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  • Writer's pictureKoinè Journal

Caos calmo


di Luca Simone.


Per descrivere ciò che è successo in questa movimentata settimana, è stato necessario scomodare il capolavoro di Sandro Veronesi, da cui è stato tratto anche un bellissimo film interpretato da Nanni Moretti. Ma non c’è nulla di bello in quello di cui parleremo, e soprattutto ci sono ben pochi capolavori.


Il 25 aprile del governo Meloni si è lasciato parecchi strascichi, non che qualcuno avesse dei dubbi a riguardo, sia chiaro, ma non ci aspettavamo neppure di assistere allo shampoo in diretta nazionale elargito gentilmente dal Capo dello Stato alla Premier. Mattarella infatti ha tenuto un discorso infuocato in Piemonte, dove ha citato Piero Calamandrei, padre della nostra costituzione antifascista, citando un passo che sembra riferirsi direttamente a quel presidente del Senato così restio a dichiararsi lontano da certi ideali, e che era arrivato addirittura a negare l’antifascismo della carta costituzionale. Uno dei tanti deliri a cui ci ha abituato negli anni, ultimamente conditi dalla sgrammaticatura istituzionale che lo vede essere seconda carica dello Stato mentre parla a vanvera di bande musicali e turisti sudtirolesi delle SS. Il Presidente della Repubblica ha esordito con queste chiare parole: “Se volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione. È Piero Calamandrei che rivolge queste parole a un gruppo di giovani studenti, a Milano, nel 1955.” Il tutto mentre il caro La Russa era a Praga, a commemorare Jan Palach, noto italiano legato alla Resistenza. Nulla contro Palach, ci mancherebbe, figura chiave della lotta al regime sovietico, martire della resistenza civile cecoslovacca, ma qualcuno dovrebbe ancora spiegare cosa c’entri con la lotta partigiana contro i nazifascisti. C’è poco da dire, se non grazie presidente, ovviamente della Repubblica.


Dalla parte opposta dello schieramento invece la Sinistra si è compattata attorno alla sua attuale figura simbolo, ovvero Elly Schlein, che ha presenziato al corteo antifascista di Milano, al fianco di quel Majorino inspiegabilmente membro della sua nuova segreteria. La neosegretaria DEM si è presentata col fazzoletto rosso al collo e non ha esitato ad intonare canti partigiani e a cantare a favore di telecamera “Bella Ciao”. Bene, sull’antifascismo nulla da dire, la mobilitazione della piazza di sinistra ha risposto ancora una volta in maniera ottima, dimostrando la presenza di un popolo che si riconosce in un ideale forte, e che è pronto a difenderlo da chi cerca di gettarvi sopra una pericolosa nebbia antistorica. Il problema si verifica nella giornata di ieri.


Inizia infatti a comparire una strana intervista su Vogue, la prima concessa ad un giornale dal momento della sua elezione a febbraio, in cui il fazzoletto rosso dei partigiani lascia spazio al trench fatto a mano dal sarto consigliato dalla sua consulente d’immagine Enrica Chiccio, che si occupa tra le altre cose, non certo di PNRR, politiche del lavoro, salario minimo o immigrazione, ma di armocromia. Sì perché, se la neosegretaria non ha ancora espresso una chiara posizione su argomenti di carattere politico, economico o sociale, potete stare pur certi che i suoi capi di abbigliamento saranno sempre in perfetta armonia cromatica. A parte l’ironia veramente servita su un piatto d’argento (tipico del tafazzismo piddino), questo della Schlein appare un clamoroso autogol. Come si fa a passare nel giro di neppure 48h dalla piazza dei partigiani, quelli che hanno combattuto nel fango per la libertà della patria, agli ampi saloni dei sarti, che le prendono le misure per l’ultimo tailleur da indossare in segreteria nazionale? Qual è la vera Elly Schlein? È quella di Occupy PD, quella della piazza di Milano, quella di Cutro? O è quella che posa per Vogue vestita in toni caldi? Cara segretaria, con l’avvicinarsi del Primo Maggio, ci saremmo volentieri risparmiati la narrazione epica del suo guardaroba. Bastava tenersi certi racconti per sé, non richiedeva certo chissà quale difficoltà.


Una domanda, quella sull’identità della Schlein, che mi rendo conto essere provocatoria, perché si può essere benissimo appartenenti a due mondi, ma c’è da criticare ancora una volta la scelta comunicativa di un partito che, anche avendo cambiato segretario, risulta avere un tempismo pessimo nelle scelte di comunicazione e nel modo che ha di comunicarle. Sembra che tra i vari consulenti che Schlein ha scelto per rimpolpare la sua segreteria, la leader DEM si sia dimenticata di sceglierne qualcuno che le dica “ma siamo proprio sicuri di voler far uscire su Vogue la prima intervista?” e soprattutto “Ma davvero assieme al PNRR vogliamo parlare di armocromia?”. O la comunicazione del Partito Democratico cambia, oppure le urla sguaiate della Meloni, nonostante tutti i disastri del suo governo, rischiano di vincere ancora una volta, perché è troppo facile criticare la sinistra. Attenzione perché il Trend non è infinito. Alle europee si rischia grosso. Si rischia di partire col piede sbagliato.


Non che dall’altra parte della barricata la situazione sia migliore, perché se Atene piange, Sparta non ride. È notizia di ieri infatti, che il governo non sia neppure riuscito a farsi approvare il DEF, per la prima volta nella storia repubblicana (secondo le opposizioni). Un risultato invidiabile per l’esecutivo Meloni, che dopo aver praticamente annunciato di preferire buttare i soldi del PNRR per bocca del braccio destro della premier, il fido Crosetto, (“Prendiamo solo i soldi che ci servono”, certo come no, a Bruxelles c’è un bancomat non una Banca Centrale) ora incassa un altro clamoroso autogol. Sono 25 infatti i membri della maggioranza che si sono rifiutati di votare pur non risultando in missione; dai tabulati emerge che tra i voti mancanti vi fossero ben 5 membri di FDI, 9 di FI e addirittura 11 della Lega. Da Open to Meraviglia a Open to crisi di governo è un attimo, e stavolta non sarebbe neppure colpa della Santanchè.


Una settimana piuttosto movimentata, a tratti caotica, che lascia molti dubbi, su tanti fronti. Una cosa è certa, dovunque si guardi, che sia a destra o a sinistra, l’attuale panorama politico appare in caduta libera.


Ma almeno le nostre leader saranno vestite benissimo, perché se la Schlein ha il sarto personale, la Meloni ama servirsi da Armani.







Image Copyright: Getty Images

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