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  • Writer's pictureKoinè Journal

Canta che ti passa


di Luca Simone.


Mercoledì è andato in scena il primo scontro formale, aperto, istituzionale tra la neosegretaria del PD Elly Schlein e la Presidente del Consiglio Meloni. Si è trattato dell’esordio come leader del suo partito per la prima, che ha deciso di dare battaglia all’esecutivo sul tema del salario minimo, non risparmiando una stoccata sulla recente bocciatura al Senato del regolamento UE in materia di diritti per i figli delle coppie omosessuali. Ma come se la sono cavata le due nuove valchirie della politica italiana? C’è stata una vincitrice?


La Schlein ha scelto di esordire portando sul campo il tema del salario minimo, nel tentativo di mettere in difficoltà la sua nemesi, ed è stata criticata da più parti per questa scelta. Molti infatti ricordano, giustamente, che il PD ha governato negli ultimi dieci anni e, in materia di salario minimo e diritti dei lavoratori ha fatto più danni della grandine (Renzi docet), ma io non sono d’accordo. Non sono qui a strimpellare un endorsement senza condizioni alla nuova segretaria Dem, ma sono abituato a dire ciò che penso, secondo me la scelta del tema con cui attaccare la Meloni è stata giusta, anzi mi spingo a dire giustissima.


La Premier è infatti stata messa nell’angolo dalla replica pronta della Schlein, che l’ha stanata quando questa ha provato a mantenersi allo stesso livello dialettico della criticante, lasciando emergere tutte le fragilità ideologiche, pratiche e sostanziali dell’attuale maggioranza. Meloni infatti, dopo aver tentato di spiegare, senza successo, perché si oppone alla definizione un salario minimo su modello di altri paesi europei, ha iniziato a perdere le staffe quando è stata incalzata, sciorinando la solita retorica leitmotiv di questo governo “governiamo da troppo poco, la colpa è di chi ci ha preceduto, non abbiamo gli occhi per piangere”. Al che le è stato fatto pacatamente (e in questo faccio i miei complimenti personali alla Schlein, perché attacca dialetticamente e non come se fosse ai mercati generali) notare che è finito da un po’ il tempo in cui FDI stava all’opposizione e poteva puntare il ditino su quello che facevano gli altri. Urgono risposte serie e sensate da dare ad un Paese che ha bisogno di chiarezza, e non scuse. E questo è il primo motivo per cui mi sento di dire che la scelta del salario minimo è stata una scelta giustissima, perché è servita a stanare su un nuovo argomento un governo politicamente invalido.


Il secondo motivo per cui, a mio avviso, si è trattata di una giusta scelta è da ricercarsi negli interventi successivi fatti dalle altre forze di opposizione. I 5S hanno infatti attaccato sul superbonus e i mutui, e +Europa ha invece incalzato di nuovo sulle responsabilità avute nella strage di Cutro e in quella della zona SAR libica. Inizia a notarsi uno spartito dell’opposizione.

Dal quale tengo volutamente escluso il duo Calenda-Renzi. Sono stati sollevati temi che non si sono sovrapposti tra loro, appartenenti ad una determinata area di riferimento politico, e hanno tutti concorso nel mettere alla berlina la Meloni e i suoi accoliti. In poche parole, mercoledì si è vista in scena un’opposizione degna di questo nome. Non attacchi alla spicciolata e cariche banzai suicide, ma un movimento organizzato, netto e coerente nel voler portare allo scoperto tutte le debolezze di una compagine che fino a nemmeno un mese fa appariva inscalfibile, e che ora invece mostra tutta la sua totale inadeguatezza. Le risposte che sono state date sono infatti state il trionfo del partenopeo “chiagni e fotti”, nel tentativo di scaricare il più possibile la colpa su qualcuno, il problema è che al governo ci sono loro. E sarebbe ora che dessero risposte serie. A vincere non è stata dunque la Schlein, almeno non da sola, ma l’opposizione che ha trovato in lei un volto finalmente rappresentativo e spendibile.


Ovviamente non è però tutto rosa e fiori, perché c’è un tema che mi preoccupa e che va gestito in maniera sapiente dalla neosegretaria e dalla sua nuova classe dirigente, ed è quello dell’invio delle armi. In settimana infatti la Schlein è stata incalzata da Conte che ha ribadito il suo “no” a nuovi pacchetti da inviare a Kiev, invocando una presa di posizione analoga da parte del PD. Presa di posizione che non è arrivata, nonostante le iniziali posizioni pacifiste della sua leader. È avvenuto uno spostamento marcato nel campo atlantico, che rischia di lasciare scontenta una parte non indifferente dell’elettorato, e dall’altra parte, un pacifismo troppo netto potrebbe portare ad una spaccatura all’interno del partito stesso, con tutti i vecchi capibastone fieramente schierati su posizioni filoamericane. Sarà un tema da seguire con attenzione, perché una grossa fetta delle fortune elettorali di questo sodalizio PD-5S passa da una sapiente gestione del problema. Attenzione.


Menzione d’onore poi al duetto canoro da tavola calda fatto dal duo Meloni-Salvini alla festa di compleanno di quest’ultimo, svoltosi appena dopo la conferenza stampa di Cutro che ha visto il governo essere messo con le spalle al muro per non aver saputo gestire nulla della situazione. A chi accusava la Meloni e i suoi ministri di poca empatia, beh avevate ragione. Se a poche ore da una conferenza stampa fatta nel luogo dove sono morti 80 poveracci, e ancora oggi si ripescano cadaveri decomposti, riesci ad andartene ad un compleanno a cantare Fabrizio De Andrè al Karaoke con Salvini, mentre vieni filmata da Nicola Porro e in un angolo c’è Sallusti che mangia una fetta di torta, hai un pelo sullo stomaco non indifferente.

Tra l'altro sono orgoglioso di sentirmi cancro della società perchè critico questa barbarie, ci tenevo a ricordarlo al direttore di Libero.


C'è un bel po' di apprensione a Palazzo Chigi, il tempo delle mele è finito.

Canta che ti passa.





Image Copyright: Francesco Ammendola

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