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  • Writer's pictureKoinè Journal

Per Salvini anche lo sciopero è part-time

Updated: Nov 17, 2023


di Caterina Amaolo.



Queste sono le motivazioni che costituiscono il motivo dello sciopero generale indetto da CGIL, e Uil che si terrà nella giornata di oggi. A scioperare sarà, infatti, il settore dei trasporti, della sanità e del pubblico impiego, compreso il comparto dell’istruzione.

 La protesta, però, sarà possibile solo a tempo determinato: non sono bastati la debolezza e il torpore degli ultimi anni delle organizzazioni sindacali (che al fronte di milioni di iscritti sono riusciti ad incidere poco o nulla nelle principali dinamiche politiche) per non impaurire il ministro Salvini che, dopo varie minacce, ha optato per il ricorso alla precettazione; di conseguenza lo sciopero sarà di 4 ore anziché 8 nel settore dei trasporti, mentre resta di 8 ore per tutte le altre categorie, dalla scuola alla sanità alle poste a livello nazionale. 


Per una volta che uno sciopero sembra riunire in modo convinto più categorie, a seguito di una legge di bilancio che certamente legittima ogni protesta, il governo ricorre ai cavilli del Garante degli scioperi (che più che il diritto allo sciopero sembra garantire quello alla tranquillità della maggioranza) che, attento alle quisquilie, ha deliberato che quello programmato non poteva dirsi uno sciopero generale, bensì intersettoriale. Di qui l’invito rivolto alle sigle affinché escludessero dalla mobilitazione il comparto aereo.


Atto dovuto e necessario lo sciopero generale del mondo della scuola che, dopo aver perso credibilità di protesta in seguito a numerosi tentativi andati a vuoto, (finalmente) decide di prendersi sul serio rivendicando, quantomeno, di ricevere delle risposte dal Governo ad oggi mai pervenute. Ad un anno dall’inizio dell’era Valditara al Ministero, parlare di bilancio negativo è un eufemismo. Tra un concorso farsa il cui bando doveva essere pubblicato in estate e che, manco a dirlo, è ancora in gestazione, il ministro ha aggiunto addirittura un’aggravante: la questione dei 60 cfu che gli insegnanti devono pagare per ottenere l’abilitazione al modico prezzo di quasi 3.000 euro. Insomma, è riduttivo parlare di paradosso, per insegnare oggi p necessario superare il terzo livello di Jumanji accettando, a fronte di una fatica ingiustificata, uno stipendio da fame (tra i più bassi d’Europa). La questione economica si intreccia, per giunta, col fastidio generalizzato di dover continuare a percorrere una strada che non vede mai una fine, ossia un lavoro al quale accedere dopo aver studiato e sviluppato tutte le competenze necessarie per svolgerlo.


Con lo sciopero di venerdì, gli italiani chiedono al Governo di rispondere alle richieste rimaste inascoltate e addirittura derise.  Si rivendicano: un piano strutturale per valorizzare i giovani lavoratori e i precari, in una legge di bilancio che avvantaggia esclusivamente le aziende private e in cui i giovani valgono l’1% degli investimenti; uno stipendio più adeguato rispetto alle capacità e ai servizi offerti dal personale, in relazione agli aumenti del costo della vita; un maggior investimento nelle infrastrutture e nella qualità dei servizi, non i miliardi stanziati per la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina. Insomma non si scenderà in piazza certo per un capriccio.


Si protesta anche contro i continui tagli che riguardano i servizi pubblici essenziali, non solo quelli dell’istruzione, ma anche della ricerca, della sanità e del trasporto pubblico. Lo sciopero vuole ribadire, inoltre, la necessità di schierarsi al fianco degli studenti e delle studentesse. Ormai la frequenza dell’un università è diventata un lusso che pochi possono permettersi e che ancor meno genitori possono garantire ai propri figli.


Insomma, la domanda reale a cui starebbe al governo rispondere è: Dov’è finito il Welfare State?”, quella cosa così grandiosa per cui arriva lo Stato dove non arrivano i cittadini?

Da valutare con attenzione poi la risposta politica da parte di maggioranza e opposizione. Se la prima ha già tentato di cautelarsi utilizzando il cavillo della precettazione pur di non dare voce al dissenso, la seconda ha l’occasione di attrarre anche l’enorme mondo dei sindacati, che ormai da anni non riesce più a coinvolgere in un serio progetto politico. Insomma, quella di domani potrà essere una nuova prova generale per il campo largo che potrebbe fare il suo esordio già alle prossime europee e amministrative, rimettendo pericolosamente in discussione una maggioranza che al momento sembra reggere più per demeriti altrui che per meriti propri. 





Image Copyright: CGIL

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