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Writer's pictureKoinè Journal

Esiste anche un ambientalismo di estrema destra?


di Andrea Di Carlo.


Partiamo con una considerazione apodittica: l’ambientalismo è cosa di sinistra. Si pensi, per esempio, alla riflessione di Hans Jonas (1903-1993), filosofo tedesco ebreo morto negli Stati Uniti, che considerava una nostra responsabilità la cura e la difesa dell’ambiente. Adattando l’imperativo categorico kantiano egli afferma che bisogna agire in modo tale che “le conseguenze delle tue azioni siano compatibili con la sopravvivenza di un’autentica vita umana sulla terra” (Jonas 1990: 15). Murray Bookchin (1921-2006) porta un simile argomento sostenendo che di fronte all’impossibile bisogna considerare l’impensabile (Bookchin 1982). Non bisogna dimenticare una delle protagoniste dell’ecologismo contemporaneo, Greta Thunberg, variamente attaccata per il suo impegno sociale. L’affermazione apodittica all’inizio di questa riflessione purtroppo non lo è, in quanto anche l’estrema destra ha la sua versione di ambientalismo, cioè l’ecofascismo. Varie sono le sue declinazioni e vari sono i suoi argomenti, che a volte potrebbero anche sembrare persuasivi. La protezione della natura, della terra e di alberi e piante certamente non è lontano dall’impianto ideologico dell’ecologismo tradizionale. Ma, come si può immaginare, c’è un ma. La nostra bella natura deve sempre essere difesa dalle minacce globaliste oppure la nostra terra è invasa dai troppi immigranti che inquinano le nostre tradizioni. Oppure (variazione sul tema) non possiamo perdere la bellezza del nostro territorio (sì, se pensate all’orrida diade nazista “suolo e sangue” siete nel giusto) (Dannemann 2023: 5). La fenomenologia ecofascista e varia e imprevedibile, ma l’origine, a mio parere, va rintracciato in un’opera che sembra innocente e che potrebbe anche essere venata di ambientalismo ma non lo è, cioè La questione della tecnica (1954) di Martin Heidegger (1889-1976).


Martin Heidegger: il filosofo della natura?

Ogni discussione sul tema non può prescindere dalle osservazioni di uno dei più importanti e controversi filosofi tedeschi del secolo breve, Martin Heidegger Parlare di Heidegger in riferimento alla natura, come a breve vedremo, è problematico. La ragione deriva dal fatto che aveva entusiasticamente abbracciato il nazionalsocialismo, da cui ne avrebbe ipercriticamente preso le distanze nella sua ultima intervista con lo Spiegel “Solo un Dio ci può salvare”. Per poter capire il contesto, inizierò con una breve biografia di colui che (nel bene e nel male) ha segnato la filosofia europea del XX° secolo. Heidegger si fa portatore di una filosofia fortemente reazionaria sin dall’inizio: è possibile comprendere la filosofia soltanto se si è in grado di spiegare cosa sia l’Essere. Cos’è dunque l’Essere? È il mondo in cui viviamo, costituito da tradizioni e costumi che tutti condividiamo; riscoprire l’Essere significa riscoprire le nostre radici. Non bisogna stupirsi se Heidegger è uno dei più importanti esponenti della Rivoluzione Conservatrice, il movimento reazionario sorto durante la Repubblica di Weimar. Heidegger rappresenta il movimento völkisch, che guarda con rispetto alle origini e alle tradizioni del popolo tedesco. Non poteva essere diversamente visto che si tratta di un filosofo proveniente da una famiglia tradizionalista e dal mondo agreste del Baden-Württemberg. Riscoprire l’Essere significa riscoprire una comunità di valori purtroppo (a detta del pensatore) distrutta dalla tecnica.


Non a caso Heidegger scrisse in un suo contributo intitolato Perché restiamo in provincia (1934), dove l’esaltazione del mondo agreste, di un mondo che vive ancora delle sue ancestrali tradizioni è indubbiamente meglio di Berlino e delle sue università. Certamente si tratta, prima facie, di una riflessione conservatrice, ma a guardar bene c’è dell’altro: la città rappresenta l’aspetto globale della vita, una visione da rigettare (la parola globale dovrebbe avervi fatto capito cosa pensa Heidegger). La tecnica e il progresso scientifico sono inaccettabili, non perché mettono in pericolo l’ambiente, ma perché impediscono lo svelamento (aletheia, come scrisse il pensatore tedesco) dell’Essere. L’ambientalismo heideggeriano è in realtà un’astuta forma di estremismo di destra. Ricapitolando: Heidegger è prima facie un ambientalista. In realtà, come ho dimostrato, il suo ambientalismo e il suo attaccamento alla terra natia non sono altro che espressioni di un’ideologia, quella della difesa del territorio dal mondo iperconnesso. Bisogna difendere il mondo dalla tecnologia. Il problema della tecnica fa emergere un aspetto inquietante del suo pensiero: la preoccupazione dell’Essere e del suo mancato disvelamento non ha impedito al filosofo di appoggiare uno dei totalitarismi che ha fatto delle conseguenze mortifere del progresso tecnico-scientifico uno dei suoi tratti distintivi.


Si può essere ambientalisti e antisemiti? Il caso del movimento Anastasia

L’attenzione alla natura è un aspetto importante nel mondo tedesco. Sono molti i medici del servizio sanitario pubblico che prescrivono anche prodotti omeopatici così come sono molti i medici che frequentano scuole che in Italia verrebbero derubricate (giustamente) a truffe. Influenzato sicuramente dal romanticismo e dalla sua esaltazione della natura, questo tipo di approccio alla medicina causerebbe non pochi grattacapi (si spera) nel Belpaese, ma in Germania è normale. Non pochi sono i tedeschi che si consultano coi propri Heillpraktiker, cioè medici alternativi, in poche parole, riconosciuti anche a livello federale (!!!). Basti pensare che l’area germanofona ha dato origine alle scuole Waldorf, scuole alternative fondate da Rudolf Steiner (1861-1925), dove l’attaccamento alla natura è più importante dell’apprendimento della scrittura. In una parola, il mondo tedesco non può fare a meno dei continui riferimenti al mondo naturale oppure di ritenere che vivere a contatto con la natura è più importante dell’istruzione tradizionale. Non stupisce che il movimento Anastasia e le sue pratiche abbia attecchito in Germania. Questo gruppo nasce in Russia dopo il crollo del muro grazie ai romanzi dello scrittore russo Vladimir Megre. Anastasia sarebbe l’archetipo, a detta di Megre, dello splendore della natura incontaminata, una profetessa che indica la via. Ed è per questo che la caratteristica del movimento è di costruire comunità i cui membri possono vivere indisturbati circondati dalle bellezze della natura e praticare la religione pre-cristiana diffusa nelle terre slave simile ai Veda, dicono gli anastasiani. Si potrebbe quasi pensare che si tratta di un movimento ambientalista, mosso dalla voglia di vita prima del nefasto arrivo del capitalismo e che vuole veramente dimostrare che la transizione ecologica è possibile. Se lo pensate siete in errore perché gli anastasiani sono tutt’altro che ambientalisti e progressisti. Anzi, come Heidegger, sono pericolosamente antisemiti. Megre stesso non nasconde elementi antisemiti nei suoi romanzi e se ci pensate bene l’amore per la terra e la natura è inquietantemente vicino alla diade sangue e suolo cara al nazismo. Il ritorno alla natura è apparentemente ambientalista, ma è in realtà un altro esempio della purezza della razza. Vestiti come hippie degli anni Sessanta, gli abitanti dei luoghi in cui decidono di stabilirsi e costruire le loro comunità li prendano in simpatia. Purtroppo quando si accorgono di avere la serpe in corpo è troppo tardi. Chiunque si mostra ostile verso il gruppo viene minacciato e aggredito. Il ritorno al 1933 è ahimè quasi compiuto.


Conclusioni

Sebbene il ministro per la Protezione civili e le politiche del mare Nello Musumeci abbia suonato l’allarme riguardo al cambiamento climatico (e le nefaste conseguenze nel sud Italia), la destra non ha una posizione ufficiale su questo tema. Anzi, la destra moderata tende a essere scettica oppure minimizza i cambiamenti. L’estrema destra, invece, si finge di sinistra quando si tratta dell’ecologia. Come si è visto l’ambientalismo di Heidegger e degli anastasiani è più sangue e suolo che Greta Thunberg.










Bibliografia

-Jonas, Hans (1990) Il principio responsabilità.Torino: Einaudi

-Bookchin, Murray (1982) The Ecology of Freedom: The Emergence and Dissolution of Hierarchy. Melbourne: Cheshire Books.

-Dannemann, Hauke (2023) “Experiments of authoritarian sustainability: Völkisch settlers and far-right prefiguration of a climate behemoth”. Sustainability: Science, Practice and Policy (1) 19: 1-16.

-Heidegger, Martin (1945) La questione della tecnica. Firenze: goWare.








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