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Che cos'è TRUTH, il social di Donald Trump?

  • Writer: Koinè Journal
    Koinè Journal
  • May 26
  • 6 min read

di Giacomo Piras.


Come nasce Truth Social?


Dopo l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, le principali piattaforme social (YouTube, Facebook e Twitter) hanno proibito a Donald Trump di pubblicare contenuti sulle proprie piattaforme, di fatto isolandolo dal mondo dei social media. In particolare Twitter era stata per lungo tempo la piattaforma prediletta di comunicazione del Tycoon, e il “ban a tempo indeterminato” dalla piattaforma rischiava di compromettere seriamente il suo rapporto privilegiato col proprio elettorato.


Immediatamente dopo il ban Trump lancia quindi l’idea di un nuovo social network, descritto come non-woke, con la missione di “dare voce a tutti” (“to give a voice to all”) e “contrastare la tirannia delle Big Tech (“stand up to the tyranny of Big Tech”).


Dopo una fase di preparazione, nel 2022 Donald Trump in persona annuncia la nascita di Truth Social, un social media che ricalca evidentemente il modello di Twitter e che nasce quasi esplicitamente come piattaforma di comunicazione personale dell’ex-presidente.

Creando un account e utilizzando la piattaforma per breve tempo è possibile constatare fin da subito come Truth non sia un social network normale, ma qualcosa di ben diverso: una vera e propria echo chamber (Parisier 2011), una “camera dell’eco” in cui gli utenti entrano col solo fine di vedere le proprie opinioni confermate da altri utenti, uno spazio “libero” dal dibattito e dal confronto con chi la pensa diversamente.

 

Cosa succede quando si crea un account su Truth?


Appare chiaro fin dal momento della creazione dell’account che Truth non è un social come gli altri: in questa prima fase di registrazione, infatti, è necessario inserire email e numero di telefono ed è obbligatorio accettare messaggi promozionali per poter proseguire.



L’esperienza di creazione dell’account è stata drasticamente cambiata negli ultimi mesi. Fino a poco tempo fa alcuni aspetti, nella loro assurdità, caratterizzavano Truth rispetto ad altre piattaforme “simil-Twitter”: per esempio, prima dell’effettiva creazione dell’account, l’ultimo step da compiere consisteva nel seguire almeno tre altri account tra quelli suggeriti dalla stessa piattaforma. Ovviamente in cima alla lista non poteva che trovarsi l’account ufficiale di Donald Trump, seguito subito dopo da quello del vicepresidente J.D. Vance e da altri esponenti particolarmente controversi dell’entourage di Trump come Robert F. Kennedy, Jr., le cui posizioni sui vaccini sono state particolarmente discusse, o l’account ufficiale del famoso dipartimento DOGE gestito da Elon Musk. Ad oggi questo passaggio è stato cancellato e dopo l’inserimento degli ultimi dati personali si accede direttamente all’homepage.


Fino a pochi mesi fa un altro aspetto caratterizzava la piattaforma Truth rispetto alle altre: infatti, il nostro account nuovo di zecca, ancor prima di essere utilizzato, seguiva già 40 altri profili. Prima che l’utente potesse anche solo ambientarsi all’interno della nuova piattaforma, Truth aveva già agito per lui. Ma era ancor più sorprendente constatare come queste decine di account seguiti involontariamente fossero le pagine ufficiali dei principali giornali e organi d’informazione conservatori degli USA. Tra questi potevamo trovare sia il più mainstream Fox News, sia molti altri giornali che già dal nome raccontavano un programma: American Greatness, Reclaim the net, Resist the mainstream, Conservative Brief, Red State (un richiamo al colore rosso del partito repubblicano), Bearing arms (letteralmente “quelli che portano le armi”).

Oggi anche questo aspetto è stato modificato: il nostro nuovo account appena creato non segue nessun profilo “di default”, come ci si aspetterebbe in un normale social network.

 

Truth e Retruth, contenuti e politica


Nonostante l’assenza di account seguiti, l’esperienza immediata nell’osservare l’home page del nostro nuovo account appena creato ha un effetto straniante: si viene immediatamente ricoperti di contenuti di carattere politico, orientati in senso conservatore e in favore delle politiche di Trump. Fin da subito è evidente come Truth sia un social estremamente politicizzato e polarizzato. Non c’è alcun dubbio (e non viene nemmeno nascosto) che il social sia un’enorme macchina di propaganda pro-Trump.


Gli stessi utenti sono in larga parte seguaci di Trump e del suo movimento Make America Great Again, e ciò si può facilmente dedurre dall’enorme quantità di messaggi e immagini di sostegno pubblicate sotto i “truth” e “retruth” (come vengono chiamati i tweet e retweet su Truth) di Donald Trump. Un breve video ironico postato sul suo account ufficiale in cui lo stesso Trump immagina di colpire con una pallina da golf Bruce Springsteen – con cui è entrato recentemente in polemica – è in grado di registrare decine di migliaia di interazioni in poche ore tra like, commenti e retruth.



In questo social che appare così fortemente politicizzato si fa fatica a trovare un contenuto che non sia in suo favore. Alcuni studi sulla circolazione dei dati all’interno di Truth hanno inoltre messo in luce come la circolazione dei contenuti all’interno della piattaforma sia fortemente squilibrata: la maggior parte dei post nasce proprio come retruth, commenti e risposte ai contenuti dello stesso Trump, attorno al quale, quindi, si muovono e agiscono gli altri utenti della piattaforma.


I contenuti riguardano temi particolarmente cari alla destra americana come armi e religione ma è la politica il tema preferito degli utenti di Truth. I contenuti di carattere politico rappresentano infatti la stragrande maggioranza di ciò che si può trovare su Truth e appartengono a due categorie principali: da una parte, quelli di approvazione veneratrice di Trump, del suo operato e del suo entourage di governo; dall’altra, quelli di odio e attacco contro i loro rivali, cioè principalmente l’ex presidente Joe Biden, Obama, Hillary Clinton e i liberals (cioè i “democratici”) in generale. I contenuti di questo tipo sono spesso molto semplici: un’immagine, con al centro la faccia di Trump o di uno dei suoi rivali, accompagnato da un testo molto diretto rispettivamente di approvazione o odio.


Un esempio valido per entrambi i tipi di contenuti è un post che vede al centro la sagoma di Trump accompagnata dalla scritta “When I look at all the people who hate this man, I love him even more”.



Questo post, come molti altri, traccia una linea netta e precisa tra chi sta “con Trump” e quindi “con noi” e chi invece “non sta con Trump”, e quindi è “contro di noi”. Di più, un’altra immagine di approvazione di Trump, evidentemente generata con l’intelligenza artificiale (largamente utilizzata su Truth), vede lo stesso presidente nei panni di un moderno Jon Snow de Il Trono di Spade, armato di spada e cappotto, e di fronte lo slogan “Justice is Coming.



Un altro post incita ad una teoria del complotto secondo la quale i principali esponenti del Partito Democratico, dalla Clinton a Kamala Harris, farebbero parte di una “rete corrotta” – rappresentata figurativamente con una ragnatela – facente capo a Obama.



In generale è evidente che tutti i contenuti sono profondamente polarizzati e che su Truth, quindi, non c’è spazio per il dialogo, per la “via di mezzo” e neppure per il dubbio: yes or no, amore o odio. Nessun compromesso.

 

Polarizzazione e bias di conferma


Nonostante il ritorno di Trump su Twitter (che oggi si chiama “X”) e le perdite di decine di milioni di dollari (“losses of more than $58 million”), Truth rimane in piedi e conta ancora più di 6 milioni di utenti attivi ogni mese. Non sono molti, se confrontati con i miliardi di utenti di social come TikTok o Instagram, ma Truth non è un social come un altro, non vuole porsi in competizione con gli altri grandi giganti del web. Truth nasce con l’idea di essere una vera e propria echo chamber per i seguaci di Trump, un’enorme “bolla” estremamente autoreferenziale e polarizzata (Palano 2020), in cui la gran parte degli utenti sceglie di entrare proprio perché vuole sentirsi dire e leggere esattamente quelle cose che si trovano all’interno, secondo il classico schema del bias di conferma (Nickerson 1998: 175-220).


Gli utenti di Truth partecipano proattivamente alla grande narrazione di Trump, che vede un “noi” e un “loro”, un “giusto” e uno “sbagliato”, radicalmente contrapposti e senza nessuna possibilità di dialogo. In questo senso, Truth Social funge da esempio emblematico di come una piattaforma possa essere progettata per consolidare e promuovere una visione del mondo unilaterale, alimentando la polarizzazione politica e sociale attraverso una comunicazione del tutto autoreferenziale. Gli utenti, immersi in un habitat comunicativo che conferma costantemente le loro opinioni, sviluppano una percezione distorta della realtà, dove il dibattito e il confronto sono assenti, e le opinioni alternative sono viste come minacce o falsità.

 



Bibliografia

Nickerson, R. S. (1998). Confirmation bias: A ubiquitous phenomenon in many guises, Review of General Psychology, 2(2), Washington DC, American Psychological Association.

Palano, D. (2020). Bubble democracy. La fine del pubblico e la nuova polarizzazione, Brescia, Scholé

Parisier, E. (2011). Il filtro. Quel che internet ci nasconde, Milano, Il Saggiatore






Image Copyright: CHRIS DELMAS / AFP

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