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Writer's pictureKoinè Journal

La Lega: diagnosi di una (forse) caduta


di Valentina Ricci.


Il 12 e il 26 giugno 2022 si sono tenute in Italia le elezioni amministrative in 971 comuni italiani, di cui quattro capoluoghi di regione (Genova, L’Aquila, Palermo e Catanzaro) e altre 22 province. Anche se con un’affluenza molto bassa (54% il 12 giugno e 40% il 26), c’è un partito che ha registrato una pesante sconfitta: la Lega di Matteo Salvini. A parte le riconferme nelle piccole città, infatti, i candidati del Carroccio hanno vinto solamente nei casi in cui il partito si è presentato unito con il resto del centrodestra e, questo il fulcro della disfatta, sono stati superati in quasi tutte le città da Fratelli d’Italia, rimanendo spesso sotto al 10%.

Anche nei sondaggi sulle preferenze di voto non va molto meglio al partito di Salvini: se si osserva la prima linea verde del grafico riportato sotto, si nota che dal luglio 2019, momento di maggior successo del partito al 37,7%, si arriva con una stabile curva discendente fino al 14,8% di giugno di quest’anno. Viene spontaneo chiedersi il perché di un tale tracollo nei sondaggi e come sia possibile che al centro di questa sconfitta ci sia l’uomo che negli ultimi anni ha saputo meglio di tutti sfruttare la comunicazione politica a proprio vantaggio. Sicuramente la posizione di Salvini non è delle più semplici da gestire: il capo di partito deve conciliare i malumori di alcuni colleghi (uno su tutti, il suo vice Giorgetti), tenere testa al nemico interno alla coalizione di centrodestra (Giorgia Meloni) e rispondere ai suoi doveri di forza di governo anche quando le misure da approvare non sono in linea con le politiche populiste di cui si è fatto sostenitore. In vista delle elezioni politiche, attese per la primavera 2023, cercare di dare una lettura a questi dati può aiutare ad avere un quadro di partenza utile alla comprensione della campagna elettorale che ci aspetta nei prossimi mesi.


Fonte: YouTrend


La discesa nelle preferenze della Lega inizia (da grafico), nell’estate 2019, con quella che è ricordata come “la crisi del Papeete”: l’8 agosto, forte della posizione di primo partito italiano, Salvini indice dal Papeete Beach di Milano Marittima una crisi di governo, riportando ministri e parlamentari a Roma il 20 dello stesso mese. In quell’occasione è Conte a dimettersi davanti a un accennato dietro front del leader della Lega: si apre lo spiraglio per il Conte II, con Renzi che si rende disponibile a completare la maggioranza parlamentare insieme a Pd e Movimento 5S, lasciando Salvini in disparte. Con questa mossa l’elettorato della Lega viene lasciato di fronte a un leader che, nonostante le promesse di cambiamento e di azione, si è rivelato nella sua inconsistenza politica, pronto a rinunciare ai suoi doveri pur di ottenere dei seggi in più, peraltro senza riuscirci.

Dopo questo primo errore due grandi eventi hanno scosso la politica mondiale, la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina, e il modo in cui Salvini ha gestito la comunicazione durante questi due frangenti può spiegare la curva discendete dei grafici.


Politica e Covid

Quando la pandemia si è diffusa sul suolo italiano Salvini, anche se indebolito dall’errore della crisi di governo e dalla sconfitta alle regionali di gennaio in Emilia-Romagna, è riuscito a gestire, anche se in modo un po’ schizofrenico, la comunicazione con i suoi elettori. Non che sia venuto meno al suo modo di fare di affermare con decisione una cosa per poi smentirla con altrettanta sicurezza poche ore dopo. L’aiuto gli è venuto dal suo essere all’opposizione e quindi dal poter sostenere e affermare tesi a tratti molto estreme e talvolta in contraddizione tra loro, evitando di dover poi rendere conto delle sue parole con i fatti. Questa congiuntura gli ha permesso, per esempio, di pronunciarsi a favore delle aperture dei locali negli ultimi giorni di febbraio 2020 (quando la pandemia stava ormai dilagando nel nord Italia), salvo poi rimangiarsi tutto nei primi giorni di marzo, senza particolari cali di apprezzamento.

Nonostante questa posizione vantaggiosa, il problema della comunicazione è rimasto una costante della gestione pandemica: l’incoerenza dei suoi messaggi, che paga a breve termine, è diventata un boomerang per il capo del Carroccio. Facendo una panoramica è subito chiaro: nell’estate 2020 si è permesso di criticare le scelte di governo al punto di spalleggiare posizioni complottiste sulla pandemia e farsi vedere tra la folla senza la mascherina, per poi passare a febbraio 2021 ad appoggiare l’esecutivo a larga maggioranza di Mario Draghi, che però ha mantenuto la stessa linea d’azione del Conte II sulla gestione pandemica.


La situazione si complica ulteriormente se si osserva che, anche da dentro al governo, Salvini ha continuato a sostenere posizioni molto vicine all’opposizione, rendendo difficile prendere qualsiasi decisione, pur essendo ancora in piena emergenza. Un esempio di questo comportamento lo si può trovare rileggendo gli articoli dei primi giorni di settembre del 2021: si discuteva da settimane della conversione in legge del “decreto Green Pass” (per prolungarne la validità) e, il 7 settembre, la Lega si è dimostrata favorevole alla decisione del governo nel pomeriggio, per poi votare a favore di alcuni emendamenti presentati da FdI alla Camera la sera stessa. Questo atteggiamento ha richiesto al governo diverse settimane per raggiungere un accordo, lasciando molti italiani in una sorta di “limbo”, perché in possesso di un Green Pass ormai scaduto, ma impossibilitati a ripetere il vaccino.


Altra grande contraddizione, più evidente per chi non segue le vicende della politica nel dettaglio, riguarda l’obbligatorietà del vaccino. Dai primi mesi del 2022 si è istituito e poi allargato a diverse fasce della popolazione l’obbligo vaccinale, e la Lega a Roma si è molto battuta per fare in modo che l’estensione per età si fermasse ai 60 anni (e non a 40), cosa che avrebbe facilitato la vita a molti lavoratori novax. Dopo diverse discussioni, si è giunti al compromesso dei 50 anni, e Salvini si è attribuito (giustamente) il merito di aver ottenuto questa concessione. Peccato però che soltanto a settembre del 2021 lo stesso Salvini dichiarava ai giornali che per la Lega qualsiasi tipo di obbligo vaccinale era fuori discussione, e che su questo sarebbe stato irremovibile.


Soprattutto sui vaccini si è consumata una spaccatura all’interno della Lega: da una parte Salvini con i suoi atteggiamenti ambigui, sempre pronto a spendersi per i No-vax e a difendere la loro posizione, pur mantenendosi ufficialmente in linea con il governo; dall’altra le posizioni più pragmatiche e meno strategiche dei politici a contatto con il territorio (in primis i presidenti di regione Fontana, Zaia e Fedriga). Questi ultimi hanno fronteggiato l’emergenza nei suoi aspetti più incombenti e drammatici, e chiedevano con urgenza che il capo del loro partito assumesse posizioni nette a favore della scienza, e quindi dei vaccini. I malumori sono stati così aspri che per un certo periodo si è ipotizzato un cambio alla testa del partito, con Zaia come possibile nuovo capo del Carroccio. Ora l’ipotesi sembra essere sfumata e pare che la Lega si presenterà alle elezioni politiche con Salvini alla guida, ma questo anche perché lui stesso negli ultimi mesi ha ridimensionato la sua presenza mediatica, per rimediare a un’altra gaffe comunicativa, forse la più evidente degli ultimi tre anni: la figuraccia in Polonia.


La guerra e i rapporti con la Russia

Uno dei colpi più forti alla comunicazione salviniana è arrivato dal suolo polacco, durante la visita del Capitano in uno degli Stati più colpiti dalla crisi migratoria per la guerra in Ucraina. Recatosi in Polonia nei primi giorni di marzo per mostrare sostegno al Paese e ai profughi in fuga, Salvini non è stato bene accolto dal sindaco di Przemysl (una cittadina a 10 km dal confine con l’Ucraina), che durante un discorso pubblico ha tirato fuori una maglietta bianca con la faccia di Putin uguale a quella che Salvini ha indossato nel 2017 sulla piazza Rossa a sostegno del leader russo. All’esibizione della maglietta ha aggiunto le parole «Io non la ricevo» e l’invito a contestare Putin dal suolo ucraino. In pochi secondi e con pochi gesti Wojciech Bakun (il sindaco) ha riassunto anni di posizioni filoputiniane del capo della Lega. Facendo un po’ di lavoro d’archivio è facile trovare dichiarazioni sfacciate di apprezzamento per Putin, a volte anche offensive verso le nostre istituzioni: è il 2015, Salvini è a Strasburgo e pubblica un post su Facebook nel quale critica le posizioni che Mattarella aveva espresso in sede del Parlamento Europeo contro la chiusura dei confini per risolvere le crisi migratorie; nella foto il leader del Carroccio ha una maglia con la faccia di Putin, e nella didascalia scrive «Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin!». Un’ammirazione mai velata per il governo russo che, con lo scoppio della guerra, diventa un brutto fantasma del passato da conciliare con la maggioranza dell’opinione pubblica e con il governo di cui fa parte.


Fonte: TPI


Salvini ha poi compiuto un tentativo (fallimentare) per ritornare al centro della vita politica attraverso la guerra in Ucraina, proponendosi per un viaggio a Mosca, nel quale avrebbe svolto il ruolo di mediatore per la pace. Anche questa iniziativa però si è rivelata dannosa per la sua immagine, perché ha sollevato le critiche prima delle altre forze di governo, preoccupate della superficialità con cui il capo del Carroccio aveva intenzione di compiere un viaggio così delicato, poi della Chiesa, non contenta di essere stata citata come partecipante all’iniziativa di pace da Antonio Capuano (spin doctor di Salvini). Inoltre, ad aggravare la già delicata posizione di Salvini, l’ambasciata russa ha fatto sapere di averlo aiutato a organizzare il viaggio a Mosca, prestando i soldi in rubli per l’acquisto dei biglietti. Più che un ritorno in grande stile sulla scena mediatica, questa mossa è risultata essere l’ennesima conferma dell’incoerenza e della leggerezza con cui il leader del Carroccio prende decisioni, senza ponderare lo storico delle sue dichiarazioni né le ripercussioni che queste possono avere.

Come se non bastasse, il Copasir sta valutando l’apertura di un dossier su Capuano in seguito alle sue affermazioni, secondo le quali Salvini avrebbe più volte incontrato l’ambasciatore russo senza avvisare il governo; quest’ultima informazione non ha ricevuto conferme definitive, ma unita al resto del puzzle non concorre a completare una buona immagine di Salvini davanti agli italiani, suscitando anzi l’effetto opposto.


Conclusioni

Dalla crisi del Papeete Salvini ha iniziato la sua discesa nei sondaggi di apprezzamento, e questo probabilmente perché si è trovato a fronteggiare temi che non erano più delle semplici bandiere di partito, ma che hanno sovrastato tutti: una pandemia globale e una guerra alle porte di un continente che poteva vantare circa un’ottantina di anni consecutivi di pace. Sono due fatti reali di forte impatto, la cui gestione richiede personalità consapevoli di questo, e perciò responsabili. L’ex ministro dell’interno invece ha saputo dimostrare soltanto superficialità e ha messo in luce tutta la sua incoerenza. Con i suoi ammiccamenti alle frange No-vax è stato irrispettoso della vita dei suoi concittadini colpiti dalla pandemia, e nascondendosi dietro a un nobile desiderio di pace ha portato avanti i propri interessi politici, cavalcando la disperazione di chi fugge dalla guerra.


Con questi atteggiamenti la Lega ha perso credibilità e affidabilità, crollando nei sondaggi e ratificando il tutto con i risultati delle amministrative di giugno. La fiducia non è venuta a mancare soltanto tra l’elettorato, ma anche all’interno del partito, con frizioni e scontenti che tuttora si fanno sentire tra gli esponenti più “moderati”. Un evidente segnale di questa spaccatura l’ha mandato Giorgetti con la sua partecipazione in videochiamata al congresso di Azione (dal 18 al 20 febbraio); l’assenza di Salvini e la presenza del vicesegretario della Lega la dice lunga su una possibile polarizzazione delle posizioni interne al partito, soprattutto perché Giorgetti stesso alla fine dell’intervento ha affermato di essere disposto a collaborare con il centro pur di riuscire a concretizzare un’azione di governo attiva negli investimenti per le imprese e le industrie.

Una partenza tutta in salita per Salvini, per affrontare la parte più concitata della campagna elettorale.






Image Copyright: Luca Santese e Marco P. Valli/ Cesura

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