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Writer's pictureKoinè Journal

DDL Nordio: Benvenuta giustizia di classe

Updated: Feb 16


di Christian De Luna e Luca Simone.


Il disegno di legge proposto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio di Fratelli d’Italia e dal quale prende il nome, è stato approvato dal Senato con 104 sì e 56 no. Salta all’occhio la posizione di Italia Viva e Azione che si schierano con la maggioranza votando a favore, non una novità per le due forze di opposizione apparente, pronte a fare da stampella alla maggioranza ogni qual volta serva.


Il primo step è superato, ora la riforma dovrà passare l’esame di Montecitorio per poi raggiungere l’approvazione definitiva.


Ma intanto, dopo mesi di discussioni, toni accesi, ostruzionismi e scontri, oltre alla moral suasion del Presidente Mattarella, arriva il primo via libera per una riforma tanto voluta dall’area liberale della coalizione (e non solo) che inizia a far discutere.

Cosa cambia con la riforma? Vediamo alcuni aspetti:


- Il Ddl abroga il delitto di abuso d’ufficio, disciplinato dall’art. 323 del codice penale, il pubblico ufficiale che commette illeciti nell’esercizio delle proprie funzioni, coinvolgendo non solo pubblici funzionari ma anche sindaci e amministratori locali.


- Modifica alla disciplina delle intercettazioni con l’obiettivo di rafforzare la tutela della persona terza ed estranea al procedimento. Si vieta la pubblicazione del contenuto dell’intercettazione ogni qualvolta non sia riprodotto dal giudice nella motivazione e si esclude il rilascio di copie delle intercettazioni a soggetti diversi dalle parti ovvero dai difensori.


- Misure cautelari: vengono introdotti l’interrogatorio preventivo della persona sottoposta a indagini preliminari rispetto ad una eventuale inflizione di misura cautelare e la decisione collegiale per le ordinanze che applicano custodia in carcere durante le indagini preliminari. Viene esclusa la facoltà del PM di proporre appello avverso le sentenze di assoluzione per i reati di “contenuta gravità” – di cui all’articolo 550 commi 1 e 2 del c.p.p..


Come per ogni riforma, nel nostro Paese, iniziano a schierarsi due blocchi contrapposti fra loro. In rivolta il mondo del giornalismo, che avverte sui possibili rischi al diritto di informazione dei cittadini, i quali non potrebbero più ricevere notizie accurate sui procedimenti penali dei politici, e dovrebbero limitarsi a leggere rielaborazioni fatte autonomamente dai giornalisti stessi. In buona sostanza, basta trascrizioni precise dei capi d’accusa, e l’ora della descrizione mitopoietica degli stessi tramite l’esercizio stilistico della parafrasi.  


La cancellazione del potere del PM di impugnare le sentenze di cui sopra era stata già prevista dalla L.46/2006 dell’allora governo Berlusconi – c.d. legge Pecorella – che si scontrò, tuttavia, con la Corte Costituzionale, vedendosi dichiarare illegittimo l’articolo 1 della legge stessa proprio nella parte in cui si escludeva che il pubblico ministero potesse proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento.


Il reato  di abuso d’ufficio viene criticato da svariati sindaci e amministratori locali come mezzo che spesso induce a evitare l’assunzione di responsabilità decisionali anche su provvedimenti ordinari o banali per il solo timore di incorrere in procedimenti penali. Si tratta della cosiddetta “paura della firma”, un fenomeno presente nel sistema della pubblica amministrazione che ostacolerebbe il normale agire di chi “gestisce” la cosa pubblica. Problema che, in realtà, come spesso accade è molto più apparente che reale. Ogni amministrazione ha infatti appositi uffici legali delegati all’analisi dei documenti e, come se non bastasse, a questi uffici si aggiunge anche quello tecnico del prefetto che svolge un’ulteriore funzione di consulenza per gli amministratori a cui tremano le mani al momento della firma. Dunque, piuttosto che abolire la possibilità per i mascalzoni di essere perseguiti, non sarebbe stato più facile indicare ai sindaci la via da percorrere verso i propri uffici tecnici? Bastava un cartello, mica una legge.


Dunque secondo alcuni analisti e giuristi si spianerebbe la strada a chi, a differenza dei buoni amministratori locali, punta a sfruttare la pubblica amministrazione per fini illeciti. E ancora, il rischio, secondo i contrari, è quello di incostituzionalità per contrasto con le previsioni dei trattati internazionali e in particolare con la convenzione Onu di Merida.


Diverse aree e correnti della magistratura, anche di destra, hanno manifestato più di qualche perplessità. Alcuni esponenti affermano che è evidente una disparità di trattamento tra gli imputati, come se ci fosse un garantismo di serie a e di serie b, un garantismo a tutela dei più forti e uno, quello pezzotto, a tutela dei normali cittadini.

Salvatore Casciaro (segretario Associazione Nazionale Magistrati) afferma:

«C’è un segmento di questa norma che impone agli amministratori di astenersi quando c’è un interesse proprio o di un prossimo congiunto. Ditemi che senso ha sopprimere anche questa porzione della norma nell’ottica di attenuare la paura della firma».


Persino la leghista Giulia Bongiorno (non proprio una toga rossa), che è la relatrice del testo, esprime preoccupazioni sostenendo che cancellare il reato non è sufficiente per evitare che un procedimento si apra e si rischia che le procure diano interpretazioni estensive di altri reati contro la pubblica amministrazione per ovviare la mancanza del reato. L’avvocato Bongiorno non è un caso isolato visto il lungo braccio di ferro avvenuto in Consiglio dei Ministri prima del raggiungimento di un compromesso interno alla maggioranza. Nordio ha rassicurato gli scettici della Lega garantendo loro una riforma più ampia che preveda la revisione di tutti i reati contro la Pubblica Amministrazione.


Dall’opposizione si fa sentire l’ex premier e avvocato Giuseppe Conte: 

Abbiamo visto che procedono spediti per abolire l’abuso d’ufficio, il che significa che sarà d’ora in poi possibile qualsiasi forma di abuso di potere, quindi ben vengano raccomandazioni e favoritismi. E abbiamo visto anche che marciano spediti per quanto riguarda le intercettazioni, il che significa che si spuntano strumenti fondamentali di investigazione per la magistratura, e completando con la legge bavaglio impediscono alla stampa di informare i cittadini sui procedimenti in corso”.


L’altra forza politica d’opposizione, il Partito Democratico, ha votato contro il disegno di legge nonostante gli amministratori locali Dem si siano da sempre dichiarati favorevoli, creando una spaccatura (l’ennesima) che la segretaria Schlein non è riuscita a sistemare (e non è una novità). Il sindaco di Bari Antonio Decaro, in forza PD nonché presidente nazionale Anci – associazione dei Comuni ha dichiarato:

«Il Pd è contrario ma io non ne faccio una questione ideologica, né in questo caso rispondo al partito del quale ho la tessera. Sono il rappresentante dei sindaci e per tanti la vita è stata distrutta dagli avvisi di garanzia e non solo dal punto di vista politico, ma soprattutto a livello privato, familiare, della reputazione. E spesso per motivi incredibili, il sindaco viene accusato di ogni cosa che succede nel suo Comune. Viene indagato soltanto perché è sindaco, come se ci fosse una sorta di reato di ruolo».

Dunque, anche in questo caso, non è chiaro quale sia la posizione del PD e della sua segretaria che, per non sbagliare, sceglie la via del silenzio, quella preferita sui temi politici dirimenti.


Insomma, dopo la riforma del premierato ne è in arrivo un’altra che sta molto a cuore al Governo Meloni. Pure in questa circostanza si sente “profumo” di intervento della Corte Costituzionale che con molta probabilità avrà parecchio su cui lavorare e potrebbe essere costretta a giudicare ben due riforme partorite dall’esecutivo, probabilmente una peggio dell’altra stando ai risultati attuali che non lasciano sicuramente ben sperare, dopo ormai quasi due anni di delusioni in materia di professionalità riformistica. A questo problema si aggiunge con ogni probabilità anche quello dell’Europa, profondamente contraria ad un restringimento della perseguibilità del reato di abuso d’ufficio, una misura contraria alla politica legislativa comunitaria.


La Corte, dunque, giudicherà sapendo che in caso di approvazione della legge, questa sarà cassata dalla Corte Europea, e in caso di rifiuto, verrà accusata di ospitare un covo di pericolosi rivoluzionari stalinisti al proprio interno. Non vediamo l’ora di scoprire quale sarà il titolo vittimistico di Libero se questa riforma dovesse essere cassata, così come non vediamo l’ora di sapere quale sarà il potere forte accusato dalla Meloni di remare contro il suo governo illuminato composto da menti eccelse come Sgarbi. Ah no, lui no, non più. Peccato.





Image Copyright: ANSA

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