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Writer's pictureKoinè Journal

Guterres Hostis Publicus


di Caterina Amaolo.


In un mondo fuori controllo sembra essere saltata ogni possibilità di un umano criterio di giudizio.


Una serie di virgolettati sui giornali ha, peraltro, contribuito a generare un’ondata di interpretazioni critiche decontestualizzate, che hanno quasi esposto il Segretario Generale dell’ONU, ad una gogna mediatica che travisa ogni intenzione.

Per quanto non esista alcuna ragione che possa giustificare gli improvvisi attacchi di Hamas ad Israele del 7 ottobre, afferma Guterres, “è importante riconoscere che [Hamas] non sono venuti dal nulla, i palestinesi sono soggetti da 56 anni ad una soffocante occupazione”. Sono queste le parole oggetto dell’indignatio pubblica che toglie alla storia e al libero arbitrio ogni libertà di giudizio.


Le parole del segretario generale della Nazioni Unite hanno scatenato un’immediata reazione da Israele con l’ambasciatore all’Onu, Gilad Erdan, che ha chiesto le dimissioni di Guterres con un post sul social X. “Il segretario generale dell’Onu, che dimostra comprensione per la campagna di uccisioni di massa di bambini, donne e anziani non è adatto a guidare l’Onu – ha scritto Erdan – Chiedo si dimetta immediatamente.

Appena dopo, è stato il Ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen, ad affermare che non intende più incontrare Guterres: “Il Segretario Generale delle Nazioni Unite dovrebbe imparare la storia prima di dire sciocchezze. Il suo annuncio fa parte della falsa narrazione palestinese che le Nazioni Unite hanno rafforzato per anni. Chiunque trovi una giustificazione per il massacro di donne e bambini non è diverso da Hamas”.


Ma è vero?

Che l’attacco efferato che Hamas ha sferrato ai civili israeliani senza alcuna remora, è senza dubbio un fatto degno di una condanna unanime, quanto meno per coloro a cui non è estranea la capacità di essere umani nel senso più profondo del termine. Che, però, sussistano delle ragioni storiche e che la storia stessa sia una faccenda di cause e conseguenze, è un fatto altrettanto indiscutibile.


Sebbene sia lungi da ogni proposito una qualsiasi tipologia di giustificazione, è necessario riavvolgere il nastro e condurre la nostra mente critica ad affermare ciò che può risultare quanto più vicino all’oggettività delle cose: che la democrazia non proliferi e non si mantenga in quei luoghi in cui la pace è un’utopia, costituisce un dato di fatto. Che non esisterebbe Hamas, senza il conflitto annoso tra israeliani e palestinesi, ne è un altro. Come si sa, il conflitto tra Israele e Palestina affonda le sue radici nel sionismo del primo Novecento quando, giustamente, la comunità internazionale volle garantire agli arabi in diaspora, un territorio in cui rivendicare il sacrosanto (o almeno così dovrebbe essere) diritto di autodeterminazione dei popoli. Come è noto, il territorio designato fu quello palestinese in cui erano già presenti insediamenti ebraici. Di qui, la sensazione, probabilmente legittima, dei palestinesi di essere espropriati dalle loro terre che non nega, in ogni caso, il diritto di Israele a possedere uno Stato proprio.


Ad ognuno le sue ragioni, insomma. Se non fosse che, i soprusi e le soperchierie che gli ebrei “ricchi” perpetrarono verso i palestinesi “poveri”, hanno stabilito un preciso rapporto di potere secondo cui gli “ebrei ricchi” si sono arrogati il diritto di conquistare territori palestinesi non assegnatigli originariamente, di aver fondato delle colonie nei territori della Cisgiordania, che per altro ancora esistono, e di aver rinchiuso parte dei palestinesi in quella prigione a cielo aperto che prende il nome di Striscia di Gaza. Il contentino per i palestinesi arriverà nel 2005, quando il premier israeliano Ariel Sharon, sotto la pressione della comunità internazionale, ha ritirato le forze militari e gli insediamenti coloniali sviluppati nei quarant’anni di occupazione. Dal 2007, non contento, il governo di Israele ha imposto l’embargo dei cieli e del mare palestinesi e il controllo sul transito delle persone e dei beni in entrata e in uscita: ai cittadini della Striscia non è permesso varcare i confini se non in casi estremi, come ad esempio il bisogno di cure. È questo il modo in cui Tel Aviv ha ottenuto un forte impoverimento della zona e un deterioramento dei servizi essenziali che, come la storia ci insegna, conduce alla proliferazione di forza estremiste, tanto più considerando che in Medio Oriente le costanti antropologiche si incontrano con il deterrente della religione. È questo il contesto in cui nasce e prende il potere il partito armato islamista Hamas. E pur senza fornire la benchè minima giustificazione a quella barbarie omicida che è Hamas, è bene conoscere la storia, e avere presente il contesto in cui si verificano determinati eventi.


È oggettivamente complicato stabilire un giusto codice di valutazione degli avvenimenti in questioni in cui ragione e morte si intrecciano in modo indistricabile. Forse, però, dovrebbe essere altrettanto oggettivamente difficile non riconoscere che l’affermazione di Guterres non è poi così lontana dal vero. E, ancora, se è necessario e sacrosanto riconoscere e non giustificare per nessuna ragione gli attacchi di Hamas, non sarebbe, forse, altrettanto opportuno non giustificare per nessuna ragione anche l’efferatezza di tutti i precedenti portati avanti da Tel-Aviv, di quelli che stanno avvenendo in queste ore e di quelli che avverranno nelle prossime? I civili rimangono civili, dall’una e dall’altra parte.





Image Copyright: ANSA

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