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  • Writer's pictureKoinè Journal

Li avete votati voi.

Updated: Jun 30, 2023


di Luca Simone.


Ma che cosa vi aspettavate da una coalizione che si è presentata alle elezioni con una classe dirigente formata da Santanchè, Giorgetti, Rampelli, Donzelli, Roccella, Fontana, Bernini, Lupi e chi più ne ha più ne metta? Davvero vi aspettavate che dal cilindro spuntasse un governo competente? E soprattutto, con endorser del calibro di Flavio Briatore, Vittorio Feltri, Alessandro Sallusti, Brunella Bolloli e Italo Bocchino, pensavate davvero che a livello comunicativo questo governo sarebbe riuscito a dimostrarsi appena appena decente? Giusto per riuscire a capire come ragiona un elettore medio di centrodestra, è questo quello per cui avete votato? Per riforme economiche che vi era stato promesso non sarebbero mai state fatte (MES sic!)? Per battaglie identitarie che impattano sugli attuali impellenti problemi dell’Italia per un livello che va ben al di sotto dello zero? Per trovarvi come ministra del Turismo una gentile signora, sicuramente innocente, ma accusata di non pagare i dipendenti mentre sfrecciava su e giù per l’Italia in Maserati? Oppure per vedere di nuovo sdoganata la guerra ai poveracci, che ora dovrebbero addirittura smettere di farsi strane idee come studiare? Ma andiamo con ordine.


La settimana è iniziata nel migliore dei modi, con la solita bagarre in aula fatta di urla sguaiate da parte della nostra delicatissima Prima Ministra, che pur negli ultimi mesi aveva dato l’impressione di essersi data una calmata e di essersi resa conto di non stare più a fare l’opposizione dai banchi di una pescheria della Garbatella. Una performance che coincide in maniera sospettosa con l’abbandono del suo capo ufficio stampa, Mario Sechi, che potrebbe però anche aver lasciato per un moto di coscienza, dato che nello staff della Meloni il suo è un ruolo più che superfluo. La Premier parla sui social, mica alla stampa o nei talk show, a meno che non siano condotti dagli amici di una vita come Porro, Vespa e Del Debbio, abituati a srotolare la lingua più che il tappeto rosso. Slurp. Il MES è terreno scivoloso per Palazzo Chigi, in quanto era stato sbraitato in lungo e in largo che l’Italia non avrebbe ceduto ai ricatti della perfida Europa, salvo poi ammorbidire le posizioni una volta vinte le elezioni. Una strana coincidenza. Le direttive agli alleati sono giunte però in maniera poco chiara, tanto da spingere il numero due di Salvini, Andrea Crippa, a lanciare una sferzata alla Premier, che “dovrebbe dirci cosa fare”. Un modo per iniziare a smarcare il Carroccio dalle posizioni di Fratelli d’Italia con l’avvicinarsi delle europee, certo (altrimenti sarebbe difficile spiegare ad un elettore medio perché votare l’uno o l’altro e non farlo semplicemente tirando una monetina), ma anche un modo per iniziare a marcare stretta la Meloni che in questi mesi ha agito in maniera troppo muscolare, relegando la Lega ad un ruolo assolutamente secondario. A Salvini sono infatti state assegnate le questioni più irrilevanti ai fini elettorali, come il ponte sullo Stretto. Un’opera che sarebbe risultata vecchia già quindici anni fa, e che ora non fa che alzare polemiche a cui i leghisti non hanno nulla da contrapporre. Funziona poco contro un geologo, soprattutto in periodi di disastri ambientali come questi, portare in televisione il Molinari di turno per fargli urlare che “la Lega ce l’ha più duro del partito del No”, si tratta di una pratica che non riscuote i risultati sperati. Menomale. Ma tornando al MES, sono ancora troppo ravvicinati nel tempo i tweet al vetriolo di Giorgia Meloni che parlava di “super troika onnipotente”, sfoderando tutto il grande vocabolario della destra nazionalista italiana, e oggi che l’Italia è giunta a dover ratificare il provvedimento, questi risuonano in maniera ancor più preoccupante. Cosa farà alla fine la Premier? Ovviamente ratificherà, non ha alcuna possibilità di mettersi di nuovo contro l’Europa su questioni di materia prettamente economica. L’ombrello di Biden la protegge soltanto per quanto riguarda la politica estera, ma alla Casa Bianca hanno ben altro a cui pensare che preoccuparsi di appoggiare Fratelli d’Italia anche su questioni di competenza esclusivamente nazionale. Questo apre però ad un particolare dilemma, e cioè: a che prezzo verrà ratificato il MES? Una giravolta così netta su uno dei pilastri dello scorso programma elettorale non può passare inosservata, le opposizioni già si sfregano le mani, ma lo stesso potrebbe fare la Lega, stanca del ruolo da Partito Repubblicano che le è stato assegnato, e coi sondaggi in continua discesa. Il MES potrebbe rappresentare per il Carroccio l’ultimo strumento rimasto per fare guerra interna alla Meloni, staremo a vedere.


Questa è stata però anche la settimana del caso Santanchè. Dopo le rivelazioni di Report, la ministra del Turismo è stata chiamata a rispondere delle accuse mosse contro di lei direttamente in aula. Dopo un iniziale silenzio sulla questione (che vede coinvolto anche il presidente del Senato La Russa), la Meloni è stata costretta a cedere e ad ordinare alla ministra di riferire in Parlamento. Anche in questo caso è risultato esserci lo zampino della Lega, che per bocca di alcuni suoi esponenti non ha esitato a far filtrare a giornali e televisioni la voglia di fare chiarezza sulla vicenda, sferrando un colpo basso al governo. Non sarà certo per questo che verrà messa a rischio la tenuta della maggioranza, ma è comunque un comportamento sintomatico del clima da “notte da lunghi coltelli” che si respira tra i banchi del governo. Chissà se prima o poi avverrà la tanto attesa resa dei conti. Il tutto, come detto, nasce dall’inchiesta di Report, secondo la quale la ministra Santanchè sarebbe risultata coinvolta in una serie di irregolarità mentre era alla guida di Ki Group e Visibilia. L’inchiesta della Procura di Milano vede la Santanchè indagata per bancarotta fraudolenta, mentre alcune testimonianze di ex dipendenti, accusano la ministra di non aver avvertito alcuni lavoratori messi in cassa integrazione, che avrebbero continuato a lavorare in maniera regolare. Si tratta, ovviamente, di accuse tutte da dimostrare, con la Santanchè che va considerata innocente fino a prova contraria, ma la vicenda è molto intricata e soprattutto grave. Ad oggi non ci sono dimissioni in vista, anzi, la diretta interessata ha dichiarato di essere pronta a chiarire tutto in aula, ma la domanda sorge spontanea: cara ministra, lei che ha fatto dell’imprenditoria d’assalto il suo core business, non sarebbe meglio si dimettesse per evitare di gettare profonde e cupe ombre sulla credibilità del governo italiano? Domanda retorica, la Santanchè non mollerà di certo l’osso, si è impegnata per quasi vent’anni a difendere il suo precedente padrone Berlusconi parlando di cospirazioni giudiziarie e persecuzioni varie, sa già perfettamente come difendersi anche fuori dai tribunali.


Per chiudere in bellezza, come non citare la fenomenale campagna mediatica antidroga lanciata dal governo con il ct della nazionale Roberto Mancini come main sponsor. Pensavamo che difficilmente si potesse partorire qualcosa di più brutto e cringe della campagna “Open to Meraviglia” (che porta guardacaso lo zampino della Santanchè), eppure ci hanno di nuovo stupiti con grandiosi effetti speciali. Nello spot, lo slogan “tutte le droghe fanno male (sembra una battuta di Boris) equipara ogni tipo di droga, dalla cannabis all’eroina, tutte le sostanze vengono messe sullo stesso piano, senza alcun rispetto per studi scientifici che hanno ripetutamente dimostrato che la realtà sta da un’altra parte. La parte più cringe in assoluto, però, arriva quando il buon Mancini tira fuori la retorica stracciatesticoli sulla determinazione, guardando diretto in camera ed esclamando “vivete le emozioni vere”. Certo, sono sicuro che qualsiasi tossico sia rimasto tale perché non aveva alcuna voglia di uscire dalla tossicodipendenza, è esattamente quello il motivo. Ma poi ci scusi signor Mancini, ma lei parla di emozioni vere? Dopo Italia Macedonia? Suvvia, taccia e vada ad allenare quello scandalo di nazionale che ha contribuito ad assemblare. Ormai gli unici che le danno credito sono quelli della Bobo TV e il governo Meloni, fossi in lei mi preoccuperei. In tutto ciò, la ciliegina sulla torta l’ha messa Flavio Briatore, uno che per vivere vende la pizza col Patanegra, e che ospite ad una trasmissione in cui si discuteva del problema del lavoro tra i giovani e sulla mancanza di operai specializzati, ha dichiarato che è tutta colpa dei poveri che fanno studiare i figli e li mandano pure all’università. Cioè avete capito questi poveri? Non si vergognano a voler assicurare un futuro migliore ai loro figli? Sei nato figlio di un falegname, rimani figlio di un falegname.

Ci perdoni il signor Gesù, che secondo questa logica avrebbe avuto una carriera con un profilo mediatico decisamente più basso.


Sei povero? Accettalo e vedi di non rompere troppo.

Ribadisco: li avete votati voi.






Image Copyright: Huffington Post

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