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Writer's pictureKoinè Journal

Il fascismo non fa più impressione


di Mattia Santarelli.


Il fatto fa notizia, crea sgomento, eppure nessuno ne è stupito. Perché il problema vero è un altro, in realtá. Lo sdoganamento. Quello è il punto.

La Storia insegna, ma non ha scolari (1). Ahinoi, si sa.


Lo dice bene Zerocalcare -con la tagliente ironia che lo ha reso celebre – chiamando “nazisti” i personaggi neofascisti presenti nella sua ultima serie a fumetti, e aggiungendo: - “Perché il fascismo ormai è come dire “vabbè è celiaco, però è bravo”. (2)

Tradotto: ormai siamo talmente abituati ai metodi fascisti, che sentirne parlare non desta piú stupore, rabbia o indignazione, ai più.

 

Ma veniamo a noi.

Centro di Roma, Colle Oppio, in pieno giorno, aggressione a due studenti da parte di un gruppo di militanti di Casapound.

L’aggressione è avvenuta mentre alcuni studenti, membri della Rete degli studenti medi e di Sinistra Universitaria Sapienza, ritornavano dalla manifestazione delle opposizioni “Contro premierato e autonomia differenziata”, a piazza Santi Apostoli. Nei pressi di via Merulana sono stati fermati da un gruppo di persone che hanno cominciato a prendere a calci e pugni due dei ragazzi. Uno degli studenti è stato trascinato a terra dai due aggressori, gli è stata strappata a forza una bandiera del sindacato studentesco ed è stato preso, infine, a calci mentre era ancora a terra, col tentativo di sfilargli la maglietta di Spin Time Labs.

 

Badate bene: non è un caso che il fatto si consumi a “Colle oppio”, storico luogo di ritrovo del Movimento Sociale Italiano, in cui, oggi, gli ambienti conservatori e neofascisti della zona si riuniscono per organizzare abitualmente attività: non solo Casapound, infatti, ma anche Gioventú Nazionale -giovanile di Fratelli d’Italia-, usa abitualmente la storica sede missina.

Stando a ció che emerge dall’ ultima inchiesta di Fanpage, infatti, proprio dalla sede di Colle Oppio si organizzano raduni e concerti di stampo fascista e neonazista, oltre che sostenere e organizzare l’attività politica della destra di governo.

Una prospettiva inquietante.

 

Ma non basta. Perché questo scenario, in un mondo che rispetta le regole della ragione, almeno di quella storica, sarebbe giá di per se sufficiente a scatenare un’ondata di indignazione, voglia di protesta e di rivendicazione democratica.

Perché tutto ciò si colloca in un ormai organizzato e diffuso uso della violenza, fisica e politica, che da mesi ci circonda.

Gli abusi dei manganelli, i gravissimi attacchi squadristi nei licei toscani, il depotenziamento della magistratura, l’attacco alla libertá d’informazione, ai giornalisti Rai, ai direttori dei quotidiani, l’aggressione ad opera di un gruppo di parlamentari di centrodestra -in cui Iezzi, l’aggressore in concreto, è “famoso”, manco a farlo a posta, proprio per certe dichiarate “vicinanze” filo fasciste- contro l’on. Donno che stava simbolicamente consegnando il tricolore al ministro presente in Aula, e, da ultimo, lo scambio di voti tra Lega e FdI per far passare a colpi di maggioranza due delle riforme costituzionali piu disastrose della storia Repubblica, Autonomia differenziata e Premierato.

 

Se pensiamo alla Francia, da giorni in piazza contro l’avanzata sovranista, tutto questo sembra assurdo. Ma siamo un popolo diverso.

 

Di certo, anche in Italia, una nutrita minoranza non sta in silenzio. Minoranza, che poi, è composta in primis proprio da tutti quei soggetti che piú spesso subiscono sulla propria pelle gli abusi potere della maggioranza.

Studenti, precari, giornalisti, militanti politici non filogovernativi -quelli apertamente antifascisti-, minoranze discriminate per motivi vari (sesso, razza, ecc).

E, seppur piccolo, questo rimane un importantissimo punto di partenza. Ma la rivendicazione democratica non puó essere un fatto personale, minoritario. Altrimenti, parliamo di una democrazia con le gambe corte.

 

Lo dice bene Zerocalcare. Il fascismo, tolta la piccola schiera di oppositori “aficionados” di cui sopra, non fa piú scalpore, non è un fatto avvertito come cosí grave da riguardarci tutti da vicino. Quasi che si rischia di essere impopolari, anacronistici, a condannarlo apertamente, o di risultare esagerati, ridicoli, a parlarne in pubblico in maniera preoccupata. Non è certo semplice individuare le ragioni di questo comportamento, ma credo fermamente che sia importante tenere ferme due considerazioni a riguardo.

 

La prima. Bisogna riconoscere a Giorgia Meloni, al suo partito, e a tutta la sua area politica di appartenenza, la capacitá di essere degli ottimi mutaforma -Presidente La Russa e “Sieg Heil” vari a parte-. Solo la forma, intendiamoci. Un esempio stupido: la scelta del blu scuro come colore, al posto del nero nostalgico. Una scelta di forma che cerca di suggerire anche un cambio, inesistente, della sostanza. Come a dire: veniamo da quella storia, ma siamo piu moderati. Come se si potesse essere fascisti moderati.


E, come se non bastasse, il blu, colore psicologicamente associato a sicurezza, calma, armonia e tranquillità. Tiene lontano lo stress. Molte aziende lo prediligono per comunicare lealtà e trasparenza verso il consumatore.

Chiaramente è di un esempio metaforico che parliamo, non è di certo il colore che rende cosí solido il sistema che questa destra ci sta costruendo intorno. Ma credo che ció spieghi bene il meccanismo culturale di sdoganamento a cui stiamo assistendo.

Il semplice fatto che Meloni sia una donna, bionda e con gli occhi azzurri, vestita di blu -anziché un uomo calvo di mezza etá vestito di nero- è quanto, ad oggi, sta bastando per far dire alla stragrande maggioranza degli italiani: “voi siete pazzi a dire che c’è un pericolo democratico, guardate quanto sono diversi dagli originali.”

Dunque, una chiara, riuscita, volontá di dire: veniamo dal fascismo, non siamo quelli li, ma abbiamo la stessa capacitá di mettere ordine in questa societá cosí priva di punti fermi.

 

Da qui, la seconda considerazione, di carattere non soltanto nazionale.

L’assenza di punti fermi.

In un periodo storico che ha visto, in meno di vent’anni, l’avvicendarsi di disastrose crisi economiche e politiche, attacchi terroristici, una pandemia senza precedenti, e almeno due spaventose guerre alle porte dell’Europa, le persone hanno nuovamente iniziato ad aver paura.

Piazze vuote, chiese vuote.


È un dato di fatto. Ovunque, intorno a noi, solo fattori di destabilizzazione e di incertezza. Nessuna istituzione a fare da scudo, nessun luogo sicuro contro tempi sempre piú instabili.

Certo, una situazione profondamente diversa rispetto a un secolo fa. Eppure, ricca di inquietanti affinitá. Chabod, analizzando le origini del Ventennio, scriveva:

 

“[…] Tutto questo determinò un profondo sconvolgimento che colpì tutti gli interessi e offese tutti i sentimenti. Interessi colpiti: piccoli borghesi che cadono nelle ristrettezze economiche, grandi proprietari fondiari che cominciano a temere l'avvento del bolscevismo italiano e vedono con sgomento l'occupazione delle terre, gli scioperi, le agitazioni operaie, l'occupazione delle fabbriche. Sentimenti offesi: l'amor di patria negato da socialisti e comunisti, la delusione dei trattati di pace, il mito della vittoria mutilata, la vana attesa delle masse della pace e della giustizia, il disordine e l'anarchia ogni giorno crescenti, la paura e l'incubo della rivoluzione sociale” (3)

 

Non sembra forse una fotografia giá vista?

 

Ció che intendo dire, a conclusione di questa -di certo- poco esaustiva serie di spunti, è che la democrazia cammina sempre sulle gambe delle donne e degli uomini che la compongono.

Non c’è esperienza democratica che possa considerarsi “arrivata”, perché l’unica forma-essenza che la democrazia conosce è quella dell’esercizio perpetuo, della tutela perenne dei diritti degli individui, del moto continuo verso la definizione di soluzioni condivise, mai perfette e sempre “perfettibili”.


E per questo, sará sempre piú necessario avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, di rivendicare spazi soprattutto quando è la violenza a negarli, di alzare la voce quando una maggioranza si arrogherá il diritto di prevaricare una minoranza, di mobilitarci anche quando non subiamo un’ingiustizia in prima persona, di partecipare anche se sembra che una singola opinione non fa la differenza, di avere il coraggio di prendere una posizione chiara, anche se impopolare, per non correre il rischio di essere “ricacciati indietro”(4), come diceva qualcuno, assassinato giusto un secolo fa, da chi oggi si veste di blu.

 

Altrimenti “ci sará sempre chi pagherá le spese.

In questo benedetto, assurdo Belpaese.”






Riferimenti

 

(1) Da “Italia e Spagna”, L'Ordine Nuovo, Antonio Gramsci. 11 marzo 1921, anno I, n. 70

(2)Da “Questo mondo non mi renderá cattivo” (2023), serie a fumetti scritta e diretta da Michele Rech per la piattaforma streaming Netflix

(3)F. Chabod, L'Italia contemporanea (1918-1948), Torino, 1961.

(4)Dall’ultimo discorso dell’on. Giacomo Matteotti, tenuto alla Camera dei Deputati il 30 Maggio 1924

 

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