top of page

Cosa si intende per "minaccia nucleare"?

  • Writer: Koinè Journal
    Koinè Journal
  • Jun 18
  • 6 min read

di Luca Simone.


Se ne sta tornando a parlare prepotentemente in queste ore, a causa dell’attacco sferrato dallo Stato Ebraico al regime degli Ayatollah, accusato di aver violato le disposizioni dell’agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) che proibivano lo sviluppo di una tecnologia nucleare a scopo bellico. La situazione regionale appare in rapido peggioramento, con gli USA che hanno mosso la USS Nimitz dallo stretto di Malacca in direzione di Ormuz, mentre in Europa e nelle basi statunitensi in Medio Oriente sono arrivati trentadue velivoli cisterna, sufficienti a rifornire una flotta aerea di circa un centinaio di velivoli da combattimento. Washington si prepara alla guerra, e Trump è pronto dopo appena sei mesi a rinnegare la sua retorica pacifista da campagna elettorale (in linea con la sua schizofrenia), mentre il mondo trattiene il fiato.


Ma facciamo un passo indietro, cosa significa parlare oggi di minaccia nucleare? Qual è il processo che gli Stati devono fare per accedere all’arma nucleare? In che modo agiscono le sanzioni?


Cosa si intende per “atomica”?


Per la sua capacità distruttiva l’arma nucleare è l’arma definitiva, non tanto per la potenza in sé, dato che nella Seconda Guerra Mondiale i bombardamenti incendiari in proporzione fecero molti più morti, ma per la sua capacità distruttiva e il suo portato psicologico. L’energia atomica, però, ha anche una rilevanza civile, viene infatti usata per la produzione di energia, ed è l’ONU ad avere il compito di vigilare sulla proliferazione e sulla limitazione della stessa a livello globale grazie ad istituzioni apposite e alla promozione di trattati multilaterali.


Il “club” nucleare (ovvero l’insieme di Paesi che posseggono l’energia atomica) ha tre dimensioni: chi possiede il nucleare civile, chi il nucleare militare e chi invece detiene entrambi per scopi sia civili che militari. I Paesi che hanno solamente l’arma nucleare sono Israele e Corea del Nord, mentre molti sono i paesi che invece detengono la tecnologia nucleare solo a scopi civili. Ad oggi sono solo Cina, Francia, India, Pakistan, Russia, UK e USA i paesi a detenere l’energia nucleare sia per scopi civili che militari.


L’Italia, in cui tanto si dibatte sterilmente sull’energia nucleare, non è un paese denuclearizzato. Essendo, infatti, parte della NATO ospita sul suo territorio testate nucleari (è il paese che ne ospita di più), e questo rende la nostra situazione ibrida, in quanto non accettiamo (per inutile partito preso) il nucleare civile ma siamo disposti ad ospitare centinaia di testate armate.

 

Che cos’è la bomba atomica?


L’arma nucleare moderna ha diverse declinazioni: esiste l’arma nucleare di tipo strategico (in possesso di pochi paesi, solo USA, Francia e Russia), ovvero montata su vettori a lunghissimo raggio, e usata in ottica di deterrenza (capacità di effettuare il “first strike”) ed equilibrio nucleare. Esiste poi l’arma nucleare a medio raggio (in Europa dal 1987 al 2020 questi vettori sono stati eliminati, il trattato è stato denunciato solo pochi anni fa da USA e Russia). L’ultima tipologia è l’arma nucleare tattica (questa sì ospitata in Europa) che ha un raggio estremamente limitato e serve per essere utilizzata in contesti tattici sul campo di battaglia. Un’ulteriore tipologia è la “bomba sporca”, che non è una vera e propria arma nucleare ma avrebbe effetti radioattivi duraturi nel tempo sull’area in cui verrebbe lanciata. Se ne parla in queste ore proprio perché l’Iran la potrebbe assemblare in poche settimane.


Dietro ai due giganti Russia e USA, vi sono altri attori in crescita come Cina, Francia e UK, seguiti da Pakistan, India, Israele e Corea del Nord che posseggono uno stock limitato. I due giganti si sono occupati di gestire i trattati che regolamentano lo schieramento sul campo delle armi, mentre gli accordi internazionali multilaterali si occupano di limitare non solo le armi dispiegate ma anche quelle in stoccaggio nel tentativo di limitare la proliferazione.

Possedere testate atomiche non è sufficiente alla reale difesa, perché sono necessarie risorse per la creazione e l’ammodernamento del proprio arsenale (uranio e plutonio sono materiali rarissimi da reperire in grandi quantità) nonché della necessità di costruire sistemi efficaci di trasporto, dispiegamento e lancio delle testate.

 

Perché serve così tanto tempo per sviluppare l’arma atomica?


Il primo problema è quello dell’approvvigionamento del materiale nucleare che deve essere arricchito al 90% (il materiale necessario alla produzione di energia civile deve essere fisso fino al 3%), è necessario perciò tempo e sforzo economico-politico per completare il processo. Questo tempo è utilizzato dalla diplomazia per cercare di impedire agli Stati che intendono dotarsi di armi atomiche di portare a termine i processi di arricchimento attivando tavoli di trattativa.


Oltre all’approvvigionamento e al trasporto è necessario un enorme “sistema-paese” che abbia le capacità per mantenere l’efficienza dell’apparato civile e militare. È necessario quindi coltivare e mantenere il know-how accompagnandolo con ingenti e continui investimenti in formazione e infrastrutture, proprio per questo l’arma nucleare in mano ad organizzazioni terroristiche internazionali solleva non poche perplessità tra gli esperti.


Il dispiegamento dei vettori si inquadra in tre categorie non casuali, e si definisce “triade strategica”. È infatti necessario diversificare i propri vettori di lancio per evitare la sovraesposizione dei siti di lancio alla risposta del nemico; si è pensato quindi a disperdere le testate nucleare per garantire una capacità di deterrenza sul lungo periodo. In tal modo si è dotata l’aeronautica di bombardieri strategici a lungo raggio, sono stati installati siti di lancio missilistici in silos protetti con la capacità di effettuare attacchi intercontinentali a lungo raggio e poi si è dotata la marina di questi vettori montati su sottomarini nucleari difficilmente rintracciabili e tracciabili (sono i più adatti a lanciare un attacco nucleare).

 

Come si può controllare la proliferazione nucleare?


Fin dalle prime fasi della Guerra Fredda si è cercato di limitare la diffusione dell’arma, cercando di lasciarla in controllo solo alle due grandi potenze a capo dei blocchi (USA-URSS). Per questo, già nell’inverno del 1953, il presidente Eisenhower pronunciò un discorso che Voleva fin da subito scongiurare la possibilità di una incontrollata proliferazione che avrebbe potuto portare ad un olocausto nucleare.


Il discorso atoms for peace si basava su due elementi: il primo era che le ricerche nucleari civili e militari passassero da segrete a pubbliche, diventando materia di scambio e di controllo tra gli attori internazionali, aumentando il dialogo e la trasparenza, eliminando il velo di segretezza che rendeva il rischio incontrollato. Il secondo principio prevedeva, invece, l’istituzione di un regime di ispezioni internazionali per impedire che la corsa al nucleare portasse ad una proliferazione della tecnologia militare. A tale scopo venne creato un organismo internazionale, ovvero l’IAEA, agenzia dipendente dell’ONU. Questa agenzia, di fatto, è uno strumento che il Consiglio di Sicurezza e l’Assemblea Generale possono invocare per richiedere il rispetto delle norme da loro prescritte. L’IAEA è dunque il principale strumento in mano all’ONU per la gestione del problema nucleare.

 

Quali sono i trattati di regolamentazione ad oggi?


Esistono una serie di accordi firmati all’indomani di gravi crisi che hanno rischiato di precipitare in una guerra nucleare. USA e URSS si sono convinte della necessità di creare un sistema più vincolante rispetto al solo controllo dell’IAEA facendosi garanti di un sistema di equilibrio e controllo dello strumento nucleare militare.


Il primo trattato, seguito alla crisi di Cuba, venne firmato nel 1963 tra URSS, USA e UK (la Francia e la Cina si doteranno di lì a poco dello strumento); nel 1968 invece venne firmato il “trattato di Non proliferazione, che entrò ufficialmente in vigore nel 1970, ma senza la firma di India, Israele e Pakistan. L’accordo si proponeva di promuovere il disarmo, la non proliferazione e lo sviluppo di energia nucleare civile e non militare, con l’impegno da parte dei Paesi con il nucleare militare di rinunciare a diffondere le conoscenze necessarie allo sviluppo di armi nucleari. Il secondo punto invece vedeva gli stati firmatari che non possedevano ancora il nucleare impegnarsi a non intraprendere il percorso verso il nucleare militare.


Nel 1996 si propose un trattato per il bando totale di tutti gli esperimenti nucleari che, però, non entrò mai davvero in vigore nonostante i numerosi firmatari. Nel 2017 si è cercato di andare anche oltre alla limitazione, con diversi stati che in GA si sono fatti promotori di un trattato che vorrebbe eliminare completamente lo strumento nucleare, e il trattato è entrato effettivamente in vigore (erano necessari 50 firmatari che ratificassero), ma è vincolante solo per i firmatari e non per chi è esterno e non ha firmato. Tutte le potenze nucleari non hanno firmato il trattato, compresi molti Paesi della NATO che è essa stessa un’alleanza nucleare che basa la sua capacità di deterrenza e credibilità sul possesso di testate nucleari armate.

 

Il problema Iraniano


Uno dei problemi internazionali più spinosi è quello del nucleare iraniano, che secondo le agenzie sarebbe giunto all’85% del livello di arricchimento, essendo dunque vicino a raggiungere le percentuali necessarie per l’utilizzo militare. L’Iran non ha solo la capacità di garantirsi l’arma nucleare, ma possiede già una capacità missilistica notevole in funzione di deterrenza, possedendo vettori in grado di raggiungere l’Europa, la Cina e ovviamente le zone limitrofe del Medio Oriente in cui sono schierate flotte e basi militari americane. L’arma del Consiglio di Sicurezza verso uno Stato che non ottempera ai propri obblighi internazionali è quella delle sanzioni ma, in caso di continua inadempienza è possibile secondo il capitolo 7 anche optare per l’intervento militare, come avvenuto nel 2002-2003 nel caso delle armi chimiche di Saddam, che videro gli USA invocare un intervento che poi non venne appoggiato dal SC e li costrinse ad agire unilateralmente. Oggi, questa eventualità, pur non avallata dall’ONU, è tristemente vicina.

Comments


bottom of page