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  • Writer's pictureKoinè Journal

C'è aria di svolta. E forse non siamo pronti.


di Valentina Ricci.


Domenica 4 dicembre è arrivata, dal Monk a Roma e per niente inaspettata, la candidatura di Elly Schlein alla segreteria del Pd, in chiusura di un lungo discorso programmatico, di quelli che ci avrebbe fatto piacere sentire quest’estate durante la campagna elettorale. Schlein ha parlato di “redistribuzione”, di creazione di un campo “progressista, ecologista e femminista”, ha parlato di legame con il territorio e ha invocato l’impegno politico della base prima di arrivare al vertice. Eh sì, sembrava impossibile ma è stato detto qualcosa di sinistra dalla sinistra, e non dalla destra soltanto per propaganda. Ma non è ancora il momento di tirare un sospiro di sollievo, perché da dietro la sua schiena – come già detto la settimana scorsa – sbucano irriducibili le teste dei suoi sostenitori, due tra tutti Franceschini e Letta. Non proprio delle buone rampe di lancio per il tanto agognato rinnovamento.


Forse consapevole di questo, Schlein afferma “siamo un’onda, non una corrente”: in sei parole esprime una rassicurazione per i votanti e una minaccia per i suoi colleghi. Solo il tempo darà la possibilità di capire se l’ex attivista di Occupy Pd riuscirà a mantenere fede alle promesse senza essere risucchiata nel vortice delle correnti e delle vecchie istituzioni. Noi intanto, assuefatti dai giochi di parole, restiamo vigili ma disillusi, consapevoli del fatto che riformare il Pd è tanto difficile quanto per Babbo Natale portare regali a tutti i bambini del mondo in una sola notte. Però sull’esistenza di Babbo Natale mi riservo di credere, sulla possibilità di rinascita del PD molto meno.


A proposito di partiti dilaniati, ce n’è un altro che in modo più silenzioso ma non meno grave si sta dividendo all’interno: la Lega di Salvini. Anche i leghisti si avviano al Congresso nazionale e lo fanno passando prima attraverso i congressi provinciali, in occasione dei quali la fazione dei nordisti, minoritaria ma mai veramente spenta, si è risvegliata dal torpore. Con Bossi alla guida dal castello di Giovenzano (Pavia), i membri del partito (dalla base al Parlamento) contrari all’estensione nazionale voluta da Salvini, stanno erodendo piano piano il consenso del Capitano facendogli battaglia nelle singole province, portando a casa Bergamo e Brescia e perdendo solo per un soffio Varese. Intanto Salvini si dice “felice” (una variante meno piddina di “sereno”?) e si consola facendo cose che gli piacciono, come prelevare al bancomat ogni volta che deve pagare un caffè, o insultare chi non fa come lui. Chissà quanti insulti gli rivolge il barista che si vede costretto a dargli il resto di 1 o 2 euro pagati con una fumante banconota da 20 o 50. Menomale che a raddrizzare l’economia ci pensano le amanti, che si fanno regalare gioielli costosissimi, e finalmente si trova il modo di spendere sti benedetti 5mila euro cash, o no Borghi?


Intanto, tornando a parlare di grandi donne, anche Meloni ha dato il suo contributo ai fatti della settimana con un’iniziativa politica invidiata anche dai falchi della Casa Bianca: gli appunti di Giorgia. Finalmente Meloni interviene a chiarire il dubbio che ha gettato nella confusione milioni di italiani: ma l’agenda Draghi è fisicamente un’agenda? Questa volta sì, la nostra premier ha fisicamente un quaderno di appunti in cui scrive e spiega le sue scelte politiche, e non c’è manco la fiamma tricolore sulla copertina, deo gratias. Con una mossa che si colloca al limite tra la genialità comunicativa e le comiche, Meloni inaugura un canale di informazione diretta con i cittadini, un appuntamento (quasi) settimanale che bypassa i giornalisti alle conferenze stampa. D’altronde lei è una donna che si è fatta da sola, non c’è motivo di pensare che non sia in grado di farsi una domanda e darsi una risposta.


In questo quadro frammentato chi cerca, a sproposito, di unire i pezzi sono i giornali e i talk-show che hanno già trovato un nome da affibbiare a Schlein: l’anti-Meloni. Innanzitutto, questa triste scelta di parole evoca una vittoria al Congresso data per scontata, ma che non lo è affatto; in secondo luogo, è inopportuno, controproducente e ingenuo indicare Schlein come un’identità politica che prende forma soltanto se posta in contrapposizione a Meloni. Questa logica non fa altro che alimentare il discorso politico sbagliato che delinea il Pd come l’unica, ma vuota, alternativa alla destra, solamente perché quest’ultima puntualmente si espone con argomenti improponibili sotto qualsiasi aspetto umano. È una logica che ha distrutto la sinistra, e alla quale bisogna smettere di dare seguito, nonostante sia quella più produttiva in termini di attrazione per il pubblico.

Se proprio vogliamo costruire un ring, aspettiamo almeno di sapere i nomi di entrambi gli sfidanti, cerchiamo di capire se saranno due o più (non scordiamoci della triplice opposizione) e se effettivamente ci sarà uno scontro.




Image Copyright: AdnKronos

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