Decostruire il binarismo di genere
- Koinè Journal
- Apr 11
- 8 min read

di Denise Capriotti.
TRUMP E LA PAURA DEL GENDER
Washington, 20 gennaio 2025 – Un annuncio che segna un cambiamento significativo nelle politiche federali degli Stati Uniti: con il suo discorso di insediamento, il presidente Donald Trump ha dichiarato che la politica ufficiale del governo statunitense riconoscerà esclusivamente due generi, maschile e femminile.
In uno dei suoi numerosi ordini esecutivi, Trump ha precisato che le donne saranno coloro a cui viene assegnato il sesso femminile alla nascita e gli uomini coloro a cui verrà assegnato il sesso maschile. Una distinzione, quella tra i due sessi, che, secondo il nuovo corso, "non è modificabile".
La nuova definizione, in linea con l'orientamento del presidente, dovrà essere applicata rigorosamente dalle agenzie federali, che avranno l’obbligo di assicurarsi che i fondi pubblici non vengano utilizzati per sostenere o promuovere "l'ideologia gender". Inoltre, tutte le linee guida e i documenti che non rispetteranno questa visione dovranno essere ritirati.
L’ordine esecutivo non si limita a questa definizione, con una serie di nuove disposizioni Trump ha annunciato anche una serie di misure volte a limitare i diritti delle persone transgender, ripristinando politiche già adottate durante il suo primo mandato. Tra queste, la decisione di escludere le persone transgender dal servizio militare, in un atto che replica il divieto del 2017, poi annullato dalla presidenza Biden nel 2021.
Per quanto riguarda i passaporti, coloro che possiedono un documento con la designazione di genere "X", introdotto nel 2021 per identificare le persone non binarie, potranno continuare ad utilizzarlo fino alla scadenza. Tuttavia, al momento del rinnovo, dovranno adeguarsi alla nuova politica, riportando esclusivamente il sesso biologico, senza fare riferimento all'identità di genere.
Un altro provvedimento rilevante riguarda lo sport: la partecipazione delle atlete transgender nelle competizioni femminili sarà severamente limitata, con l’obiettivo di garantire che solo le donne biologiche possano competere nelle categorie femminili.
Un ordine esecutivo stabilisce il divieto di inserire donne trans in prigioni o rifugi destinati esclusivamente alle donne, a prescindere dalla loro identità di genere. Nessun fondo federale, infine, potrà essere destinato a procedure mediche, trattamenti o farmaci finalizzati a conformare l'aspetto fisico di un detenuto a quello di un altro genere.
Trump ha anche preso posizione in merito alle cure di affermazione di genere per i minorenni. Un terzo ordine esecutivo limita le procedure di transizione per coloro che hanno meno di 19 anni, restringendo l'accesso a trattamenti medici specifici.
Questa serie di provvedimenti riflette il proposito della nuova amministrazione di tornare a una visione tradizionale dei generi, suscitando già accesi dibattiti tra sostenitori e critici delle politiche inclusive.
L'ACLU (American Civil Liberties Union), che fornisce assistenza legale in difesa dei diritti civili, ha preso una posizione netta. Secondo l’organizzazione, la decisione di Trump non si basa su "motivazioni scientifiche o su buon senso, ma su pregiudizi e odio". L'ACLU ha inoltre affermato che "le persone transgender sono sempre state qui e lo saranno sempre", nonostante le politiche del presidente.
COSA DICE LA SCIENZA?
La differenza tra sesso e genere è ormai una distinzione ben consolidata, non solo nel mondo sociale e politico, ma anche in quello scientifico.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – da cui gli Stati Uniti sono recentemente usciti per volere del presidente Trump, come indicato da un ordine esecutivo – fornisce una spiegazione precisa di questa differenza. Secondo l'OMS, il "genere" è un costrutto sociale che si riferisce ai ruoli, comportamenti e attributi che una società considera appropriati per uomini e donne. Il "sesso", al contrario, riguarda le caratteristiche biologiche, sessuali e cromosomiche di una persona. A queste definizioni si aggiunge l'"identità di genere", che è l'esperienza intima e personale del proprio genere, che può o meno corrispondere al sesso assegnato alla nascita.
Oltre a queste distinzioni, anche il concetto di "sesso" è meno binario di quanto comunemente si pensi. Esistono, infatti, persone intersex, le cui caratteristiche sessuali non rientrano nelle tradizionali categorie maschile o femminile. L'OMS stima che circa 1 su 2.000 nati vivano con una condizione intersessuale evidente al momento della nascita, ma il numero potrebbe essere molto più alto se si considerano vari tipi di condizioni intersessuali meno visibili.
A complicare ulteriormente il discorso è il caso recente della pugile algerina Imane Khelif, accusata di violare le regole delle Olimpiadi del 2024. Khelif è stata oggetto di attacchi da parte di politici italiani come Andrea Abodi, ministro dello Sport, e Eugenia Roccella, ministra della Famiglia, che hanno erroneamente etichettato la pugile come una donna trans, diffondendo la falsa notizia che fosse stata assegnata al sesso maschile alla nascita e avesse poi completato una transizione.
Tuttavia, una condizione come quella di Khelif, che ha caratteristiche fisiche prevalentemente femminili, ma possiede anche cromosomi XY o livelli di testosterone più alti, non è necessariamente un segno di transizione, ma potrebbe essere ricondotta all'intersessualità. In questi casi, le caratteristiche biologiche sfuggono al tradizionale binarismo di genere, rendendo difficile applicare rigide categorie maschile-femminile, soprattutto nelle competizioni sportive.
Questo solleva un problema complesso: la divisione delle competizioni in base al sesso biologico, sebbene ben radicata nelle pratiche sportive, non tiene conto della varietà delle caratteristiche biologiche umane. La questione della "correttezza" nelle gare va affrontata con attenzione, studiando soluzioni che possano limitare le disparità ingiuste senza ricorrere a discriminazioni o pratiche violente. La divisione tra categorie maschile e femminile, pur necessaria per motivi pratici, non rispecchia la pluralità dei corpi e delle identità, e non può essere ridotta a uno schema rigido.
Se l’obiettivo fosse semplicemente riaffermare il binomio sessuale di "pene significa uomo, vagina significa donna", bisognerebbe innanzitutto verificare i fatti e considerare la complessità della biologia umana. A volte, la verità non si adatta facilmente agli schemi preesistenti, e la questione non può essere banalizzata né affrontata con pregiudizi.
IL PERCORSO DI TRANSIZIONE IN ITALIA
In Italia il processo per la transizione di genere è regolato da un percorso articolato e complesso.
Questo iter, che ha visto modifiche significative negli ultimi anni, diventa un punto di riflessione anche rispetto alla discussione sul binarismo di genere e la fluidità dell’identità di genere, tema centrale nel dibattito pubblico attuale, come quello sollevato dalla recente politica del presidente Trump negli Stati Uniti.
Il primo passaggio necessario nel percorso italiano è il trattamento psicologico o psichiatrico. Questo step mira a ottenere una diagnosi di disforia di genere, che certifica la discordanza tra l'identità di genere e il sesso assegnato alla nascita. È un percorso che, sebbene possa sembrare limitante per chi vive questa esperienza, serve a confermare la consapevolezza del cambiamento che la persona intende intraprendere.
Il secondo step prevede un intervento endocrinologico, dove il medico prescrive una terapia ormonale. Le persone transgender che intraprendono una transizione MtF (da maschio a femmina) riceveranno una terapia ormonale femminilizzante, mentre chi intraprende una transizione FtM (da femmina a maschio) riceverà una terapia ormonalizzante mascolinizzante. Questo passo segna un momento fondamentale del percorso, poiché le modificazioni fisiche indotte dagli ormoni contribuiscono a un allineamento tra l'aspetto corporeo e l'identità di genere, spesso percepita come una delle componenti più rilevanti del cambiamento.
Il terzo passaggio è quello legale. Una volta completati i due passaggi precedenti, la persona può presentare una domanda al tribunale per ottenere la rettificazione del sesso e del nome nei documenti ufficiali. Questo processo è cruciale per il riconoscimento legale del cambiamento di sesso, ma non è immediato, poiché richiede una sentenza che confermi la decisione. A causa di discriminazioni e pregiudizi capita spesso che ci si imbatta in resistenze da parte degli enti pubblici come il Comune, la Questura o l’Anagrafe, e per questo il tempo di attesa potrebbe aumentare di mesi o addirittura anni.
Infine, il quarto passaggio, che è facoltativo, riguarda le operazioni chirurgiche. Nonostante non sia necessario chiedere l’approvazione a un giudice, è importante ricordare che l’accesso agli interventi può avvenire solo se i documenti sono stati rettificati.
In passato, sottoporsi agli interventi chirurgici era una condizione necessaria per il cambio di sesso legale, ma da qualche anno a questa parte non è più obbligatorio.
Questo cambiamento riflette una presa di consapevolezza del fatto che l'identità di genere non può essere ridotta esclusivamente ai caratteri fisici, e che la componente psicologica e sociale ha un peso fondamentale nel riconoscimento della propria identità.
Questa evoluzione legislativa risponde anche a una comprensione scientifica sempre più sfumata delle questioni legate al sesso e al genere.
La discussione sull’identità di genere non riguarda solo le persone trans, ma coinvolge tutti, in quanto mette in luce le contraddizioni e le rigidità di un sistema che, ancora oggi, tende a etichettare e a limitare l’esperienza umana a categorie fisse e predefinite.
Se da un lato le politiche come quella del presidente Trump sembrano voler riaffermare un ordine binario e normativo, dall’altro è bene riconoscere la complessità del corpo umano e della molteplicità delle esperienze di genere.
DAL FEMMINISMO AL TRANSFEMMINISMO
Fin dagli albori della riflessione sulla sottomissione femminile, quando la figura protofemminista di Mary Wollstonecraft definiva la principale barriera all’emancipazione femminile l'esclusione delle donne dall'accesso alla conoscenza, si era già intuito che l’educazione rappresentava il cuore pulsante di qualsiasi possibile cambiamento sociale. La consapevolezza che solo attraverso l'acquisizione del sapere le donne avrebbero potuto affrancarsi dai vincoli di subordinazione ha ispirato le prime voci femministe, eppure la lotta per l'accesso alla cultura non ha smesso di essere centrale, ancora oggi, nel dibattito femminista.
Con l'avvento della "seconda ondata" del femminismo, a partire dagli anni Settanta, la questione educativa diventa una delle tematiche centrali del movimento. In Europa e negli Stati Uniti, si moltiplicano i tentativi di rinnovare l'approccio all'istruzione, come la creazione di scuole antiautoritarie e libertarie, luoghi dove le donne possono sviluppare una consapevolezza critica rispetto ai modelli tradizionali di genere. Le teorie che vanno da Lea Melandri a Bell Hooks non fanno che rafforzare l'idea che un’educazione che non decostruisce i paradigmi patriarcali e biologisti sia un sistema che riproduce in continuazione la subordinazione delle donne.
Senza una riflessione profonda sull’impostazione naturalistica delle "questioni di genere", si rischia di non riuscire a contestualizzare e comprendere il potere delle norme sociali e culturali che strutturano il nostro pensiero e comportamento. Quelle categorie che separano rigidamente donne, uomini e soggettività LGBTIQ+ sono ormai inadeguate, e a testimoniarlo sono le esperienze concrete di chi, quotidianamente, vive ai margini di queste definizioni rigide e preconfezionate. La realtà ci dice che le identità non sono statiche né fisse, ma in continua evoluzione, e per questo dobbiamo mettere in discussione le definizioni tradizionali di sesso e genere.
In questo contesto, il transfemminismo offre una possibilità di liberazione collettiva, un’opportunità per tutti gli esseri umani, non solo per le donne, di costruire una soggettività che non sia più costretta a seguire i canoni imposti da un sistema patriarcale che soffoca ogni forma di libertà.
La lotta transfemminista, nel suo appello all’autodeterminazione, apre spazi per trasformare radicalmente le relazioni di potere che, fino ad oggi, hanno fatto delle differenze sessuali una gerarchia rigidamente stabilita.
La vera sfida è quella di smantellare il modello eteronormativo patriarcale, che non solo opprime le donne ma incastra persino il "maschio bianco eterosessuale" nella figura stereotipata del soggetto dominatore.
Per fare ciò, è urgente un cambiamento radicale nell'educazione, che metta al centro il disvelamento dei meccanismi di potere che si nascondono dietro il paradigma di genere tradizionale. Un paradigma che, facendo passare per naturali quelle differenze che sono in realtà costruite socioculturalmente, perpetua disuguaglianze e discriminazioni.
L’adozione di nuovi approcci, come le grammatiche delle differenze, l’intersezionalità e il transfemminismo, sono fondamentali per avviare una vera rivoluzione culturale, che non riguardi solo le giovani generazioni, ma l’intera società.
Solo attraverso un’educazione critica, che insegni a mettere in discussione i pregiudizi e le strutture di potere esistenti, sarà possibile trasformare le relazioni interpersonali e consentire la creazione di vite libere dalla violenza. Una società che si fonda sull’autodeterminazione e sull’uguaglianza non è un’utopia, ma una possibilità concreta che possiamo costruire solo abbattendo i muri di un patriarcato ormai obsoleto, che ha fatto del binarismo di genere il suo strumento di controllo. Solo così, finalmente, potremo vivere in un mondo dove ciascuna e ciascuno possa esistere e crescere senza sentirsi stretto in una gabbia.
Bibliografia:
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