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Polonia: la frontiera d'Europa?

  • Writer: Koinè Journal
    Koinè Journal
  • 22 minutes ago
  • 8 min read

di Francesco Ranieri.


Tira vento a Varsavia. Si propaga per i grandi viali su cui torreggiano costruzioni in vetro e acciaio, si insinua nei vicoli della città vecchia, fa cigolare le porte degli edifici medievali e ondeggiare le antenne dei grattacieli. Le bandiere rosse e bianche si arricciano attorno ai loro pennoni, si agitano, mentre da Est l’aria fredda porta con sé un’ultima folata d’inverno.


Il vento increspa la superficie della Vistola, fa frusciare le fronde degli alberi e scuote i grandi manifesti elettorali affissi sui palazzi del centro. Le elezioni presidenziali sono vicine e in molti credono che a trionfare sarà l’attuale sindaco della città, Rafał Trzaskowski. Indipendente, europeista e progressista, sarebbe la garanzia per il Primo Ministro Tusk di poter perseguire la propria agenda senza doversi confrontare con un Presidente conservatore dell’opposizione e senza doverne temere il veto.


Uno dei dossier più caldi sulla scrivania di Tusk è, naturalmente, quello riguardante la sicurezza. Dall’invasione su larga scala dell’Ucraina, la minaccia proveniente dalla Russia è infatti tornata ad essere un vero e proprio spauracchio. Tre anni dopo quel 24 Febbraio 2022, la paura è che la macchina della guerra di Vladimir Putin possa, oltre a Kyiv, rivolgere le sue attenzioni ai Baltici, paesi confinanti, alleati e amici, o addirittura alla Polonia stessa.


Il Paese, dopotutto, è già oggetto di forti tentativi di destabilizzazione da parte di Mosca: i servizi di sicurezza polacchi hanno denunciato il tentativo di intromissione nel processo elettorale da parte di hacker e agenti russi. Inoltre, il Primo Ministro ha recentemente annunciato che si sono concluse le indagini sull’enorme rogo che aveva distrutto, nel Maggio del 2024, il centro commerciale Marywilska 44, uno dei più grandi della capitale. Gli investigatori hanno concluso che a generare il rogo è stata l’azione intenzionale di membri dei servizi segreti russi, che sono stati in parte arrestati. A questo ha fatto seguito la chiusura del consolato russo di Cracovia ordinata dal Ministro degli Esteri Sikorski. Ad oggi, sono decine i cittadini russi o bielorussi che, negli ultimi mesi, sono stati espulsi o arrestati dal servizio di controspionaggio.

 

Come in altri Paesi dell’Europa Orientale, anche qui il potenziamento delle capacità militari difensive non è oggetto di scontri, spesso molto ideologici e poco concreti, tra chi è pro e chi è contro. È semplicemente realtà, e lo è da quando, nel febbraio del 2022, la Russia ha lanciato l’invasione su larga scala l’Ucraina. Da queste parti il “riarmo” è avvertito come una necessità vitale ed è divenuto concreto ben prima che Ursula von der Leyen annunciasse il piano “ReArm Europe. È interessante, proprio a questo proposito, il grafico prodotto da Bruegel, uno dei maggiori think tank del Vecchio Continente, che compara la percentuale di PIL che i Paesi destinano alla spesa militare e la loro distanza, in chilometri, da Mosca. Il risultato sorprende poco: maggiore la vicinanza al confine russo, maggiori le spese militari. Questo è una tema che accomuna non solo i governi attuali di questi Paesi, ma in generale anche i principali partiti politici e che trova sostegno nella grande maggioranza della popolazione.  

 

La Polonia, il cui esercito conta poco più di 250 mila uomini, punta a raddoppiare il numero entro il 2030. Per sostenere questa crescita il Paese ha innalzato le spese per la difesa al 4.7% del PIL, puntando a raggiungere il 5% nell’immediato futuro. Nelle ultime settimane sono cominciate le consegne dei 250 carri armati Abrams M1A2 acquistati tre anni fa dagli Stati Uniti. Nel frattempo, però, Varsavia ha anche acquistato carri armati Abrams M1A1 e K2 Black Panther dalla Corea del Sud che, sommati a quelli in arrivo, permetteranno alla Polonia di costituire una delle principali forze corazzate d’Europa. Il Governo si è anche procurato pezzi di artiglieria coreani K9A1 Thunder, sistemi lanciamissili HIMARS (High Mobility Artillery Rocket System), numerose batterie antimissile Patriot e decine di F35 Lightning II, cacciabombardieri di ultima generazione prodotti negli USA. Proseguono nel frattempo i lavori per l’ampliamento della flotta di sottomarini, sviluppati tramite accordi con Norvegia e Danimarca, e di droni. Varsavia, insieme a Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania, ha anche manifestato l’intenzione di ritirarsi dal Trattato di Ottawa del 1997, ovvero dalla Convenzione internazionale per la proibizione dell'uso, stoccaggio, produzione, vendita di mine antiuomo.

 

Dichiarazioni così forti non suscitano scalpore da queste parti, dove la minaccia rappresentata da Mosca è avvertita come reale e concreta. La Polonia condivide centinaia di chilometri di confine sia con l’enclave russa di Kaliningrad che con la Bielorussia. Pare dunque che il Paese abbia intenzione di minare, con più di un milione di mine antiuomo e anticarro, entrambi i confini. Una decisione simile è stata presa anche dai Paesi Baltici. D’altronde, non più tardi di qualche mese fa Zbigniew Pisarski, direttore di uno dei principali centri che si occupa di difesa e sicurezza del Paese, in un summit congiunto sulla difesa tra Norvegia e Polonia, aveva auspicato che i paesi dell’Europa Orientale si adoperassero per fare “Less whining, more mining” (meno lamentele, più mine).


Polonia e Lituania, inoltre, condividono il controllo di uno dei punti più caldi d’Europa: il Corridoio di Suwałki, ovvero un lembo di terra ampio circa 60 chilometri che separa la Bielorussia da Kaliningrad e che è situato proprio nei pressi del confine polacco-lituano. Varsavia, a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca, ha deciso di interrompere la linea ferroviaria e stradale che permetteva il transito di merci via terra tra Kaliningrad e la Bielorussia. Il controllo di questo passaggio è altamente strategico poiché esso, da un lato, separa l’enclave russa da Minsk e, dall’altro, costituisce l’unico punto di comunicazione tra l’Europa continentale e gli stati Baltici. Non a caso sono numerose le truppe russe e NATO stanziate nell’area.

 

Il senso di trovarsi su un confine, non solo geografico, scavato profondamente nel Febbraio 2022 tra Europa e Russia, si avverte ora più che mai. La Polonia stessa, come testimoniato non solo dalle parole dei politici ma anche dalle decisioni dei Governi, sembra essere perfettamente conscia di costituire una vera e propria prima linea nel nuovo panorama globale. Il Paese costituisce non solo il confine orientale dell’Unione Europea, ma anche della NATO e l’aumento della spesa militare polacca non solo testimonia una reale preoccupazione nei confronti della Russia, ma determina anche il rafforzamento del ruolo del Paese all’interno dell’Alleanza Atlantica ed è in linea con le necessità strategiche di quest’ultima. Dopotutto, i membri europei della NATO stanno affrontando una fase di transizione che richiede un maggiore impegno nella condivisione delle garanzie di sicurezza reciproche, responsabilità che fino a poco tempo fa erano in gran parte sostenute dalla presenza militare statunitense.


A questo proposito, infatti, è necessario sottolineare come le preoccupazioni non derivino soltanto dalla politica espansionistica estremamente aggressiva di Mosca, ma anche dalla minaccia di un graduale ritiro di Washington dal Vecchio Continente. Ad oggi la Polonia ospita circa 10 mila soldati americani, numero secondo soltanto a quello della Germania, che ne accoglie più di 30 mila, e dell’Italia con 12 mila.


Queste forze, oltre a costituire reparti immediatamente dispiegabili in caso di conflitto, fungono in primo luogo da deterrente nei confronti della Russia. La paura ora è che il Presidente Trump possa decidere di richiamare queste truppe, privando il Paese di uno dei suoi primi strumenti difensivi.


La gravità di questa minaccia ha portato i leader del paese, per ultimo il Presidente uscente Duda, a dichiarare che la Polonia è disponibile ad accogliere sul proprio territorio parte dell’arsenale nucleare americano. Al contempo, mentre sempre di più si parla della possibilità di inserire l’intera Europa al di sotto dell’ombrello atomico dei paesi possessori di tale strumento (Francia e Regno Unito), ecco che la Polonia si è dichiarata subito disponibile ad ospitare parte dell’arsenale di Parigi. Non sembra che vi siano trattative in corso su questo tema, ma è innegabile che da Varsavia arrivino continuamente proposte molto serie riguardanti l’aumento della sicurezza e dell’indipendenza della difesa europea.

 

Mentre dunque la situazione politica internazionale garantisce poche certezze, molti polacchi hanno deciso di iscriversi al programma Train with the Army”. Come riportato da un articolo della BBC, il programma di addestramento di base destinato ai civili e gestito dall’esercito sta avendo un grandissimo successo e le adesioni sono aumentate a dismisura, al punto tale che il Governo sta pensando di estenderlo a tutti i maschi adulti del Paese. Nei poligoni, gli ufficiali insegnano a donne, uomini, ragazzi e anziani i rudimenti del combattimento corpo a corpo, come maneggiare un fucile o come indossare una maschera antigas. Nel frattempo, sono aumentati anche gli ordini per l’acquisto di bunker su misura, completi di letti e sistemi di ventilazione.

 

Se, dunque, con la guerra in Ucraina la minaccia russa è tornata ad essere concreta, ed il Paese sta muovendosi velocemente nel tentativo di migliorare le proprie capacità difensive, internamente si comincia ad assistere ad un cambiamento nell’atteggiamento nei confronti dei rifugiati ucraini. Sono più di due milioni i profughi nel paese e, camminando per le strade di Varsavia, non è difficile incontrarli. La notte del Giovedì Santo, la stazione degli autobus era piena di persone. In silenzio, carichi di borse, valigie e zaini, in centinaia, per la maggior parte donne e bambini, aspettavano pazientemente l’arrivo del bus notturno diretto al confine. Ogni tanto qualcuno si accendeva una sigaretta e scambiava due parole sottovoce con i propri conoscenti. Molti bambini dormivano, arrampicati tra le braccia delle madri, le teste appoggiate alle spalle e la bocca leggermente aperta.  Molte di quelle persone tornavano in Ucraina per le vacanze di Pasqua, altre tornavano per restare. Difficile dire come e quando finirà questa guerra, come e quando finirà il fischiare dei missili sulle città e le piogge notturne di droni. Tuttavia, per alcuni tornare indietro sembra l’unica opzione possibile. Infatti, se inizialmente i polacchi avevano mostrato una grande solidarietà, offrendo alloggi e aiuti di ogni genere, col tempo questo entusiasmo pare essersi affievolito.


Mentre, infatti, il sostegno economico e militare all’Ucraina continua a godere di un grande supporto da parte della popolazione, un sondaggio recente indica che il supporto ai rifugiati ucraini è passato dal 81% del 2022 al 50% di oggi. La narrativa anti-ucraina è spinta, in gran parte, da campagne di disinformazione online, principalmente riconducibili a fonti russe. Le accuse mosse verso la comunità ucraina riguardano il fatto che i profughi starebbero sfruttando economicamente la Polonia e rappresenterebbero una minaccia per la sicurezza pubblica. Sono decine di migliaia i contenuti online che, in particolare su social network come Instagram e TikTok, vengono continuamente condivisi da profili fasulli collegati ai servizi di disinformazione di Mosca.


Il tema è rapidamente diventato centrale anche nella campagna per le elezioni presidenziali. I principali leader politici, anche quando favorevoli al sostegno all’Ucraina, sono più tiepidi per quanto riguarda il supporto ai rifugiati in Polonia. Trzaskowski, sicuramente il candidato che più di tutti sostiene la causa di Kyiv, ha attenuato le sue posizioni per quanto riguarda la gestione interna degli sfollati ucraini e ha manifestato la possibilità di ridurre il welfare sociale per i rifugiati. Il conservatore Karol Nawrocki ha posizioni un po’ più dure, sia per quanto riguarda i profughi che sul tema di un incorporamento dell’Ucraina nell’Occidente. Si è infatti più volte dichiarato dubbioso riguardo all’ingresso di Kyiv nell’Unione Europea e nella NATO, sebbene anch’egli rimanga un forte sostenitore dell’invio di aiuti militari al Paese.


Altri candidati poi, come l’esponente dell’estrema destra Slawomir Mentzen, oltre ad essere un ammiratore di Vladimir Putin, sta conducendo una campagna fortemente anti-ucraina, evocando il rischio di “ucrainizzazione” della Polonia e invocando l’espulsione dei rifugiati.


Senza alcun dubbio, le prossime elezioni potranno dire di più su come la Polonia proverà ad interpretare il suo ruolo nel complesso scacchiere politico odierno. L’eco della guerra in Ucraina non è solo un’eco: è una presenza quotidiana, capace di influenzare scelte politiche e dinamiche sociali. In questo scenario incerto, la Polonia non resta immobile: guarda ad Est con realismo e inquietudine, e si prepara.

 

 


Fonti

-Adamowski, J. (2025, March 20). Poland eyes 1 million landmines for borders with Belarus, Russia. DefenseNews.

 -Cienski, J., & Kość, W. (2025, March 7). Poland seeks access to nuclear arms and looks to build half-million-man army. POLITICO.

 -SIPRI. (2025, April 28). Unprecedented rise in global military expenditure as European and Middle East spending surges.

 -TVP. (2025, April 6). Russia using TikTok to fuel anti-Ukrainian sentiment in Poland, expert warns.

 -Vernon, W. (2025, May 3). How ordinary Poles are preparing for a Russian invasion. BBC.

 -Vernon, W. (2025, May 14). 'Go back to Ukraine': War refugees complain of abuse in Poland. BBC.

 -Walker, S. (2025, May 12). Poland to close Russian consulate in Kraków over Warsaw fire. The Guardian.






Image Copyright: MARCIN OBARA | Ringraziamenti: EPA

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