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  • Writer's pictureKoinè Journal

FREE: i nostri punti


INTRODUZIONE


A seguito dei movimenti femministi degli anni '70 e alla luce dell’ampio ricorso alle pratiche clandestine al fine di abortire, nel 1978, il legislatore decide di intervenire nel regolamentare le modalità dell’interruzione volontaria di gravidanza. La legge 194/78 è stata indubbiamente una grande conquista, una delle pietre miliari nella lotta dei diritti nel nostro Paese, sebbene parte dei fondamenti su cui essa poggia siano chiaramente riconducibili a generazioni precedenti, e – forse – necessiterebbero una rilettura in ottica contemporanea, con il coinvolgimento delle tante (e tanti!) giovani che oggi si battono per il perseguimento, e l’ulteriore ampliamento, dei diritti e delle pari opportunità. L’esempio più lampante di ciò è dato dal fatto che nel testodella legge 194 non si parla mai di diritto all’aborto come espressione della libertà sessuale, di scelta ed autodeterminazione della donna, ma di un “opzione terapeutica che viene data alle donne in caso di impossibilità di portare avanti una gravidanza.


Anche all’atto pratico, l’attuazione della c.d. 194 risulta ancora, in molti casi, embrionale: se da una parte l’interpretazione moderna della legge è proprio nel senso della tutela del diritto alla salute e alla autodeterminazione della donna, come detto, la realtà restituisce un'immagine totalmente differente. Questo si evince in modo particolare analizzando i dati e gli indicatori relativi all’attuazione della stessa legge, valori che rappresentano un indice del progresso del Paese, in quanto ed è indubbio che, nelle società moderne del XXI Secolo, la capacità di decidere di abortire sia un fattore decisivo nella vita sociale dello Stato, oltre che parte integrante del welfare state. Sebbene vada considerato che, ad oggi, si possiedono solamente informazioni lacunose sullo stato di effettiva attuazione della legge, appare chiaro che non ci siano delle vere e proprie garanzie sul servizio offerto alle donne: un servizio che, invece, dovrebbe essere libero, gratuito, sicuro, ma anche consapevole e capillarmente distribuito in tutto il territorio nazionale. Ad esempio, secondo le analisi pubblicate nel libro “Mai dati”, a cura di Chiara Lalli e Sonia Montegiove, in Italia ci sono almeno 22 ospedali e 4 consultori con il 100% di medici ginecologi, anestesisti, personale infermieristico e OSS obiettori di coscienza, e 72 ospedali con più del 80% di obiezione di coscienza.

Il tema dell'IVG viene inoltrespesso, se non sempre, affrontato come di esclusivointeresse morale, religiosoe politico, dimenticando che è prima di tutto una pratica medico-sanitaria e come tale andrebbe trattata. L'IVG è un servizio offertodal Sistema Sanitario Nazionale alla pari di altri trattamenti chirurgici e medici, ragion per cui dovrebbe essere soggetto al controllo di organismi nazionali circa la sua effettiva attuazione sul territorio e qualità delle cure prestate. Pur essendo presenti linee guida univoche linee di indirizzo ministeriale sull'aborto medico, nel paese Italia,l'autonomia regionale sta prendendo il sopravvento sulla 194, per cui a seconda del periodo storico, dell'orientamento politico-religioso della classe dirigente viene ostacolato o gravemente ridotto il servizio. A tal proposito è importante sottolineare come esso non sia semplicemente una pratica sanitaria opzionale o velleitaria, ma è una voce compresa nell’ultimastesura dei Livelli Essenziali di Assistenza redatti dal Ministero della Salute (L'importanzasanitaria dell'IVG è stata confermata anche durante la pandemia da Covid-19 durante la quale fu inserita, insieme a poche altre pratiche mediche, nella lista di prestazioni “inderogabili” dal Ministero della Salute ).


A poco meno di 45 anni dall’entrata in vigore della legge 194, le giovani generazioni, da cui parte questo documento, si interrogano, studiano, contestualizzano, provano a capire cosa ha funzionato (e cosa funziona tutt'ora), e cosa invece no. Tra le tante domande che sorgono, la più importante riguarda l’interrogativo se questa legge sia effettivamente rispondente alle moderne accezioni dei diritti civile delle donne, se la stessa sia attuale o se l’attuazione sia stata ostacolata dall’attività ministeriale e regionale. In questo documento si vuole ribadire che il contesto politico restituisce la necessità di blindare il testo normativo così come è, puntando ad una moderna e intellegibile interpretazione.L’attuazione della legge non deve infatti necessariamente passare per una sua modifica, ma per la necessità di proporre alla politica di vincolare il ministero dellaSalute e le Regioni ad affrontare i temi aperti di questa legge, mediante norme attuative e regolamenti uniformi.


Le numerose problematiche della legge 194 devono necessariamente essere affrontate alla luce della particolare condizioneche affronta la donna che accede alle pratiche di interruzione di gravidanza. Sotto questa luce, il documento redatto vuole trattare l’annoso problema dell’obiezione di coscienza del professionista sanitario, non già obiezione di struttura, e l’attuazione pratica delle varianti di IVG [farmacologica o chirurgica], passando per la necessità del Sistema sanitario nazionale di garantire la qualità e l’eccellenza delle cure in questo campo, nonché l’implementazione delle strutture deputate, i consultori, ad accogliere la donna gravida e a gestire i primi colloqui.


Di pari importanza è a nostro avviso anche il tema della prevenzione, che risulta essere un vero e proprio vulnus della legge. La maggiore preparazione dei professionisti sanitari, l’inserimento di moduli didattici all’interno dei corsi di specializzazione, la frequentazione degli studenti dei corsi di professioni sanitarie presso i consultori, l’educazione sessuale ed affettiva “a scalini” nell’età evolutiva e la riduzione delle accise sul costo dei contraccettivi sono tutte pratiche che potrebbero comprimere il fenomeno dell’aborto agendo sulle sue cause primarie e favorendo maggiore consapevolezza e conoscenza.


Nell’ottobre 2021 abbiamo deciso come circoli di avviare un percorso di approfondimento e discussione sul tema del dirittoall’aborto. Ci siamo uniti mettendoinsieme le esperienze di territori diversi,seppur uniti dalla tragica fotografia sopra delineata. Il percorso è sfociato poi in 3 incontri formativi pubblici, tenutisi a marzo, aprile e maggio 2022. Il primo con Libera di Abortire su “Caratteristiche e limiti della 194”, il secondo con l’On. Cecilia D’Elia su “Aborto e femminismo” e il terzo con l‟On. Monica Cirinnà e il Prof. Angelo Schillaci su “Diritto all’aborto oggi, uno sguardosulle regioni italianee d‟ Europa”. Altrettanto illuminante è stata l’esperienza di partecipazione all’Agorà promossa dall’On. D’Elia dal titolo “Libere di scegliere: discutendo di salute sessuale e riproduttiva” grazie alla quale abbiamopotuto ascoltare i punti di vista di tante realtàassociative attive da anni sul tema, quali Laiga, Associazione Onde Rosa, Libera di Abortire.


Sulla base delle riflessioni emerse, abbiamo redatto questo documento propositivo con la finalità di migliorare il servizio di IVG, provando così a garantire un diritto che purtroppo a livello normativo ancora non esiste. Di seguito, 9 proposte da noi elaborate.


LE NOSTRE PROPOSTE: tabella riassuntiva



Il primo punto si prefigge di affrontare l’annoso problema dell’obiezione di coscienza del personale sanitario, già sovente obiezione di struttura che, ricordiamo, non essere ammessa in alcuna forma dalla Legge 194/78, nonché quello della discontinuità dell’erogazione del servizio IVG su base territoriale.


Sebbene riteniamo che in prospettiva vada rivista la norma sull’obiezione di coscienza , il contesto politico, come detto in precedenza, ci spinge a blindare il testo normativo puntando a vincolare alla piena attuazione della legge sia il decisore politico nazionale che regionale. Il quadro attuale presenta difatti diverse criticità, come si evince dalla “Relazione del ministro della salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (legge 194/78)” nel quale viene analizzata l’offerta del servizio IVG in termini di strutture disponibili (percentuale di stabilimenti con reparto di ostetricia e/o ginecologia in cui si pratica IVG) e di carico di lavoro dei medici non obiettori. Secondo l’ultima Relazione,contenti dati risalenti al 2020, ilnumerototale di sedi ospedaliere (stabilimenti) con reparto di ostetricia e/o ginecologia risulta pari a 560, mentre il numero di quelle che effettuano le IVG risulta pari a 357, cioè il 63,8% del totale. Si evidenziainoltre un’ampia – e preoccupante - variabilità regionale e territoriale: solo in 9 Regioni la percentuale di strutture che praticano IVG risulta superiore al 70%, mentre in due casi (P.A. Bolzano e Campania) il dato è addirittura inferiore al 30%. Emerge un quadro desolante anche per ciò che concerne le condizioni lavorative dei medici non obiettori, che risultano sovraccaricati di lavoro (1) in quanto sottodimensionati e ostacolati in termini di progressione carrieristica. Questi ultimi elementi formano un ulteriore (e, lavorativamente parlando, “razionale”) disincentivo per gli operatori chiamati a scegliere se classificarsi come obiettori o non-obiettori: difatti, anche chi non ha convinzioni morali, etiche o religiose, all’atto pratico trova più conveniente, in termini lavorativi,scegliere di non praticare l’IVG. Garantire condizioni di lavoro e di carriera eque e paritarie, anche attraverso l’introduzione di incentivi, non è quindi solo fondamentale per tutelare i medici ad oggi obiettori, ma potrebbe inoltreservire per “sbloccare” quegli operatori sanitari che ad oggi si identificano come obiettori non per motivi etici o religiosi, ma per ragioni di “razionale” convenienza.


Nell’accodarci alle Associazioni che chiedono dati aperti e tempestivi per realizzare un’analisi più approfondita del servizio di erogazione dell’IVG, proponiamo di mettere in atto provvedimenti volti a garantire, nel corso dei prossimi cinque/dieci anni, il graduale raggiungimento di una quota di almeno il 50%di non obiettori nelle strutture pubbliche e il superamento della cosiddetta obiezione di struttura (2), tenendo conto che nonsolo esiste per i medici la possibilità di sollevare l’obiezione, ma anche di ricorrere all‟art.22 del codice deontologico dei medici del 2014 (attualmente in vigore). (3)


2. LEA AGGIORNATI E PIÙ SPECIFICI


I Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) sono le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale (tasse). Nel 2017 è stato pubblicato il DPCM (4) con i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza in sostituzione del DPCM del 2001, con cui i LEA erano stati definiti per la prima volta. Tale Decreto sui nuovi Livelli essenziali di assistenza è tuttavia ad oggi molto generico e blando nello specificare la qualità e l’efficacia richieste dei servizi generali, ricorrendo a definire pratiche specializzate solo per categorie determinate come “minori, donne, coppie, famiglie” solo nell’articolo 24. Nello specifico, citando testualmente l’articolo alla lettera h: “consulenza, supporto psicologico e assistenza per l'interruzione volontaria della gravidanza e rilascio certificazioni;”. Dunque, develimitarsi veramente a questo l’impegno delle regioninell’erogazione del serviziodi IVG? Inoltre, ad oggi, non si rinviene nessunlegame normativo tra i LEA e la Legge 194/78che istituisce il diritto all’aborto. Quest’ultima, difatti, lo disciplina in modo abbastanza generale, quanto basta per rendere agevole il lavoro a chi, per motivi politici,ideologici, o etici,soprattutto facendo forza sul successivo decentramento amministrativo del SSN su base regionale (5), ha interesse ad impedire la pratica fruizione di questo che dovrebbe essere servizio essenziale.


Proponiamo di aggiornare i LEA integrando l’articolo 24 con uno specifico riferimento all’IVG e alle prestazioni essenziali che questa comporta. Tale riferimento dovrà essere aggiornato guardando alle pratiche più recenti, prevedendo una distinzione tra aborto chirurgico e aborto medico, e dovrà essere volto specificatamente a contrastare quelle misure - dirette e indirette, esplicite o implicite - che le regioni possono mettere in atto per ostacolare sostanzialmente questo diritto.Si punta quindia incoraggiare politiche di tutela e sicurezza del diritto, nonché a sgonfiare la polemica politica legata al tema dell’aborto, che puntualmente ne mette a rischio l’efficacia: l’obiettivo infatti deve essere quello di consolidare l’IVG tra quei servizi essenziali naturalmente offerti dal nostro SSN, evitando che resti una disciplina fumosa, poco vincolante e vittima di strumentalizzazioni politiche.


3. MISURARE E VALUTARE LA QUALITÀ DEL SERVIZIO


Il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) è lo strumento che consente di misurare secondo le dimensioni dell'equità, dell'efficacia e della appropriatezza, che tutti i cittadini italiani ricevano le cure e le prestazioni rientranti nei LEA di cui al DPCM 12 gennaio 2017. Tale sistema rappresenta una svolta significativa nelle metodologie di monitoraggio dei LEA e aggiorna il Sistema di Garanzia (6) introdotto nel 2000. In particolare, tra gli aspetti che rendono il Nuovo Sistemadi Garanzia innovativo e rilevante (7), si evidenzia lo schema concettuale alla base del sistema degli indicatori: l’articolazione del sistema di indicatori, associa a ciascun LEA gli attributi rilevanti dei processi di erogazione delle prestazioni, quali efficienza e appropriatezza organizzativa, efficacia e appropriatezza clinica, sicurezza delle cure.


Nello specifico, gli indicatori individuati con questo nuovo sistema sono 88, divisi in 22 detti “CORE” e da 66 detti “NO CORE”. Il primo gruppo di questi è stato identificato10 per valutare sinteticamente l'erogazione dei LEA attraverso: a) il confronto delle misure degli indicatori con delle misure di riferimento, tenuto conto dell'andamento temporale; b) un punteggio per indicatore, secondo una scala definita di valori; c) un risultato globale regionale che indica entro quale soglia deve ritenersi garantita l'erogazione dei LEA; d) un risultato globale nazionale, che permette di monitorare il Paese nel tempo e di confrontarlo con altre realtà a livello internazionale. Per ciascun indicatore è inoltre definita una funzione di valorizzazione che, dato il valore dell’indicatore, calcoli un punteggio su una scala da 0 a 100, con il punteggio 60 corrispondente al valore soglia dell’indicatore. All’interno di ciascun LEA è pertanto individuabile l’indicatore o gli indicatori che producono eventuali criticità, l’andamento nel tempo e se è significativa la rilevanza a livello territoriale.

Al contrario della vecchia GrigliaLEA, la nuova metodologia, infatti,non sintetizza in un unico punteggio la valutazione dei tre livelli, ma misura in maniera indipendente la garanzia di ciascuno di essi favorendo analisi più puntuali e specifiche.


Dato questo contesto, proponiamo di inserire tra gli indicatori di valutazione uno che ne indichi quantitativamente lo stato annuale dell’erogazione del servizio IVG sul territorio (inteso sia come aborto farmacologico che chirurgico) (9). In una prima fase, per permettere il graduale adattamento del sistema sanitario al nuovo parametro richiesto, tale indicatore potrebbe essere inserito tra i cosiddetti indicatori “NO CORE” con l’intento di traslarlo, nel più breve tempo possibile, alla categoria “CORE”. La scelta tra CORE/NO CORE non precluderebbe, in ogni modo, l’immediata pubblicazione, su una nuova pagina web apposita sul sito del Ministero della Salute, dei dati raccolti, così che l’indicatore possa svolgere, da subito, la sua funzione informativa nei confronti degli utenti.


Contemporaneamente, proponiamo di inserire il già esistente indicatore “qualitativo” “EO01” (10) nell’elenco degli indicatori vincolanti “CORE”, così da avere anche il fattore della qualità del servizio erogato tra quelli necessari al raggiungimento del punteggio minimo richiesto. In questo contesto, sarebbe importante valutare come estendere il numero e la tipologia di fattori di cui tale indicatore tiene conto, così da renderlorealmente rappresentativo, ad esempio includendo nel calcolo anche il feedback negativo (o positivo!) fornito dai soggetti che hanno ugualmente ricevuto la prestazione sanitaria richiesta (quindi non vi sia stata rinuncia), ma in termini e condizioni non equi e/o con forti disagi.

A tale proposito, anche a scopo di pubblicità informativa, proponiamo anche l’inserimento di un “questionario di gradimento del servizio ricevuto” per le donne che ricevano l’IVG. I risultati di tale questionario – da rendere obbligatorio nella diffusione da parte dei medici ma volontario nella risposta da parte dei pazienti - dovrebbero essere resi pubblici, sempre attraverso la nuova pagina apposita sul sito del Ministero della Salute sopra citata, in modo tale da permettere all’utente di avereuna valutazione immediatae trasparente dell’ente/distretto/regione erogatore e, in un secondo momento, potrebbero integrare la voce “fonte” del sopraindicato indicatore EO01, nella quale attualmente risulta la sola “Indagine Istat su Aspetti della vita quotidiana”.


Il tempestivo riconoscimento della vincolatività di almeno un indicatore “qualitativo” nella valutazione delle prestazioni sanitarie risulta, oltre che direttamente rispondente al rispetto dei principi fondamentali di equità e dignità della persona umana, strettamente coerente con il crescente ruolo che la qualità della vita e dei servizi hanno assunto in seguito al periodo pandemico. Le condizioni di erogazione di un servizio, così come la qualità della vita e la centralità della salute fisica e mentale sono oggi – finalmente- “indicatori” fondamentali per un sistema di welfare. A questo proposito, il riconoscimento urgente della vincolatività del dato qualitativo risulta necessario non solo per il percorso di riconoscimento del diritto ad un aborto sano e sicuro, ma soprattutto per assicurare una equa e completa erogazione dei servizi sanitari ed assistenziali, obiettivo, questo, che il presente documento si prefissa primariamente.


4. FAVORIRE L’IVG FARMACOLOGICA


L’aborto farmacologico è una proceduramedica, distinta in più fasi, che si basa sull'assunzione di almeno due principi attivi diversi, il mifepristone (meglio conosciuto col nome di RU486) e una prostaglandina, il misoprostolo, a distanza di 48 ore l'uno dall'altro. Questa procedura presenta dei vantaggi innegabili, e largamente riconosciuti dalla comunità scientifica, rispetto al chirurgico:


- Non richiede un intervento chirurgico, quindi è un metodo meno invasivo privo di tutte le problematiche post-intervento;

- Non è necessario effettuare un'anestesia;

- Può permettere l'interruzione di gravidanza anche nei casi in cui non è possibile utilizzare il metodo chirurgico.


La promozione dell’IVG farmacologica è inoltre prevista dalla legislazione italiana: citando l’art. 15 della legge 194/78, è nell’interesse delle regioni, d'intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovere l’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza. In quest’ottica, le Linee di indirizzo per la IVG farmacologica del Ministero della Salute nel 2020 hanno esteso a 63 giorni, pari a 9 settimane compiute di età gestazionale, il tempo limite per l’esecuzione di tale trattamento e aperto alla possibilità di ricorso al day hospital eliminando di fatto il ricovero forzato. Siamo tuttavia ancora molto indietro rispetto ad altri Paesi Europei che consentono l’assunzione dei farmaci al di fuori di strutture mediche, facendo in modo che le donne siano poi seguite da un team multidisciplinare a distanzae permettendo loro accesso a cure di emergenza in caso di necessità.


Tanto più che la pandemia ha già, per necessità, dimostrato come metodi “a distanza” siano stati in grado di supplire e ottimizzare il percorso di cura (le prestazioni mediche, i follow -up della degenza o della post-degenza, e la somministrazione di farmaci, ecc.), allo stesso modo si potrebbe oggi pensare di equiparare un certificato di IVG rilasciato dopo un colloquio-video tra paziente e medico con uno rilasciato in presenza. In questo modo si renderebbero più semplici e snelle le procedure, e, inoltre, nei territori dove la quota di obiettori è particolarmente elevata,si eviterebbe a chi vuole abortirela necessità di muoversi in altre regioni (il cosiddetto fenomeno della migrazione sanitaria) (11). Sempre nell’ottica di agevolare la diffusione dell’IVG farmacologica, evidenziamo anche come l’OMS, nell’ultimo rapporto “Abortion Care Guidelines”, sottolinei come sia importante che, come accade per tutte le altre medicine, persino i farmacisti vendano il Mifepristone e il misoprostolo sotto prescrizione medica.


Come già detto nei punti precedenti, è inoltre necessario prevedere nei LEA una distinzione tra aborto chirurgico e aborto medico. Questa specificazione non è giustificata solo dalle evidenti differenze nelle tipologie di assistenze che tali procedure richiedono, ma anche in termini economici: difatti, l’IVG farmacologica è rimborsata con una quantitàinferiore di risorse per via il minor costo. Proponiamo pertanto di destinare i fondi risparmiati dal SSN grazie alla promozione dell’IVG farmacologica rispetto a quella chirurgica ad investimenti sui consultori e sul personale e le tecnologie di cui dotare tali strutture.


5. MAGGIORE PREPARAZIONE SULL’IVG PER GLI OPERATORI SANITARI


Una adeguata formazione degli operatori sanitari è fondamentale in quanto favorisce non solo un “esecuzione sicura ed efficace della prestazione medica, ma anche un trattamento più umano della paziente coinvolta. L‟IVG è infatti spesso una scelta che richiede un considerevole sforzo fisico e psicologico, un percorso – non solo sanitario, ma anche tante volte umano – che deve essere accompagnato da un servizio che non sia solo pubblico, sicuro e gratuito, ma anche il più possibilecomprensivo, accogliente e attento alle specificità di ogni persona.


In linea con quanto suggerito da “Libera di Abortire”, proponiamo quindi di inserire insegnamenti specificatamente incentrati sulle previsioni della Legge 194, sulle pratiche di interruzione volontaria di gravidanza garantite dalla legge, con preparazione sia pratica che teorica, e sulla gestione umana e psicologica della pazientedurante il percorsodi IVG. Riteniamo tali corsiindispensabili nei percorsi universitari di medicina e chirurgia, di infermieristica, per operatori sociosanitari, per i medici di medicina generale e soprattutto nelle scuole di specializzazione di ginecologia, ostetricia, medicina d’urgenza e anestesia/rianimazione. Per i medici specializzandi e per i laureandi in psicologia, potrebbe inoltre essere previsto un percorso di tirocinio all’interno di consultori familiari territoriali, in modo da far vivere in prima persona la realtà di tali servizi e di favorire un legame maggiore tra il (futuro) personale sanitario di ospedali e consultori. Infine, è auspicabile offrire corsi di aggiornamento anche per medici e professionisti sanitari già in carriera, soprattutto per coloro che hanno la possibilità di rilasciare certificazioni per accedere all'IVG, come ad esempio i medici di medicina generale. L’art. 15 attribuisce alle Regioni, in accordo con le Università e con le aziende ospedaliere, la responsabilità dell’esaustività della formazione medica.


6. PROMUOVERE IL RUOLO DEI CONSULTORI, ANCHE CON I FONDI PNRR


Tra gli investimenti voluti nel PNRR, vi sono 2 miliardi di euro destinati alle Case di Comunità aventi lo scopo di recuperare gli immobili dismessi allestendo 1350 nuove strutture su tutto il territorio nazionale. Entro la fine2022, dovranno essere approvati i progetti per la realizzazione delle stesse.


Proponiamo che questi fondi vadano ad integrare i consultori già presenti in molte realtà territo riali inserendo tali strutture presso le case di comunità cui i fondi sono destinati. Chiediamo quindi che le attività consultoriali diventino dei servizi obbligatori previsti nelle case di comunità,ad oggi solamente indicati come facoltativinella tabella 4 dell’allegato “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel SSN”. In questo modo, poiché le case di comunità saranno diffuse capillarmente sul territorio e prevederanno la presenzadi ginecologi, infermieri e psicologi, si potrebbe riuscirea potenziare il sistema dei consultori che, da troppo tempo, soffrono di carenze sul fronte del personale, dei fondi e degli strumenti, tali per cui, moltissimi giovani non trovano facile accesso alle informazioni di cui avrebbero bisogno, basti pensareche solo il 6% delle ragazze under 19 accede a queste strutture.


Oltre a fornire supporto e informazioni sui metodi contraccettivi, le strutture consultoriali dovrebbero inoltre garantire la tutela del diritto all’aborto in Italia. Secondo la legge 194/78 queste vengono infatti inserite nella lista delle strutture ambulatoriali pubbliche attraverso le quali è possibile accedere all’interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico e, più generale, dove richiedere le certificazioni per accedere all'IVG. Tuttavia, come riportato nell’ultima Relazione del Ministero della Salute sulla stessa legge 194/78, i consultori ad oggi svolgono un ruolo ancora estremamente marginale in questo senso, soprattutto nelle regioni del Centro e del Mezzogiorno, dove vengono infatti preferiti altri luoghi per il rilascio delle certificazioni IVG, quali i servizi ostetrici ginecologici.


7. EDUCAZIONE SESSUALE ED AFFETTIVA NELLE SCUOLE


L’educazione sessuale e affettiva, nell’ambito di una riforma volta ad un efficientamento dell’accesso al diritto di interruzione volontaria di gravidanza, ricopre un ruolo fondamentale: infatti, tramite la conoscenza del proprio corpo – e più in generale, di sé – si possono raggiungere obiettivi imprescindibili. Questo, avviene, in primo luogo, tramite l’educazione ad una corretta condotta sessuale: di fatto, una gravidanza indesiderata ben può essere originata da una condottasessuale scorretta che ha portatoad un concepimento non desiderato. Ciò deve essere realizzata tramite una giusta informazione sulla prevenzione e sulla contraccezione, da insegnare gradualmente nelle scuole, e più nello specifico nell’età dell’adolescenza, ossia quando si cominciano ad avere le prime esperienze sessuali. Oltre all’educazione sulla contraccezione, per una maggiore consapevolezza è necessario anche illustrare il percorso di interruzione volontaria della gravidanza, spiegandone le modalità, le difficoltà, nonché i rischi.


In secondo luogo, è necessario che anche nelle scuole si cominci a parlare di consultori,delle loro funzioni e della loro ubicazione, nonché dei servizi da essi offerti, anche in un’ottica di prossimità (es. in una determinata scuola, si parlerà dei servizi del più vicino consultorio, segnalando mancanze o altro, con conseguente reindirizzamento ad altri, etc.), perché non vi sia una persona che, in caso di necessità di assistenza relativa alle tematiche in questione, si senta abbandonata, avendo sempre così la conoscenza di poter trovare un punto di riferimento.


In ogni caso, in un’ottica più generale, si deve affermare che l’educazione sessuale ed affettiva nelle scuole sia uno strumento fondamentale anche per quanto riguarda il diritto all’interruzione di gravidanza, preparando, anche psicologicamente ed emotivamente, le persone ad affrontare le difficoltà che potrebbero sopraggiungere, nell’ottica di far capire che è meglio prevenire che curare.


8. MEGLIO PREVENIRE: LA GRATUITÀ DEI CONTRACCETTIVI


La possibilità di abortire, che deve essere libera e garantita in ogni regione del nostro paese, rimane comunque una pratica molto permeante che segna, sia psicologicamente che fisicamente, le persone coinvolte. È per questo che, quantomeno nel caso delle gravidanze non desiderate, rimarchiamo l’indispensabilità da parte del legislatore nazionale e delle amministrazioni locali di favorire una maggiore informazione sull’uso e sulla diffusione dei metodi contraccettivi.


In questo senso potrebbe essere utile abbattere i costi dei contraccettivi, ad oggi ancora molto cari, in particolare per lefasce giovanili e più fragili della popolazione. Già nel 2018 la Compagna On. Giuditta Pini aveva presentato una proposta di legge in materia (PDL N°1664) (12), proponendo la gratuità dei metodi contraccettivi (13) per le seguenti categorie: a) soggetti con età inferiore a 30 anni; b) soggetti con un valore dell’indicatore della situazione economica equivalente inferiore a 25.000 euro; c) soggetti richiedenti e beneficiari di protezione internazionale; d) soggetti affetti dal virus dell’immunodeficienza umana; e) soggetti affetti da malattie sessualmente trasmissibili; f) soggetti portatori del Papilloma virus umano; g) donne entro sei mesi dall’interruzione volontaria della gravidanza;

h) puerpere entro i dodici mesi successivi al parto. Proponiamo di ripresentare questa legge.


9. PER UN ABORTO PIÙ CONSAPEVOLE: CONTRASTO ALLA DISINFORMAZIONE


Una corretta pubblicità e una seria informazione, come abbiamo in parte spiegato in alcuni dei punti precedenti, svolgono per noi un ruolo chiave nella lotta per un aborto libero, sicuro e consapevole.

Per questo motivo, reputiamo inaccettabile la crescente diffusione di materiale pubblicitario portatore di disinformazione, contenuti stereotipati e sessisti, che nulla hanno a che vedere con la funzione educativa che la stessa pubblicità e gli stessi mezzi di comunicazione dovrebbero svolgere.

Vicende come quelle avvenute lo scorso 8 Marzo a Roma (14) sono la prova che esiste un intero sistema di associazioni antiabortiste che ogni giorno cerca di diffondere notizie false ed infondate, volte a far dilagare paura e disinformazione soprattutto tra i più inesperti, al fine di rafforzare le proprie posizioni e diminuire la consapevolezza autodeterminante delle stesse donne.


Proponiamo, in primo luogo, di regolamentare in maniera più specifica i contenuti pubblicitari vietati, inserendo un apposito articolo all’interno del “Regolamento per le affissioni” di ogni comune.

Sulla scia dell’art.12-bis del Regolamento del Comune di Roma (al quale lo stesso comune ha fatto appello per disporre la rimozione delle pubblicità sopracitate), proponiamo che siano aggiunti i seguenti punti ai regolamenti comunali che ne siano sprovvisti:

1. Divieto di esposizione pubblicitaria il cui contenuto contenga stereotipi e disparità di genere, veicoli messaggi sessisti o violenti, rappresenti la mercificazione del corpo femminile, od offra notizie false, tendenziose, o che siano comunque prive di un fondamento scientifico riconosciuto dall’’Organizzazione Mondiale della Sanità.

2. Divieto di esposizione pubblicitaria il cui contenuto sia lesivo del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, delle abilità fisiche e psichiche.


Contestualmente, riteniamo opportuno che non siano più concessi finanziamenti pubblici a tutte quelle associazioni/soggetti che con il proprio operato contribuiscano a diffondere disinformazione e contenuti lesivi della libertà individuale, secondo i criteri sopra enunciati.







Note


(1) In diverse regioni (Molise,Campania,Sicilia,Abruzzo, Basilicata,Calabria,P.A. Bolzano) per i non-obiettori si riscontra un carico di lavoro medio settimanale superiore alla media degli operatori del settore. Anche l’analisi delcarico di lavoro settimanale attribuibile ad ogni ginecologo non obiettore per singola struttura di ricovero evidenzia 3 Regioni in cui sono presenti strutture con un carico di lavoro superiorealle 9 IVG a settimana (9,7in Abruzzo; 9,9 in Campania; 16,1 in Sicilia).


(2) Ad esempio, nei casi più critici, questo potrebbe avvenire anche prevedendo una mobilità interprovinciale/interregionale del personale, come già sperimentato con successo all’Ospedale di Ciriè.


(3) Art. 22-Rifiuto di prestazioneprofessionale: “Il medico puòr ifiutare la propria opera professionale quando vengano richieste prestazioni in contrasto con la propria coscienza o con i propri convincimenti tecnico-scientifici,a meno che il rifiuto non sia di grave e immediato nocumento per la salute della persona, fornendo comunque ogni utile informazione e chiarimento per consentire la fruizione della prestazione.”


(4) Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 12gennaio 2017.


(5) Riforma del Titolo V della Costituzione risalente al 2001.


(6)https://www.salute.gov.it/portale/lea/dettaglioContenutiLea.jsp?lingua=italiano&id=4744&area=Lea&menu=monitoraggioLea

(7) Oltre allo schema concettuale alla base del sistema di indicatori, di grande interesse sono anche le specificazioni riguardanti le finalità del sistema (trattasi di un sistema descrittivo, di valutazione, di monitoraggio e di verifica dell’attività sanitaria erogata in tutte le Regioni) e le modalità d’integrazione con il sistema di verifica degli adempimenti cui sono tenute le regioni per accedere alla quota integrativa previstadall’art. 2, comma 68, della Legge n. 191/2009, ai sensi dell’art. 15, comma 24, del D.L.

n. 95/2012 (convertito, con modificazioni, in Legge n. 135/2012).


(8) DM 12 marzo 2019, art. 5, comma 2.


(9) Ad esempio, questo potrebbe essere costruito sulla scia del modello dettato dallo già esistente “indicatore H18C”, definito nell’ “Estratto dal Manuale operativo per la valutazione dei Percorsi Diagnostico-Terapeutico Assistenziali del Ministero della Salute - 23 luglio2018” come “numero di tagli cesarei primari per 100 parti, in strutture che effettuano almeno 1.000 parti/anno”. Il nuovo indicatore, attraverso il calcolo del dato percentuale degli “aborti richiesti/aborti effettuati”, potrebbe così avere l’utilità di rendere immediatamente manifesto (oltre che indirettamente vincolante ai fini del rispetto dei LEA) il grado di accessibilità e del servizio dell’IVG per ogni struttura/distretto/regione, così da rendere più agevole l’individuazione da parte delle pazienti della struttura erogante ad esse più prossima.


(10) Ad oggi, il contenuto dell’indicatore EO01 si limita a tenere conto solo della“Percentuale di popolazione che dichiara diaver rinunciato ad una prestazione sanitaria, ovvero ad una visita medica specialistica (esclusa visita odontoiatrica) o ad accertamenti specialistici negli ultimi 12 mesi, per motivi economici o legati all’offerta (tempi d’attesa o difficoltà a raggiungere la struttura)”.


(11) Ad esempio, nel libro “Mai dati” si evidenzia come nel 2020 in Emilia-Romagna siano arrivate 120 donne dalla Lombardia e 52 dalla Puglia per praticare l‟IVG.



(13) Contraccettivi medici e ormonali e di contraccettivi meccanici o di barriera.





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