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  • Writer's pictureKoinè Journal

Koinè intervista Civati: "Schlein rivoluzionaria? Per ora no"


di Luca Simone.


Come vede l’attuale governo Meloni, qual è stato il provvedimento che più l’ha turbata in questi primi otto mesi di governo?

Io penso che il governo abbia un’impostazione politico-ideologica sbagliata in principio, e sono sempre più preoccupato da questo rigurgito postfascista che non accenna mai ad esaurirsi, mentre per quanto riguarda il giudizio prettamente politico sono molto duro. Una delle cose che mi ha più turbato è stato sicuramente il decreto Cutro, perciò non posso che dare un giudizio negativo del trattamento riservato da questo governo ai migranti, nella retorica e nei fatti. Non dobbiamo mai dimenticarci che stiamo parlando di persone. Non ho dunque alcun dubbio nel dare un giudizio assolutamente tranchant della Meloni e dei suoi ministri.


Secondo lei il governo porterà a termine la legislatura o la scomparsa di Berlusconi potrebbe aver incrinato la maggioranza?

Guardi, il governo ha i numeri necessari per resistere anche agli scossoni, dato che gode di un’ampia maggioranza parlamentare, però la politica insegna che gli scenari sono mutevoli. La scomparsa di Berlusconi apre indubbiamente diverse possibilità, e alcune frizioni sembrano già esserci, soprattutto in Senato, dove i numeri sono più stretti. Proprio ieri il senatore Lotito ha fatto mancare i numeri alla maggioranza però, prima parlare di crisi, aspetterei. Indubbiamente Berlusconi lascia il proprio bacino elettorale privo della figura di un leader, e potrebbero esserci spostamenti verso il centro o verso destra, ma anche in questo caso staremo a vedere.


Nel programma di Possibile si parla di immigrazione come di un “valore”. Quali sono le proposte da voi formulate per cambiare l’assetto strategico che i governi italiani, di destra e sinistra, hanno mostrato in quest’ultimo decennio verso l’immigrazione?

Innanzitutto quella che lei chiama sinistra, per me non lo è. Perché chi ha governato il paese negli ultimi anni, e dichiarava di riconoscersi in determinati valori progressisti, ha poi nei fatti dimostrato il contrario. Per noi la prima cosa da fare è consentire un accesso legale alle persone che vogliono venire in Italia, stabilendo una serie di corridoi umanitari che aiutino a gestire l’emergenza, diminuendo al contempo le stragi in mare. L’altro passo poi fondamentale è l’abolizione della Bossi-Fini, che ha dimostrato la sua totale inefficacia nel gestire i flussi migratori, mettendo in estrema difficoltà anche il processo di integrazione dei migranti stessi, che necessitano di essere accompagnati all’inclusione.


Un altro elemento fondamentale del vostro programma è la lotta ambientalista. Secondo lei l’Europa e l’Italia stanno facendo abbastanza su questo fronte con la loro agenda green?

Assolutamente no. Quella che si chiama “conversione ecologica”, necessità di ben più di una serie di provvedimenti singoli che non vanno assolutamente a modificare un processo produttivo che necessita di essere aggiornato. Non possiamo pensare di effettuare una vera transizione senza un reale coordinamento tra i vari paesi europei e senza un adeguato piano di investimenti nella ricerca e nella riconversione ecologica. All’Europa va, però, almeno riconosciuto il merito di aver ammesso l’esistenza di un problema, modificando la propria narrazione dell’emergenza climatica, cosa che invece in Italia ancora non si vede. In Parlamento, attualmente, siedono tra i banchi della maggioranza alcuni deputati e senatori apertamente negazionisti del cambiamento climatico.


Passando al tema della guerra in Ucraina. Voi avete inserito all’interno del vostro programma lo stop all’invio di armi e l’immediata apertura di colloqui di pace. L’Italia, come lei saprà, agisce nel contesto dell’Alleanza Atlantica, per poter portare alle estreme conseguenze il vostro programma, voi siete pronti a metterne in dubbio l’appartenenza?

Sicuramente bisogna fare delle riflessioni. La NATO è un’alleanza militare, e non una compagine politica, come invece è l’Unione Europea. Quindi dobbiamo porci seriamente il problema di quanto invece l’Alleanza Atlantica si stia effettivamente comportando in questa situazione come un soggetto politico a tutti gli effetti. Abbiamo assistito, da un anno e mezzo a questa parte, ad un clamoroso risveglio del sentimento atlantista, soprattutto in una certa parte dell’opinione pubblica e dei media. Perciò, prima di ridiscutere la posizione dell’Italia della NATO, io cercherei di puntare i riflettori sulla necessità di avviare accordi di pace, invece di proseguire con la strategia che prevede l’invio di armi sempre più sofisticate. Strategia che fino ad ora non ha assolutamente contribuito ad avvicinarci alla cessazione delle ostilità, come invece ci era stato detto. E lo dico non certo per mostrare un sentimento antiucraino, ci mancherebbe altro, ma per spingere verso un serio negoziato che porti alla pace.


Alle europee c’è speranza di vedervi correre con il PD, nonostante le differenze che ad oggi vi dividono?

Alle europee non si corre in coalizione, come invece è accaduto alle scorse elezioni nazionali, quindi mi sento di dire di no. Il 25 settembre, noi abbiamo accettato di allearci con il PD credendo che, data la legge elettorale discutibile con cui ci trovavamo a dover fare i conti, fosse necessario creare uno schieramento il più ampio possibile per cercare di battere la destra. Così non è stato. Ma i nostri valori sono comunque lontani da quelli del Partito Democratico che, nonostante l’elezione della Schlein, sembra avere contraddizioni interne ancora troppo marcate.


Quindi non entrerete nel campo largo?

Come ho detto, noi abbiamo accettato di allearci con il PD lo scorso 25 settembre non certo per comunanza di valori, ma solo perché l’attuale sistema elettorale rischiava di consegnare il Paese in mano all’alleanza di Centrodestra, cosa che poi è successa, ma che abbiamo contribuito a tamponare. Non vedo alcuna possibilità di parlare di alleanze stando così le cose. L’elezione della Schlein, salutata come rivoluzionaria, è stata tutto meno che rivoluzionaria. Molte delle personalità che hanno allontanato il partito dal mondo della sinistra sono ancora saldamente al proprio posto.


Lei non crede che in questo modo, rifiutando il campo largo, si favorisca la destra? Non valuta in maniera positiva l’avvicinamento tra Conte e Schlein?

A me Conte non è mai piaciuto, devo dirlo. Mi viene il dubbio che PD e Cinque Stelle riescano a presentarsi come forze progressiste solo perché dall’altra parte devono confrontarsi con il conservatorismo estremo della Meloni. Si rischia di creare un guscio vuoto, che risulta progressista solo sulla carta. Prima di fidarci dunque, e di sederci a parlare di temi, vogliamo vedere dove porta questo cammino che sembrano avere iniziato. Dico sembrano, perché la strada appare quantomeno accidentata.


Il fossato tra voi e il PD potrà un giorno essere riempito, magari proprio grazie al lavoro che la Schlein sembrerebbe aver iniziato?

Quello che succederà in futuro non lo so, ma ad oggi il “cambiamento” tanto sbandierato durante la campagna per il Congresso latita. Ricordiamoci che anche Letta parlava di campo largo. La Schlein ha parlato di riaprire le liste del PD alla sinistra, ma per ora l’unica cosa che è riuscita a portare a casa è stato il reinserimento di Bersani, motivo per cui, prima di gridare ad un nuovo corso, e buttarci tra le braccia del PD, ci riserviamo il diritto di stare a guardare.













Image Copyright: Il Manifesto

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