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  • Writer's pictureKoinè Journal

L'Europa è sempre più una fortezza?


di Stefano Apolito.


Questo articolo è realizzato in collaborazione con la redazione de Il Mondo-blog, che vi invitiamo a visitare.


Mercoledì 10 aprile 2024, il Parlamento europeo (PE) ha approvato un totale di dieci testi legislativi riguardanti la politica migratoria e di asilo durante la sessione plenaria. Il Patto, teoricamente, mira a « riformare il sistema europeo di asilo basato sui principi di solidarietà e equa condivisione delle responsabilità », ma alcune critiche sono state avanzate sia da coloro che lo considerano un’ulteriore perdita di sovranità per gli Stati membri (principalmente i partiti populisti di estrema destra) sia da coloro che lo percepiscono come una minaccia per il benessere dei richiedenti asilo (principalmente ONG e alcuni partiti di sinistra). Di conseguenza, nonostante circa otto anni di negoziati, la misura è ancora profondamente divisiva, in parte a causa delle imminenti elezioni del PE di giugno e in parte a causa della strumentalizzazione della questione migratoria. Ma cosa contiene esattamente il Patto?

 

Innanzitutto, è importante avere chiara la differenza fra migranti, richiedenti asilo e rifugiati. Secondo Amnesty International, «Un rifugiato è una persona che ha lasciato il proprio Paese perché lì è a rischio di gravi violazioni dei diritti umani e di persecuzioni. I rischi per la loro sicurezza e la loro vita erano così grandi che essi hanno sentito di non avere altra scelta che partire e cercare sicurezza al di fuori del loro Paese, perché il loro governo non può o non vuole proteggerli da quei pericoli [...] Un richiedente asilo è una persona che ha lasciato il proprio Paese e sta cercando protezione da persecuzioni e gravi violazioni dei diritti umani in un altro Paese, ma che non è ancora stato legalmente riconosciuto come rifugiato e sta aspettando di ricevere una decisione sulla sua domanda d'asilo». Infine, anche se «Non esiste una definizione legale internazionalmente accettata di migrante», è possibile concepire i «migranti come persone che si trovano al di fuori del proprio paese d'origine, che non sono richiedenti asilo o rifugiati. Alcuni migranti lasciano il proprio Paese perché vogliono lavorare, studiare o riunirsi con la famiglia, ad esempio. Altri sentono la necessità di lasciare il Paese a causa della povertà, dell'instabilità politica, della violenza legata alle bande criminali, dei disastri naturali o di altre circostanze gravi».

 

Una volta chiarita questa differenza cruciale, è possibile analizzare il contenuto delle proposte appena approvate dal PE. Il primo dei dieci testi mira a mettere in pratica il principio di solidarietà garantendo una procedura di ricollocamento tra "Stati membri beneficiari" - quelli considerati maggiormente sotto pressione - e "Stati responsabili" - quelli più lontani dalle principali rotte di migrazione. Tuttavia, se non disposti ad accogliere i richiedenti, gli "Stati responsabili" possono optare per un contributo finanziario basato sulle dimensioni e sul PIL del Paese stesso, anche se ogni Stato membro «è libero di decidere sul tipo di contributo». Inoltre, alcuni hanno criticato l'insufficiente importanza data alla scelta del richiedente asilo riguardo il proprio futuro: egli, in generale, non avrà voce in capitolo nella decisione sul dove essere ricollocato, con alcune eccezioni «per affrontare le vulnerabilità, comprese quelle dei minori non accompagnati (art. 23 del Regolamento) e dopo la “ricerca e il soccorso"». Infine, è verosimile che la questione del ricollocamento sarà contestata all'interno del Consiglio dall'Ungheria di Orbán e, un po’ più sorprendentemente, dal primo ministro polacco Donald Tusk, il quale ha già dichiarato di voler «proteggere la Polonia dal meccanismo di ricollocamento».

 

Proseguendo, il secondo testo è stato progettato per affrontare situazioni di crisi, definite come quelle che «rendono non funzionale il sistema d'asilo, di accoglienza, di protezione dei minori o il sistema di rimpatrio di uno Stato membro, e possono anche avere gravi conseguenze sul funzionamento del sistema d'asilo comune dell'UE». Questo Regolamento ha anche lo scopo di affrontare circostanze in cui Paesi terzi o attori non statali utilizzano i migranti strumentalizzandoli per destabilizzare uno Stato membro o l'Unione in generale. Esempi di questo tipo possono essere rintracciati nelle azioni presuntamente riferite alla Russia e alla Bielorussia, quando esse hanno spinto i migranti verso il confine polacco dell'UE. Questo Regolamento propone alcune deroghe al meccanismo ordinario di solidarietà, obbligando gli Stati membri a partecipare, ma lasciando loro la scelta fra ricollocamento, contributi finanziari o misure alternative. Un'altra questione riguardante questo Regolamento è che, durante situazioni di crisi, le procedure di frontiera per presentare domanda d'asilo possono essere accorciate o prolungate, lasciando sostanzialmente maggiore autonomia alle autorità di frontiera locali. Alcuni sostengono che queste misure speciali potrebbero essere nocive per le condizioni di vita dei migranti e dei richiedenti asilo, poiché periodi più lunghi per la registrazione potrebbero diventare periodi più lunghi di « detenzione », o periodi più brevi potrebbero portare ad un rifiuto superficiale di molte domande.

 

Oltre ai primi due testi, i più dibattuti sono quelli che trattano delle procedure di screening e quello riguardante le normative sulle procedure d'asilo (APR). La procedura di screening è stata profondamente riformata per avere informazioni più precise, tra cui impronte digitali e immagini facciali. Probabilmente, tre righe del comunicato stampa ufficiale possono essere utilizzate per riassumere molte delle ragioni dietro alle critiche da parte di ONG e alcuni partiti di sinistra: « I cittadini di Paesi terzi sottoposti a screening devono essere a disposizione delle autorità per eseguire i controlli sopra citati e possono essere detenuti per garantirlo. Essi avranno accesso alle cure mediche di emergenza e al trattamento essenziale in caso di malattia". Alcuni hanno denunciato il fatto che questa situazione possa seriamente danneggiare le condizioni delle persone durante la procedura di screening, senza considerare che l'uso della parola "detenuti" può ulteriormente trasmettere il concetto di "Europa-fortezza".

 

L'altro testo che tratta delle procedure di screening, più tecnico, approfondisce la revisione dell'Eurodac, il Garante della protezione dei dati comune europeo. La revisione del regolamento Eurodac è stata proposta dal relatore Jorge Buxadé Villalba, membro del Parlamento europeo e del Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR), appartenendo egli al noto partito di estrema destra spagnolo Vox. Il testo mira a «migliorare la raccolta di dati sui richiedenti asilo e sui migranti irregolari fermati nel territorio degli Stati membri dell'UE attraverso dati biometrici - aggiungendo immagini facciali ai già esistenti database di impronte digitali», ma ciò che ha suscitato critiche è stato l’abbassamento dell'età minima per la raccolta delle impronte digitali da 14 a 6 anni. Infine, la revisione vuole inoltre modificare il database, passando da un sistema basato sulle richieste a uno basato sui richiedenti, evitando potenziali richieste multiple.

 

Anche le normative sulle procedure di asilo sono finite al centro dell’attenzione a causa della loro presunta natura discriminatoria. Infatti, le persone provenienti da «Paesi con tassi di accettazione delle richieste d’asilo inferiori al 20% saranno soggette alla procedura di asilo di frontiera immediatamente dopo lo screening», il che significa che queste persone, con ogni probabilità, non saranno lasciate entrare nell'UE. Tra i Paesi con questi tassi di accettazione bassi vi è, ad esempio, il Marocco e molti richiedenti asilo che arrivano, soprattutto in Spagna, saranno presumibilmente respinti. In realtà, le persone provenienti da Paesi con tassi di accettazione bassi, così come «le persone considerate un pericolo per la sicurezza nazionale o l'ordine pubblico», e coloro che hanno «ingannato le autorità presentando informazioni false sull'identità o sulla nazionalità» non entreranno nel Paese, ma saranno tenute al confine grazie a una sorta di «finzione giuridica di non entrata», con tutte le complicazioni umanitarie e logistiche che ciò comporta.

 

Diversi analisti hanno fatto notare come l'approvazione parlamentare sia stata recentemente accelerata per raggiungere un accordo prima delle elezioni del PE di giugno e ciò ha avuto implicazioni sia formali che di contenuto, lasciando molti insoddisfatti. Inoltre, all'interno dell'Unione europea, le leggi sono di solito proposte dalla Commissione, per poi essere approvate, respinte o eventualmente emendate dai due organi legislativi, cioè il PE e il Consiglio dell'UE (artt. 289 e 294 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea). Di conseguenza, il Patto ha ancora bisogno dell'approvazione del Consiglio dell'UE con voto a Maggioranza Qualificata (QMV) e sono attese alcune obiezioni, come quelle polacche e ungheresi sopra menzionate.

 

Infine, si può notare come il Patto sia un prodotto del consenso promosso all’interno del vasto centro del sistema partitico europeo. La maggior parte dei membri del PE appartenenti all’estrema destra e alla sinistra radicale si sono infatti dichiarati contrari per motivi opposti, mentre il Patto è stato generalemente sostenuto dal Partito Popolare Europeo di centro-destra (PPE) al Gruppo dei Socialisti e dei Democratici di centro-sinistra (S&D) - con l'importante eccezione del Partito Democratico italiano, che ha votato contro alcuni testi. Alla fine, il Consiglio avrà comunque l'ultima parola e le normative inizieranno ad essere applicate tra due anni, permettendoci di vedere nella pratica se l'Europa diventerà una "fortezza" sempre più chiusa, qualunque sarà la situazione politica.






Image Copyright: Il Riformista

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