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  • Writer's pictureKoinè Journal

Davvero Lollobrigida è il problema?


di Luca Simone.


Lungi dal difendere l’operato del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, cognato della Premier, che nella giornata di mercoledì è finito al centro di una polemica molto dura dopo la vicenda del Frecciarossa, urge però porsi una questione fondamentale, e cioè se questo sia o meno un reale problema per il Paese, e se sia altresì opportuno monopolizzare il discorso pubblico con la narrazione delle sue bravate (peraltro endemiche dato che voci di corridoio dipingono una premier profondamente seccata dai continui scivoloni del suo amato cognato e pronta a silurarlo in direzione Bruxelles). La domanda è ovviamente retorica, e la risposta è chiaramente no. Il ministro ha ovviamente mostrato non solo di non possedere alcuna cognizione del ruolo istituzionale che ricopre, ma anche di essere totalmente digiuno delle più basilari regole della convivenza civile, mettendo in mostra un comportamento “castaiolo” che mal si addice alla sua stessa retorica di uomo del popolo. Verrebbe da chiedergli infatti se sia a conoscenza del fatto che nessun comune mortale ha la facoltà di far fermare a suo piacimento un treno ad alta velocità solo perché non ha voglia di affrontare un ritardo. Purtroppo, però, per quanto sarebbe bello e divertente, il Paese non può e non deve soffermarsi troppo sulle sgrammaticature macchiettistiche del ministro.


Questa settimana, infatti, per la precisione martedì, è arrivato il tanto atteso giudizio della Commissione Europea sulla legge di bilancio, un giudizio che avrebbe potuto mettere seriamente nei guai il governo Meloni, se sommato poi a quello dell’agenzia Moodys a proposito dello stato di salute dell’economia italiana e dei suoi titoli di Stato. Il documento programmatico, è stato promosso a fatica da Bruxelles, che lo ha definito “non pienamente in linea”, ma non ha calcato troppo la mano, dato che nessuno ha intenzione di cercarsi il freddo nel letto (tantomeno l’Europa), decidendo di evitare a Roma la bocciatura completa. Nonostante i festeggiamenti della maggioranza, dei quotidiani allineati e delle trasmissioni e dei tg amici, però, la legge di bilancio non è stato affatto apprezzata dall’Europa, che ha deciso di promuoverla per il rotto della cuffia, più per evitare scandali diplomatici e per prevenire un distacco dell’Italia in un momento internazionale particolarmente teso, che per reale volontà di premiare la manovra. Il Commissario europeo Paolo Gentiloni (in passato duramente attaccato dalla Premier) ha infatti immediatamente minacciato la possibile apertura di una procedura di infrazione in primavera, turbando i sonni meloniani, a dispetto dei suoi proclami pubblici. La Commissione rileva che il Paese “ha fatto progressi limitati” e ha espresso viva preoccupazione per il mancato utilizzo dei fondi del PNRR, che giacciono inutilizzati per mancanza di progettualità e competenze, mettendo pericolosamente a rischio il futuro del Paese.


Preoccupante in questi mesi è stato il silenzio delle opposizioni, che sembrano essere tornate alla tattica della “finta morte”, utilizzata dagli Opossum per sfuggire ai predatori. Dopo un’estate sostanzialmente vivace caratterizzata da una serie di iniziative (poi poste in criogenesi), la stasi è tornata ad essere la strategia identificata per tentare di far male all’attuale maggioranza di governo, la quale, va detto, appare perfettamente in grado di danneggiarsi anche senza l’aiuto dei propri avversari politici. A parte gli scherzi, però, la mancanza totale di coordinazione nei programmi, l’assenza di una linea comune di attacco ai provvedimenti del governo, il malcelato astio tra Conte e Schlein e la difficoltà nell’erodere consenso rimangono problemi tutt’altro che secondari, e gettano una luce preoccupante sull’operato dell’opposizione. I Cinque Stelle appaiono paralizzati dai colpi inferti alla Meloni ai loro provvedimenti bandiera (superbonus e reddito di cittadinanza), e sono disinteressati rispetto alle imminenti elezioni europee, competizione che non li ha mai visti brillare; il PD invece, sotto l’insipida guida Schlein deve ancora comprendere quale linea presentare per controbattere alle manovre del governo, con il risultato di una totale stasi delle percentuali nei sondaggi che, anzi, vanno viste anche al ribasso. La distanza tra il Partito Democratico e FDI rimane ancora ferma a ben 10 punti, e l’euforia che a febbraio aveva accompagnato l’ascesa della Schlein pare essersi già rapidamente esaurita a causa del nulla cosmico di questi mesi.


Alla luce di questa situazione dunque, con un prospetto economico lacrimante, una classe dirigente inadeguata, un’opposizione litigiosa e inconcludente e centinaia di piazze d’Italia che ribollono per protestare contro le manovre anti-lavoratori (come nel caso della manifestazione di venerdì scorso a Roma, ne abbiamo parlato qui) e contro la violenza di genere che è divenuta ormai a tutti gli effetti una piaga culturale e sociale, davvero è necessario occuparsi di Lollobrigida? Le dimissioni sono state chieste, non verranno presentate, è ora di smetterla di giocare e occuparsi di cose serie.

 

 

 

Image Copyright: LaPresse

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