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  • Writer's pictureKoinè Journal

Cambiamento? Sarebbe ora...


di Luca Simone.


Premetto che credo ancora in Elly Schlein. Non ho ancora perso le speranze, la considero una donna forte e intelligente, e ha tutte le carte in regola per cambiare il Partito di cui è diventata segretaria lo scorso febbraio, riportandolo alle percentuali e all’importanza che gli compete. Non tanto per il partito stesso, ma per la sinistra tutta. Questo governo discutibile (per utilizzare una parola non passibile di querela), si sta permettendo di fare cose turche anche perché manca totalmente un’opposizione. PD e 5S sono infatti ancora divisi su troppi temi, il campo largo latita, e il Terzo Polo, beh è il Terzo Polo, mica ci si può aspettare che faccia politica, quella è roba per gente del mestiere. Oggi, però, è stato battuto il primo colpo (finalmente) dopo mesi e mesi di armocromie, dirette Instagram senza contraddittorio (non sto parlando della Meloni, il soggetto è sempre la Schlein), interviste col contagocce (e sempre rigorosamente concesse ad amici e simpatizzanti); è stato infatti nominato un nuovo vicecapogruppo alla Camera, Paolo Ciani. Cattolico, neppure iscritto al PD (sembra un requisito curricolare per poter avere un ruolo di rilievo nel nuovo partito, e non so neppure se sia sbagliato), fieramente pacifista, e contrario all’invio delle armi in Ucraina. Parafrasando il fascistissimo Concetto Pettinato, finalmente la Schlein ha battuto un colpo.


La nomina di Ciani spezza infatti la monotonia di un partito che, in politica estera, ha la stessa linea dei conservatori e dei nazionalisti: prono sostegno alla NATO e all’Ucraina. Ma chi ha votato Schlein, non voleva questo, voleva un cambio di rotta. Voleva sentir parlare, finalmente, di pace, e da un partito di sinistra, pensate un po’ che sognatori, che utopisti. Quindi bene che la neosegretaria abbia deciso di dare un minimo di dignità anche a quelle posizioni che fino a 24h fa erano tacciate di putinismo, come se criticare la strategia fallimentare finora adottata significasse parteggiare per un despota sanguinario. Eppure abbiamo sentito anche questa, eccome se l’abbiamo sentita. C’è un problema però: il primo “colpo”, o meglio “colpetto”, è arrivato dopo 4 mesi di segreteria scanditi dal nulla, se non dal disastro delle comunali, dove il PD si è presentato talmente male che la destra avrebbe potuto vincere anche candidando una sedia, e in certi casi lo ha anche fatto. Per carità, è pur sempre un risultato, un punto di inizio, ma che stavolta lo sia davvero, perché la pazienza non è infinita.


La Schlein, e in questo non posso che solidarizzare con lei, deve rendersi conto di essere segretaria di un partito che non la vuole, che fino al 26 febbraio nemmeno la riconosceva. Sarei curioso di sapere se chi ora si batte il petto per difenderla in televisione o sui giornali, fino a quella data si limitava anche solo a salutarla quando la incontrava in Parlamento. La Schlein è la segretaria del popolo degli elettori, non di quello degli iscritti, che infatti hanno votato Bonaccini. Qualcuno prima o poi ci spiegherà perché il PD è l’unico partito che decide di far eleggere il proprio segretario non agli iscritti ma agli elettori, in un estremo gesto di tafazzismo (l’ennesimo). Il problema che ora la povera Schlein si trova ad affrontare è dunque questo: come accontentare gli elettori utilizzando un partito che rema da tutt’altra parte rispetto alla linea dettata? Se poi a questo aggiungiamo che la linea dettata è pure contraddittoria e mezza vuota, abbiamo fatto tombola. Mi permetto di dare qualche suggerimento, da esservatore e analista esterno della materia, ma che mi sento di dare comunque. Carissima segretaria, ci provi a dare una spallata, ci provi a dare una linea un pochino più audace su alcuni temi, perché io sono abbastanza convinto che il sistema PD, che si regge da 15 anni, ed è a sua volta stato ereditato dal sistema PDS-PCI, non crollerà. Ci saranno delle fuoriuscite, certo, ma il PD sopravviverà. Una scissione l’abbiamo già vista, e ad andarsene era stato uno dei segretari più votati della storia non solo del partito, ma della sinistra, e ora si trova a cantarsela e suonarsela con un partitello che a stento gli votano i parenti. Secondo lei, se dovesse andarsene un De Luca o un Orlando, la situazione sarebbe davvero tanto diversa? Io credo di no. Va detto però, che finchè non si prova a dare una piccola sterzata, una risposta a questa domanda non l’avremo mai.


Il tempo stringe, non so per quanto riuscirò ancora a chiamare nei miei editoriali la Schlein “neosegretaria”, per adesso sono passati ancora quattro mesi, ma lo ripeto, quattro mesi di niente. L’unico acuto si è avuto oggi con la nomina di un pacifista ad una posizione di rilievo, sono francamente imbarazzato anche solo dal dover applaudire questo evento, essendosi verificato nel più grande partito di sinistra del Paese. E taccio per amor di patria sul voto al Parlamento europeo sull’utilizzo dei fondi del PNRR per le spese militari, sennò si apre un fronte difficilmente gestibile. Ribadisco, comunque, che la mia stima per Elly Schlein non è ancora venuta meno, così come la mia fiducia nel suo operato futuro, a patto che ci sia. Perché il più grande rischio che corre è quello di essere ricacciata da dove è arrivata senza nemmeno aver giocato la partita, una fine che ritengo sinceramente di non augurarle per nessun motivo. Spero sia in grado di ascoltare le critiche costruttive e di farne tesoro, perché di teste che annuiscono ce ne sono fin troppe, e gli sta andando bene questo immobilismo, io due domande me le farei.


Detto ciò è ora di passare dall’altro lato della barricata, dove c’è sempre da divertirsi. Partiamo dal fatto che la legge voluta proprio da FDI per controllare sotto pandemia le spese del governo Conte II sarà abolita per diminuire i controlli della Corte dei Conti sulle spese del PNRR? Spese che ad oggi neppure esistono dato che non sono in grado di presentare i progetti? Non dico di realizzarli, perché su quello hanno difficoltà anche nella ben più avanzata Germania, ma quantomeno di presentarli. Oppure preferite parlare dei cinque manigoldi in divisa che pestavano gli arrestati a Verona, e per i quali la Meloni o Salvini non hanno speso una singola parola? Sapete che vi dico, ho cambiato idea, non commenterò nessuno dei due fatti, perché è tutto meraviglioso così. Come la Cappella Sistina di Matteo Salvini, ah no scusate, quello è il Ponte sullo stretto, mi sono confuso.


Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchier in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!


E i bordelli ce li hanno pure chiusi.







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