di Stefania Chiappetta.
Sotto l’occhio indagatore del regista greco Yorgos Lanthimos, in una visionaria Londra vittoriana fatta di progressismo immaginifico, lo scienziato e chirurgo Godwin Baxter assembla corpi di esseri viventi donando loro nuove forme. Interpretato da Willem Dafoe, la sua esistenza di matrice “Frankensteiniana” si pone al disopra delle regole del mondo, manomettendo attraverso la sua conoscenza i confini tra la vita e la morte. Il suo corpo, alterato dal padre anch’egli scienziato, è solcato da profonde cicatrici ed emette bolle di acido dalla bocca; egli non è che una creatura grottesca, il cui funzionamento lo differenzia da ogni altro essere umano e, per tale motivo, lo innalza a divinità. Il suo nome, abbreviato in “God” come egli stesso si fa chiamare, rivela apertamente il suo ruolo di padre creatore, in cui la scienza e gli strumenti medici sostituiscono l’atto di procreazione sessuale.
È inevitabile quindi che il tanto atteso “Povere Creature!” (Poor Thinghs), vincitore allo scorso festival di Venezia e candidato ad 11 premi oscar, inizi con il corpo di una donna che si getta nelle acque del Tamigi. La scena stessa impone una chiusura dello sguardo - sia spettatoriale che del personaggio - lasciando che il colore saturo della fotografia ceda il posto al bianco e nero della casa\mondo in cui il dottor. Godwin vive. Al suo interno, mentre i Fish-eye (grandangoli) della regia di Lanthimos indagano lo spazio caricato di elementi pop-gotici, vive celata al mondo esterno Bella Baxter. La protagonista è una sorta di revenant creata da God, restituita alla vita dopo il suo suicidio grazie al cervello del bambino che portava in grembo.
Si annullano le distanze tra padre creatore e figlia, tra God e Bella, corpi speciali tra gli esseri umani, destinati a creare un legame “familiare” superando l’idea del peccato di matrice gotica vittoriana - soprattutto letteraria, destinata a punire il trasgressore che osa sfidare i confini naturali etico-religiosi. Bella infatti, interpretata da una superba Emma Stone, è tutto fuorché uno scherzo della natura per lo scienziato, ispirando in lui sentimenti d’appartenenza e protezione. Questi lo portano ad assegnarle un assistente, lo studente di medicina Max McCandles, incaricato di seguire gli sviluppi della donna-bambina e destinato, ironicamente, a diventare suo marito per volere di God.
La nuova creatura di Lanthimos, sceneggiata dal drammaturgo Tony McNamara e tratta dall’omonimo e misconosciuto romanzo del 92’ di Alasdair Gray, detta lo stile visionario del film con la sua esistenza femminea vorace, mordente. Incespica con passi bambineschi all’inizio, per poi reclamare con l’apprendimento, il linguaggio, il sesso, la lettura, il lavoro ogni singolo antro della buona società, compromettendo il potere fortemente maschile con quello caparbio, curioso, egoista di una bambina che cresce. Ed è attraverso la conoscenza del mondo, empirica come più volte la definisce Bella, che incomincia dal suo corpo e vive della sua irrefrenabile libido, che il film snocciolando i temi cardine del cinema di Lanthimos (corpo e sguardo tra tutti) va oltre, segnando un punto d’approdo che ha il corpo e nome di Bella Baxter\Emma Stone.
Grazie alla co-autorialità del film che vede in produzione la stessa Emma Stone, non è un azzardo parlare di Povere Creature! come un film-Frankenstein (così definito dal critico Gianni Canova) che cuce insieme riferimenti ad altri film accrescendo il suo corpo filmico e si muove, possiamo qui aggiungere, tra mansplaining e visione femminista, riflettendo il rapporto tra Bella e l’apologia del maschio che le orbita intorno. Infatti, seguendo la trama, Bella in apparenza assediata dall’avvocato sciupafemmine Duncan Wedderburn, interpretato da Mark Ruffalo, viaggia con lui abbandonando il suo nido e gli uomini che vi abitano, scegliendo il mondo, il corpo ed il sesso. Ed è proprio scoprendo il piacere corporale che deriva dai “furiosi sobbalzi” (il rapporto sessuale), che il colore saturo della fotografia torna nuovamente, abbandonando il bianco e nero dell’infanzia.
Il viaggio della nostra eroina si riflette così nelle varie fasi dell’apprendimento di Bella, che aumenta rapidamente con il mondo esterno, conoscendo usi e costumi della società vittoriana. Società che, attraverso l’occhio meccanico della regia di Lanthimos, appare in tutta la sua ironia grottesca; le città\mondo che visitiamo, passando da Lisbona ad Alessandria, fino a Parigi, incorniciate da colori accesi perdono di ogni riferimento realistico, ponendo al centro un corpo di donna che si discosta da tutto quello che la circonda. Come se, all’interno dell’universo fantastico-scientifico orchestrato dal regista, Bella si ponesse al di fuori: troppo libera, troppo carismatica, troppo egoista, troppo socialista, come lei stessa si definirà. Ogni passo che compie, via via sempre più stabile e meno impacciato, porta ad una rottura dell’equilibrio maschile che la vorrebbe ingabbiata, docile, grata, ingenua.
È in questo irrefrenabile movimento corporeo, che la visione maschiocentrica di Povere Creature!, rivela la pienezza del ruolo di Bella Baxter all’interno della collettività. Superando l’idea del mostro della letteratura gotica, la sua esistenza rivela tracce di mostruosità proprio per il ruolo triadico che ricopre. Ella non è solo creatura strappata dal mondo dei morti, ma è nella concretezza della sua nuova ‘vita’, figlia, madre, moglie: tutto insieme, nello stesso momento, seppur inconsapevolmente. Diviene una fantasia erotica (come dimostra l’ossessione che l’avvocato ha per lei) in cui, nonostante il controllo esercitato nel film da personaggi (uomini) disparati e singolari, sfugge utilizzando proprio le armi sociali di cui il mondo maschile si è appropriato: il sesso, il lavoro e la politica fra tutti, persino la medicina.
In Povere Creature! la singolarità del film, accompagnata da glaciali visioni grandangolari ed insistenti primi piani sul viso di Bella, si mescola ad una scenografia pop\futurista che fonde insieme costumi ed oggetti scenici. Polarizzando il tono filmico su di un grottesco-ironico che prende di mira, in primo luogo, il linguaggio della sceneggiatura assegnato, paradossalmente, agli uomini che vorrebbero spiegare alla creatura, che all’inizio come ogni infante non padroneggia la lingua, come sopravvivere. Il tutto spinto sapientemente, intelligentemente, dall’indimenticabile recitazione di Emma Stone. Il cui aspetto attoriale non è solo espressivo ma investe ogni parte del corpo dell’attrice, segnando un nuovo punto nella sua carriera, restituendo all’ossessione per il corpo nel cinema di Lanthimos una nuova forma.
Se il cinema di Lanthimos è mito, tragedia, grottesco e morte, incentrato in una prima fase nella glaciale visione del mondo contemporaneo, questa nuova dimensione antirealista, quasi da automa, apre le porte ad un post-Lanthimos: che si scontra, inevitabilmente, in un mondo prima e dopo Bella Baxter!
Riferimenti:
-Povere Creature! La regia di Yorgos Lanthimos, blog di Gianni Canova, welovecinemait, progetto BNL BNP Paribas
Image Copyright: MUBI
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