REGIONALI PUGLIA: cosa c'è da sapere?
- Koinè Journal

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di Maria Chiara Ruggieri.
Questa tornata elettorale, iniziata a fine settembre con il voto nelle Marche e proseguita in Calabria e Toscana, si avvia alla conclusione il 23 e 24 novembre. In queste due giornate i cittadini di due regioni chiave del Mezzogiorno, Campania e Puglia, saranno chiamati a rinnovare i rispettivi assetti regionali, con anche il Veneto, chiudendo così la stagione politica italiana dell’anno.
In Puglia la partita sembra scritta, con il favorito del campo largo progressista Antonio Decaro in vantaggio siderale sull’imprenditore Luigi Lobuono, candidato per il centrodestra. I due sono poi seguiti a distanza di sicurezza da Ada Donno con Puglia Pacifista e Popolare e Sabino Mangano con Alleanza Civica per la Puglia.
Il nuovo governatore dovrà confrontarsi, una volta eletto, con alcune endemiche criticità della regione pugliese. Negli ultimi anni diversi fattori hanno colpito duramente il welfare regionale: tra questi, l’aumento della deprivazione sociale e della povertà, denunciato dalle associazioni di volontariato – in primis la Caritas – che registra un incremento del 15% nelle richieste di aiuto. Domande che non riguardano più soltanto i sussidi alimentari, ma anche beni igienici e sanitari.
La situazione della sanità pugliese è oggi drammatica e i dati lo confermano. Da anni si assiste a un trend preoccupante, segnato dalla chiusura di numerosi presidi ospedalieri. Una scelta che ha avuto ricadute pesanti sulla popolazione, sempre più spesso costretta a rinunciare alle cure o a rivolgersi a strutture private, alimentando di fatto un processo di privatizzazione della sanità e trasformando il diritto alla salute in un privilegio per pochi.
Ancora più allarmante è il dato relativo al disavanzo sanitario regionale: quando le spese del servizio sanitario superano le entrate disponibili si genera uno squilibrio economico significativo. Negli ultimi anni il disavanzo pugliese è cresciuto drasticamente, chiudendo il 2024 con un passivo di 81 milioni di euro, e le previsioni indicano un ulteriore aumento. Il centrodestra attribuisce le responsabilità al presidente Emiliano e al rimpasto di giunta dell’aprile 2024, seguito alle dimissioni improvvise dell’assessore alla Sanità Rocco Palese, ma si tratta di una ricostruzione parziale. Quest’ultimo, in accordo con il governo, era riuscito a riportare sotto controllo la spesa sanitaria per consentire alla Regione di uscire dal Piano di rientro. Con le sue dimissioni, però, la linea di gestione è cambiata radicalmente, mettendo in discussione molte delle delibere da lui adottate.
Per far quadrare i conti, la Regione ha dovuto attingere non solo all’avanzo di amministrazione, ma anche all’extragettito di 47 milioni di euro, che tuttavia dovrà restituire allo Stato nel 2026 e nel 2027. Dopo un ultimatum, il 30 aprile 2025 è stata approvata la manovra, con il via libera dell’assessore al Bilancio Amato: essa prevede la copertura di 66.212.476,71 euro attraverso la parziale destinazione del gettito 2025 dell’addizionale regionale Irpef, in precedenza destinato al bilancio autonomo della Regione. Questa operazione consentirà di evitare un aumento dell’Irpef per i cittadini pugliesi, ma comporterà inevitabilmente una riduzione dei fondi destinati a istruzione, servizi sociali, sport e agricoltura. Una vittoria mutilata, dunque, che lascia sulle spalle del futuro governo regionale una pesante eredità. Chi guiderà la Puglia dovrà infatti compiere veri e propri “numeri di magia” per non gravare ulteriormente sulle tasche dei cittadini, soprattutto considerando le conseguenze della ripartizione del Fondo Sanità del governo Meloni, e gli altri pesantissimi tagli previsti dalla prossima legge di bilancio.
Le risorse del fondo, destinate in gran parte agli aumenti salariali del personale sanitario e alle nuove assunzioni, vengono distribuite secondo tre parametri: aspettativa di vita, deprivazione sociale ed età anagrafica. Tuttavia, a prevalere è quest’ultimo criterio, penalizzando regioni come la Puglia, che con un’età media di 46,4 anni si colloca tra le ultime insieme a Calabria, Sicilia e Campania. A complicare ulteriormente il quadro vi sono poi altre criticità che hanno ostacolato la certificazione dell’uscita dal Piano di rientro: la carenza di personale medico e infermieristico – con valori inferiori alla media nazionale – e le difficoltà nella gestione complessiva del sistema sanitario, fattori che incidono direttamente sul finanziamento regionale.
Conosciamo ora i principali competitor che si contendono il palazzo della Regione in via Gentile: Antonio Decaro e Luigi Lobuono.
Partendo da Antonio Decaro, volto ormai consolidato della politica pugliese: classe 1970, inizia il suo percorso politico nel 2004. La sua popolarità cresce in modo significativo durante i dieci anni alla guida del Comune di Bari, dal 2014 al 2024, e nel periodo in cui ricopre la presidenza dell’ANCI, dal 2016 al 2024. Nello stesso anno si candida al Parlamento europeo nella circoscrizione dell’Italia meridionale e, con 499 mila voti, risulta il più votato del Partito Democratico. Prima sindaco molto apprezzato, poi eurodeputato stimato, Antonio Decaro incarna la concretezza, la capacità e il carisma di chi sa parlare al popolo con naturalezza. Nonostante il suo forte legame con il territorio, più volte ribadito, la conferma della sua candidatura alla presidenza della Regione non è stata priva di colpi di scena. La sua iniziale riluttanza ad accettare ciò che molti pugliesi chiedevano da tempo è legata alla presenza di due figure di peso della politica regionale: l’attuale presidente Michele Emiliano e l’ex presidente del decennio 2005-2015, Nichi Vendola. Entrambi, inizialmente intenzionati a candidarsi al Consiglio regionale, si sono trovati di fronte al veto di Decaro, che ha di fatto condizionato la propria candidatura alla Presidenza all’esclusione dei due ex governatori. Nel segno del rinnovamento, Decaro ha spiegato in un post su Instagram di nutrire grande stima per i colleghi, ma anche di avvertire l’esigenza di “essere un presidente libero, capace di assumermi fino in fondo la responsabilità delle scelte. Non voglio essere ostaggio delle decisioni di chi mi ha preceduto”.
Il 5 settembre, dopo ore di trattative con i leader del centrosinistra Schlein, Fratoianni e Conte, con il via libera alla candidatura di Nichi Vendola e il passo indietro dell’uscente presidente Michele Emiliano, Antonio Decaro annuncia ufficialmente – durante la Festa dell’Unità di Bisceglie – la sua candidatura alla presidenza della Regione Puglia, con il sostegno del campo largo progressista.
Il progetto politico di Decaro, pensato “per Tutta la Puglia”, si concentra su cinque sfide: transizione economica, welfare di cura, comunità, costruzione di reti e tutela del territorio. Il programma è stato scritto a più mani durante una giornata di confronto aperta ai cittadini, articolata in 20 tavoli di lavoro che hanno affrontato temi diversi insieme a tecnici, cittadini, nuove e vecchie generazioni, in un clima di condivisione e responsabilità per immaginare la Puglia del futuro.
Tra le novità più interessanti c'è sicuramente il piano per la casa, che punta a garantire il diritto all'abitare come elemento chiave per l'inclusione sociale, lo sviluppo sostenibile e la coesione territoriale. Questa manovra si propone di affrontare non solo la riqualificazione del patrimonio edilizio, ma anche di supportare i giovani nell'acquisto della prima casa con incentivi fino a 30.000 euro, destinati a under 40, famiglie monoparentali e coppie giovani con ISEE fino a 30.000 euro. Inoltre, il piano include altre importanti misure: un aumento dei posti letto per studenti universitari, il rafforzamento del programma "Housing First" e un progetto di cohousing per anziani e persone con disabilità.
In questi mesi di campagna elettorale, il candidato dem ha più volte sottolineato l’importanza di restituire ai pugliesi il ruolo di protagonisti del futuro della regione, puntando sul senso di appartenenza e sulla semplicità della comunicazione, con l’obiettivo di coinvolgere ogni cittadino, dal Gargano al Salento.
Non è la prima volta che lo staff di Decaro punta su una comunicazione capace di valorizzare la dimensione emotiva, un elemento che si è rivelato spesso vincente e che ha contribuito in modo significativo alla sua notorietà. Legami e concretezza rappresentano le basi della costruzione del suo progetto politico. Le promesse, invece, sono la benzina che alimenta la deriva del populismo — una logica che il candidato dem dice di conoscere bene e che, infatti, ha più volte dichiarato di voler evitare.
Questo cambio di rotta e il sentimento di rinnovamento che lo accompagna potrebbero rappresentare il punto di svolta per proseguire la “primavera pugliese”, in corso ormai da oltre vent’anni.
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Definito “l’uomo della svolta”, Luigi Lobuono, imprenditore classe ’68, è il candidato designato dalla coalizione di centrodestra per le elezioni regionali in Puglia del 23 e 24 novembre. Si presenta come un uomo concreto e sincero, che non ha mai fatto politica e che proprio per questo intende portare un volto nuovo nello scenario della destra pugliese, offrendo — nelle sue intenzioni — una ventata di rinnovamento.
Nel discorso di presentazione, Lobuono ha rivolto ringraziamenti carichi di rispetto e ammirazione ai leader dei partiti che sostengono la sua candidatura, richiamando alcune delle “grandi gesta” da loro rivendicate: dal G7 in Puglia alla gestione delle risorse idriche regionali potenziate dal governo Meloni, fino alla complessa vicenda dell’Ilva di Taranto, su cui, secondo Lobuono, l’esecutivo nazionale si sta assumendo precise responsabilità.
Il candidato ha poi dato voce alle lamentele dei cittadini pugliesi, soprattutto in materia di sanità, tema particolarmente delicato sia a livello regionale che nazionale. “Hanno smantellato la nostra regione”, afferma, “per dare un posto di lavoro a […] chi era stato trombato alle ultime elezioni, mentre chi meriterebbe di andare avanti oggi è sempre dietro a qualcuno”.
Per la sua corsa alle regionali, Lobuono punta con decisione sul motore economico della Puglia: l’agricoltura. Denuncia l’operato del precedente governo regionale, accusandolo di aver danneggiato un settore primario che vale il 6,7% del PIL locale, pur senza chiarire nel dettaglio in che modo sarebbe avvenuta questa “devastazione”. Propone invece un modello basato su tavoli permanenti in ogni provincia e settore produttivo, con la presenza di rappresentanti istituzionali e, a rotazione, delle realtà attive sui territori.
Certo è che il candidato può contare sull’appoggio dei big del centrodestra: durante la convention di lunedì 10 novembre a Bari, Meloni, Tajani, Salvini e Maurizio Lupi (Noi Moderati) sono saliti sul palco del Teatro Team, gremito già dal pomeriggio, nel tentativo di trainare Lobuono verso una rimonta non semplice rispetto al favorito Decaro.
Giorgia Meloni ha ringraziato i cittadini pugliesi per l’accoglienza e ha esortato la coalizione a non arrendersi, invocando un cambio di rotta e ricordando con commozione la figura di Pinuccio Tatarella, facendo leva ancora una volta sulla dimensione identitaria e nostalgica dell’elettorato. Nel discorso finale ha affidato agli italiani il compito di giudicare il suo operato “alla fine del mandato”, richiamando quella narrazione vittimistica che spesso contraddistingue la comunicazione del suo governo. A seguire è intervenuto Antonio Tajani, che rivolgendosi al pubblico pugliese ha dichiarato: “Avremmo potuto riempire anche lo stadio San Paolo”, confondendolo con il San Nicola di Bari. Un lapsus che alcuni presenti hanno tentato di correggere, venendo liquidati con un “È la stessa cosa”. Una battuta che non sorprende, considerando che non sarebbe la prima volta in cui il ministro scivola in leggerezze comunicative, lasciando intuire che il peso delle parole, per lui, conti fino a un certo punto.
A chiudere la triade è stato Matteo Salvini che, fedele alla sua retorica, ha ancora una volta individuato un bersaglio su cui concentrare la propria polemica. Se agli esordi della sua carriera nella Lega Nord erano i meridionali — i “terroni” — a rappresentare, secondo lui, un freno allo sviluppo del Paese, oggi il mirino è puntato sui migranti, che a suo dire “devono levarsi dalle palle”. Un’uscita che non è passata inosservata tra i cittadini pugliesi, molti dei quali hanno espresso apertamente il loro dissenso. Un’affermazione che stride con la storia della regione, da sempre crocevia di culture provenienti anche dal vicino continente africano, di cui conserva tracce identitarie profonde: basti ricordare che il patrono di Bari, San Nicola, era turco e raffigurato con pelle scura. In Puglia, come ricordano in molti, nessuno è straniero, tranne chi ha problemi di memoria.
Quale sia l’endorsement finale di queste elezioni regionali lo scopriremo il 24 novembre, la partita è ancora tutta da giocare, le previsioni parlano chiaro e i sondaggi Ipsos ad una settimana dal voto vedono Antonio Decaro al 63,8% e Lobuono al 33,1% con uno stacco di 30 punti, a seguire Ada Donno al 2,2% e Sabino Mangano con lo 0.9%.
L’appello finale è rivolto agli elettori, invitandoli a recarsi alle urne ed esercitare il proprio diritto di voto, al fine di contrastare il partito più tristemente votato: l’astensionismo, già manifestatosi nelle prime tornate elettorali nelle Marche, in Calabria e in Toscana.
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