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  • Writer's pictureKoinè Journal

25 Novembre: ci vuole più di una giornata in piazza


di Lucrezia Passarelli.


Eccoci qui, come ogni anno a fare questa assurda conta delle donne morte per mano di uomini che dicevano di amarle, donne morte in quanto donne: 106 i femminicidi fino ad oggi, 1 ogni 3 giorni. 

Partiamo con ordine, che cos’è il femminicidio e qual è la differenza con il semplice omicidio di una donna?

Da ciò si comprendere la differenza tra femminicidio e omicidio:

il femminicidio è un’uccisione di una donna in ambito affettivo e relazionale, al contrario, per omicidio di una donna si intende qualunque altro omicidio in qualunque altra circostanza e per qualunque altra ragione.


Facciamo degli esempi per meglio chiarire questo concetto:

se un uomo ruba il portafogli a una donna, quest’ultima cerca di recuperarlo e l’uomo l’accoltella provocandone la morte, questo è un omicidio in cui la vittima è una donna;

viceversa, se un uomo che ha avuto una relazione con una donna poi la uccide perché non accetta la fine della loro relazione, questo è un femminicidio.

La differenza? Il motivo: nel femminicidio l’uccisione di una donna avviene in quanto donna, perché soggetta ad un uomo; nell’omicidio di una donna generico il motivo per cui quella donna viene uccisa può essere di qualunque altro tipo.

È importante specificare che il femminicidio non è un omicidio passionale, perché se così lo considerassimo, ogni femminicidio sarebbe da valutare come un caso isolato, frutto di una pazzia di “mostri” troppo gelosi; al contrario il femminicidio è un omicidio di stato, perché questo è un problema sistemico, in quanto tale uccisione di una donna, in quanto donna, trae la sua ragione nel possesso e nel culto del potere che è la radice del sistema pregno della cultura patriarcale nel quale viviamo.


Questa è una società in cui una donna che cerca la sua indipendenza e il proprio spazio nel mondo molto probabilmente, anzi certamente, subirà insulti, violenze o addirittura la morte.

È questo il punto di partenza per parlare di violenza di genere.

 

LA PIRAMIDE DELLA VIOLENZA DI GENERE

Il femminicidio, però, è solo la punta di un iceberg ben più profondo: in questa piramide dalla violenza di genere c’è anche lo stupro, la violenza economica, quella domestica e psicologica, il cat calling, il linguaggio sessista e molto altro, tutti atti volti a sottomettere la donna.


La dimostrazione che questo di cui stiamo parlando è un problema sistemico? Basta guardare ai commenti sotto ad uno degli ultimi post della Polizia di Stato e leggerete la sfilza di commenti di donne (di seguito ne troverete alcuni) che sono state non credute, sminuite o addirittura molestate proprio dagli uomini che rappresentano lo stato e che dovrebbero proteggerle.






“BLATERARE DI PATRIARCATO”

A seguito della vicenda dell’uccisione di Giulia Cecchettin, Simone Pillon in un tweet scrive “la famiglia italiana stabile è un potente argine alla violenza” mostrando un grafico che dimostrerebbe che l’Italia ricopre una delle ultime posizioni in Europa per uccisione di donne.




Per approfondire la questione, abbiamo fatto una rapida ricerca e abbiamo trovato l’articolo da cui Simone Pillon ha reperito questo grafico.

Il titolo di tale articolo (che vi invitiamo a leggere per approfondire la questione dei femminicidi) è “Resta alto il numero di femminicidi in Italia e in Europa”, articolo in cui non solo si dà una definizione di violenza di genere, affermando che essa abbia la sua radice nella cultura patriarcale, ma si specifica, inoltre, che a causa di una mancanza di dati, quelli presentati nel grafico prima riportato sono sottostimati. È chiaro che l’ex senatore Pillon ha riportato dati da un articolo che aveva l’intento di esprimere un’opinione diametralmente opposta alla sua e questa la dice lunga sul quanto il dibattito su tema della violenza di genere in Italia sia fortemente strumentalizzato per scopi politici e propagandistici.


“ANCHE GLI UOMINI MUOIONO”, “ANCHE LE DONNE SONO VIOLENTE”: GUARDIAMO AI DATI

È vero, non tutti gli uomini uccidono, ma tutti gli uomini godono del privilegio di essere uomini.

È una colpa, quindi, essere uomini? Assolutamente no, ma partire dal concetto di privilegio è fondamentale per comprendere il fenomeno della violenza di genere.

Di fronte alla negazione di ciò, di fronte alle frasi del tipo “non tutti gli uomini”, “anche gli uomini muoiono” e simili, non possiamo fare altro che guardare i dati Istat. 

Nel 1991, gli omicidi furono 1197, contro i 315 nel 2019 e questo ci dimostra che gli omicidi in Italia sono in calo, lo stesso, però, non vale per i femminicidi.



Se guardiamo al numero di omicidi in ambito familiare o affettivo, gli omicidi sono aumentati (135 omicidi nel 2002 contro i 150 nel 2019), ma altrettanto interessante è notare che a fronte di un maggior numero di vittime donne, la disparità in punti percentuale tra i condannati uomini e le donne è abissale: rispettivamente il 98,3% contro l’1,7%.

Insomma, gli uomini muoiono soprattutto a causa di altri uomini, mentre le donne muoiono quasi solo per mano di uomini.



Infine, a conferma della gravità della situazione, l’Istat presenta un ulteriore dato: i femminicidi in Italia nel 2019 rappresentavano il 91% degli omicidi di donne.

Stiamo dicendo che delle donne uccise nel 2019, 9 su 10 sono morte per mano di uomini che dicevano di amarle. 



I dati parlano chiaro: viviamo in una società in cui le donne non si sentono sicure di vivere.

Oggi non vogliamo un minuto di silenzio per le vittime, che le donne facciano rumore e gli uomini si facciano un esame di coscienza, perché non bisogna arrivare ad uccidere per parlare di violenza, basta guardare al numero di chiamate effettuate quest’anno al 1522, il numero anti violenza e stalking: 30.581 (erano 22.553 nel 2022 e 24.699 nel 2021) , ma anche un “ciao bella” per strada, un pene appoggiato ad un sedere in discoteca, il controllare il cellulare del/della partner, e simili sono atti violenti.

 

IL CASO DI GIULIA CECCHETTIN

Nel 2023, fino ad oggi, ci sono stati 106 femminicidi, nonostante ciò, l’uccisione di Giulia Cecchettin ha scosso maggiormente l’opinione pubblica e questo è profondamente ingiusto nei confronti di tutte le altre vittime di femminicidio che hanno subito la stessa sorte di Giulia, ma non anche la stessa risonanza.


Questo caso, però, è particolarmente peculiare per varie ragioni:

in primo luogo, è agghiacciante che l’età della vittima e del suo carnefice è per entrambi di 22 anni. La loro giovane età dimostra che il problema del femminicidio non è relegato ad una cultura atavica in cui le vittime sono solo donne più adulte, come l’ultimo caso di Rita Talamelli, 66 anni, ma riguarda ognuna di noi in ogni fase della vita;

così come non è incoraggiante sapere che i due ragazzi frequentassero l’università, luogo di cultura e progresso per eccellenza;

il terzo motivo è legato alla figura di Elena Cecchettin, sorella di Giulia, che nonostante la sua giovane età e nonostante il dolore per la perdita di una sorella, ha la grande forza e il coraggio, in uno stato conservatore come il nostro, di parlare con grandissima dignità del caso della sorella per fare luce sul tema del femminicidio in Italia.

“Turetta mostro non è, […] lui è un figlio sano della società patriarcale”

“Non tutti gli uomini sono cattivi, ma in questi casi sono sempre uomini”

“[…] dobbiate essere ostili a questi comportamenti che possono sembrare banalità ma sono il preludio del femminicidio”

 

L’INFORMAZIONE E LA POLITICA: L’INCAPACITA’ DI COMUNICAZIONE DI TALI TEMI

Le parole forti e intelligenti di Elena Cecchettin, però, sono state anche fortemente strumentalizzate e utilizzate da vari esponenti politici per motivi ideologici e propagandistici.

Le parole del consigliere leghista della regione veneto, Stefano Valdegamberi, sono la dimostrazione di una società estremamente cieca di fronte all’evidenza, oltre che la dimostrazione dell’esistenza della violenza istituzionale.

Non è normale che un consigliere regionale si scagli contro un familiare di una vittima colpendola nella sua sfera personale, pubblicando sue foto e definendola satanista.

(Di seguito lo screen del post che è stato successivamente eliminato)



La cultura patriarcale della quale parla Cecchettin e l’incompetenza dei giornalisti nel trattare certi temi si legge chiaramente nella scelta molto discutibile di alcuni giornali di scrivere titoli inappropriati o addirittura pubblicare la foto della vittima con il proprio carnefice;

nel permettere ad un conduttore in tv di dire che “se eviti di ubriacarti, poi il lupo lo eviti”;

nell’assurda risposta di una Premier, ad una giornalista, che per dimostrare di non essere espressione della cultura patriarcale, posta una foto di sé con la figlia, la madre e la nonna.

Chiaramente Giorgia Meloni non ha ben chiaro il concetto di patriarcato o semplicemente posta una foto con le donne della sua famiglia solo per fare leva sul proprio elettorato, dal momento che non perché si abbia una madre, una nonna o una figlia questo implichi che non si possa essere maschilista.

Della serie “non sono omofobo, ho molti amici gay”.

Non andremo troppo lontano se questa è la risposta da parte dei giornalisti che dovrebbero informarci e dei politici che dovrebbero rappresentarci.


LE SOLUZIONI

Quando parliamo di sistema sociale e culturale, i cambiamenti sembrano sempre molto difficili da attuarsi, ma così non è, con l’impegno da parte di chi ci rappresenta, due possibili soluzioni ci sono:

innanzitutto, è assolutamente necessario stanziare maggiori fondi per i centri anti violenza, affinché le donne che si sentano in pericolo possano avere un luogo dove andare per ottenere aiuti psicologici, economici e giuridici.

successivamente è necessario che nelle scuole, come già accade in altri paesi d’Europa, ci sia l’ora di educazione sessuale e affettiva in ogni grado di istruzione, perché è necessario che le studentesse e gli studenti si interfaccino non solo con le professoresse e i professori, ma anche con pedagogistə, psicologə e sessuologə per apprendere e poter poi applicare nozioni utili in campo affettivo e sessuale.

Relegare questo compito alla sola famiglia, dove spesso è proprio lì che si interiorizzano comportamenti tipici della cultura patriarcale, non è sufficiente.

La scuola ha il compito di formare e crescere ragazze e ragazzi e la crescita passa anche da questo.

Finiamola di proteggere le nostre figlie e iniziamo a educare i nostri figli.



L'articolo è condiviso e supportati dall'intera redazione di Koinè. Perchè questi sono i nostri valori.






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Front Image: Getty Images

Grafici e Statistiche: Psicolacrigna.it, OpenPolis, Istat

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