Oltre a perpetuare gli stereotipi di genere per i quali il mondo della cosmesi e della cura della persona siano ad esclusivo appannaggio femminile, tali iniziative sminuiscono (eliminano persino) la dimensione sociale e politica della Giornata internazionale della donna – ridotta, a questo punto, all’ennesima occasione di profitto.
Anche al livello istituzionale, l’otto marzo di quest’anno risulta svuotato di qualunque significato sociale e politico. La notizia riportata da La Repubblica ne è un esempio. In Liguria, Confartigianato Liguria e l’assessorato alle Pari Opportunità di Regione Liguria hanno chiesto a tre gelaterie di creare un gusto di gelato che “associasse alla figura della donna il concetto di ‘meraviglia’”, con l’obiettivo di riflettere sulla parità di genere anche mentre si svolge un’azione semplice, come mangiare un gelato. I nuovi gusti di gelato dai colori e sapori delicati e rosacei rappresentano un altro mazzo di mimosa simbolico per tutte le donne, creature “meravigliose” e non soggetti politici. Al livello nazionale, su proposta del Ministro della Cultura Sangiuliano, le donne potranno entrare gratuitamente in musei, parchi archeologici e altri luoghi della cultura. La misura non fa che rafforzare il tipico binomio donna-cultura, eliminando completamente la possibilità che un uomo possa essere incline alle arti, alla cultura e alla storia e relegandolo ad interessi di natura scientifica o analitica. Questo stereotipo è chiaramente visibile nelle statistiche che riguardano le donne presenti nelle discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica): infatti, 16 donne su 100 conseguono un titolo di studio nelle materie scientifiche, contro 35 uomini su 100 (Istat 2021).
Nella realtà odierna, in cui il numero di femminicidi e violenze sulle donne aumenta costantemente, l’otto marzo deve essere un’occasione di ascoltare le voci delle donne del passato, per comprendere la loro storia, e quelle del presente, che portano avanti le battaglie per una società sempre più inclusiva. Perciò, potete donarci tutte le mimose che volete, ma non ostacolate la lotta.
Sitografia e bibliografia
-Treccani def. Genere
-Salvatici, S. (2022), Storia delle donne nell’Italia contemporanea, Roma, Carocci.
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