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4 Stelle: storia di un hotel occupato

  • Writer: Koinè Journal
    Koinè Journal
  • Jun 30
  • 4 min read

di Elisa Quadri.


“Riprendersi la vita”: storie e dignità in un hotel occupato a Roma Est


Un libro che racconta di realtà abitativa, di una città che prende e che rigetta, di altre persone e del loro spazio vitale.

 

Mi permetto solo di dire che è difficile capire cosa spinge qualcuno a compiere certe azioni, come ad esempio occupare un posto. Affrontiamo la vita con difficoltà, sempre con paura di essere sgomberati. Non possiamo pensare di aver trovato una risposta giusta al nostro problema, tutto quello che dobbiamo fare è unirci nella mano e lottare, resistere con ogni mezzo necessario.”

Siamo al Macro Asilo, il museo di arte contemporanea di Roma. A parlare è Adila, una delle abitanti dell’hotel occupato. È arrivata in Italia dal Marocco per curarsi dal lupus, ha vissuto a Torre Angela in un seminterrato dal quale “non si vedeva né il cielo né niente e poi, dopo una serie di tentativi di ottenere un posto proprio, ha occupato.


Nonostante siano molti i paragrafi dedicati agli episodi di vita dei singoli abitanti dell’occupazione, le storie raccontate sono in fondo due: quella delle persone e quella dell’hotel.


L’Eurostars Roma Congress Hotel & Convention Center, hotel a 4 stelle, nasce grazie a finanziamenti pubblici stanziati in occasione del Giubileo 2000. Si trova in via Prenestina, nel cuore di Roma Est. Nel 2011, dopo anni di attività sotto una multinazionale spagnola, chiude i battenti, con il licenziamento di circa 60 persone. Una di queste diventerà poi occupante dello stabile stesso. L’occupazione avviene a dicembre 2012, durante lo “Tsunami Tour”, un’azione coordinata che portò all’occupazione simultanea di 28 edifici a Roma, incluso l’hotel 4 stelle, dove ad oggi vivono circa 140 famiglie.


La storia dell’hotel non è un’eccezione, è simile a molte altre in città: strutture costruite e abbandonate, simboli di politiche abitative fallimentari, rese zoppe da un sistema burocratico lento e lontano dai cittadini. Leggi e scelte politiche che da decenni favoriscono l’uso delle abitazioni come investimento piuttosto che come diritto. E così, palazzo dopo palazzo, interi quartieri da spazi abitativi sono ora prodotti finanziari.


Nel libro ‘Riprendersi la vita’, i passaggi fondamentali delle politiche italiane sulla casa sono messi nero su bianco, fornendo un contesto chiave per capire la scelta di occupare. Viene chiarito che non si può parlare di “emergenza abitativa” quando questa è costruita, mantenuta e resiste per decenni. Se qualcosa è sistematico e funzionale: è una scelta, non un’emergenza. (Ne abbiamo parlato qui)


L’egemonia nei centri delle grandi città di B&B e affitti brevi, le proteste contro la gentrificazione, le proposte di legge sul diritto all’abitare rimaste inascoltate: tutto questo è solo la punta dell’iceberg. La spirale discendente è inizia tempo fa, con decisioni come: la vendita di 200.000 case popolari all’inizio degli anni duemila, l’introduzione della flat tax sugli affitti, la crisi economica del 2008 e l’eliminazione dell’equo canone.


Si tratta di scelte che hanno colpito tutti, ma che in particolare hanno ridotto di molto i fondi pubblici per le abitazioni. Il risultato? Solo nel 2018 l’associazione dei costruttori edili romani certifica 57.000 famiglie in disagio abitativo e 37.500 alloggi vuoti o invenduti.

 

Se i numeri rendono più chiaro il fenomeno dal punto di vista degli occupanti, nel lettore fa capolino spontaneamente la domanda “ma come si arriva ad una scelta del genere?

A più riprese nel libro emergono motivazioni profonde: la spinta del bisogno chiaramente, il valore dell’azione, il dialogo fra subalterni e potere ed il loro non dialogo.


La risposta è già nel titolo “Riprendersi la vita”. Il libro infatti resta fedele al proprio intento, non cede mai al pietismo: non parla solo di bisogno ma di dignità. Una dignità che, come emerge da uno dei racconti degli abitanti, non è solo un principio astratto o interiore, ma una realtà costruita nella relazione con il mondo esterno. Uno dei passaggi più interessanti è quello in cui una madre racconta di poter finalmente comprare una PlayStation al figlio: non c’è in questo gesto solo lusso in sé, ma il permettergli di giocare con gli altri, di non sentirsi escluso. In quel gesto c’è molto più che un oggetto: c’è l’idea che nulla debba essere precluso, che anche il senso di appartenenza sia parte della dignità.


La storia dell’Hotel 4 stelle è una storia profondamente politica, ed è la storia di persone che questa dignità l’hanno ripresa, guadagnando tempo, energie, soldi e soprattutto spazio.

Il lettore, che si approccia al libro con queste curiosità, lo conclude con un senso di vicinanza. Le vite degli occupanti sono diverse, per alcuni occupare è un’azione per la sopravvivenza, ma non si ferma mai a questo, nell’occupazione hanno ripreso segmenti di vita e di futuro. Questo elemento, la riappropriazione di una vita migliore, ci riguarda tutti. È una forza che abita dentro ciascuno, ed è quella che forse dovremmo custodire e coltivare con più cura.


Io questo libro l’ho letto per lo più sui mezzi pubblici, non di rado girando proprio per Roma Est. Le scene di sottofondo della capitale mi hanno aiutato a cogliere meglio la sintonia tra la complessità politica dell’occupazione - questo continuo ballo tra potere e contropotere, dentro e fuori l’Hotel - e la semplicità della vita quotidiana: le storie di chi gestisce un ambiente così grande e multiculturale. Nell’incontrare fra queste pagine la regolarità di alcune dinamiche umane: la gestione dei conflitti, il saluto ai morti, le amicizie e le inimicizie, ho spesso sorriso e a volte anche riso davvero.


È indubbiamente servito molto a me per ricordare che certe questioni politiche e sociali sono lo specchio della complessità di vita di tutti, nulla può essere ridotto a bene o male, a giusto o sbagliato in sé. Questo movimento oscillatorio fra storie personali e azioni politiche scuote la curiosità del lettore, che nel mio caso almeno, ne ricava nuove domande sull'agire, sul significato di una vita migliore e soprattutto sullo spazio che la vita reclama.






Image Copyright: Repubblica

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