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Writer's pictureKoinè Journal

Chi andrebbe sostituito


di Valentina Ricci.


Iniziamo questo editoriale con chi non c’è più: il Terzo Polo. Dopo solo qualche giorno, che sono sembrati mesi, Matteo Renzi e Carlo Calenda hanno messo fine alla loro breve e poco promettente relazione. Poco promettente non perché non ci fossero le basi ideologiche e politiche per costruire un’alleanza o fondersi in un unico partito (talvolta a livello di idee sembravano più compatibili loro due rispetto a Meloni e Berlusconi), ma perché le loro indoli da prime donne non lo permettevano. D’altronde, ce l’hanno insegnato i nostri nonni che non bisogna mai mettere due galli nello stesso pollaio. E così un’alleanza nata per pura necessità è finita in un niente di fatto, ma vediamo perché.


Risale a mercoledì 12 aprile, dopo giorni di discussioni, un comitato tra i vertici di Azione e Italia Viva per definire le modalità di nascita del partito unico. In seguito a questa riunione non solo non si sono trovati gli accordi che sarebbero serviti, ma la discussione pare essersi bloccata su due punti: come dividersi le spese e se attuare lo scioglimento dei partiti prima o dopo la nomina del segretario. Per quanto riguarda il primo punto, Calenda chiedeva che il 70% del 2x1000 devoluto ai partiti venisse impiegato per le spese comuni, mentre Renzi, proprietario del fondo più cospicuo, si è dimostrato contrario, pretendendo una divisione delle spese al 50%. Per quanto riguarda la nomina del segretario, Renzi si è rifiutato di sciogliere IV prima di aver individuato il capo di partito, cosa che a Calenda non è andata giù. Aggiungiamo poi che Calenda ha chiesto a Renzi di eliminare la Leopolda: un colpo diretto allo smisurato ego dell’ex sindaco di Firenze, che è sembrato più una provocazione che una proposta politica. Ѐ seguita una serie di botte e risposte, con insulti più o meno velati, tra interviste sui giornali e tweet di replica, che non vale nemmeno la pena commentare tanto il livello del dibattito – se così può ancora essere chiamato – si è fatto basso e vuoto politicamente parlando. Sta di fatto che al culmine dell’escalation delle beccate tra i nostri due polli la decisione scaturita è stata quella di non portare a termine il progetto del partito unico, tra le lacrime degli elettori immaginari del Centro, ma il responsabile di tale decisione non è mai stato trovato.


Capire cosa possa succedere adesso non è semplice, l’unica cosa che si sa è che i due partiti hanno escluso la possibilità di correre nella stessa lista per le elezioni europee del 2024. Rimane l’incognita sulle amministrative di maggio.


Passiamo ora a fatti più recenti, anche se altrettanto avvilenti (perché a quanto pare è difficile che le cose migliorino andando avanti). È di ieri (mercoledì 19 aprile) la dichiarazione di Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, che sarebbe in atto in Italia una sostituzione etnica. Dichiarazioni di questo genere provenienti da quella specifica parte politica non sono una novità in Italia (già Salvini e Meloni negli anni passati avevano nominato la teoria per polemizzare sugli sbarchi dei migranti nel “Bel Paese”), ma questa in particolare arriva dopo il rapporto Istat sull’andamento demografico, e durante le discussioni e i voti parlamentari per trasformare in legge il cosiddetto decreto Cutro. Da una parte l’Istat ci ha avvisato del fatto che la popolazione in Italia è in forte diminuzione, e che il problema della natalità – così come tanti altri, vedi la crisi ambientale e idrica – è un problema reale, di quelli che meriterebbero lo stato d’emergenza. Dall’altra parte abbiamo uno stato d’emergenza (quello per gli sbarchi) che non ha motivo di esistere e per il quale si sta discutendo una legge inutile, se non dannosa.


In questo quadro il nostro ministro Lollobrigida ha scambiato la soluzione del problema della natalità (la regolarizzazione dei migranti arrivati irregolarmente) per un tentativo di sostituzione etnica, e, ciliegina sulla torta, si è giustificato dicendo di non essere razzista, bensì ignorante. Ci sembra un'ottima scusante, soprattutto per un ministro. È curioso come in modo totalmente parallelo, in questi stessi giorni, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si trovi in Polonia e Slovacchia per una visita di Stato in occasione del prossimo 25 aprile. E proprio nello stesso periodo in cui la classe politica italiana grida alla sostituzione etnica e agita emergenze inesistenti per coprire mancanze ben più gravi (si vedano i ritardi per la spesa dei fondi del Pnrr), il massimo esponente delle istituzioni italiane si sia recato ad Auschwitz per rinnovare la condanna dell’Italia contro uno dei più gravi eventi della storia.


Ebbene, forse l’On. Lollobrigida dovrebbe prendere esempio da chi ha molta più autorità – e autorevolezza – di lui, e forse è meglio che ripassi la storia, perché l’ignoranza sbandierata come giustificazione alle storture che dice è stata proprio uno dei motori sociali che ha permesso alla macchina di Auschwitz di nascere e di funzionare.






Image Copyright: Ministero dell’Agricoltura

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