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  • Writer's pictureKoinè Journal

Silvio non è scemo, il PD ci è nato


di Luca Simone.


C’è una leggerissima crepa (si fa per dire) che inizia ad intravedersi nell’inossidabile compagine di governo guidata dalla Wonder Woman della Garbatella; le tre anime che compongono l’esecutivo iniziano a mostrare anche in pubblico i malumori e i dissidi che già da tempo si sospettavano. Le parole di Berlusconi contro Zelensky hanno contribuito a far esplodere un caso, ma come sempre quando c’è di mezzo il Caimano, questa uscita apparentemente folle è tutto, fuorchè un caso.


Proprio due giorni fa Berlusconi è stato assolto nell’ultimo filone del processo Ruby, per un vizio di fondo riscontrato nello svolgimento del procedimento; un cavillo legale che abilmente utilizzato dai perfetti (come sempre) legali del Cavaliere, ha assicurato a quest’ultimo di uscire non solo a testa alta, ma da martire da una situazione scomoda. Lascio a voi immaginare il tenore dei titoli usciti sui giornali di Sallusti, Feltri e Borgonovo, ve lo risparmio. Ma detto ciò, si tratta del processo “meno grave” che riguarda l’ex Presidente del Consiglio, e per quanto mi riguarda il meno interessante. Diciamocelo, Berlusconi è sotto processo e lo è stato per cose ben peggiori, francamente la storia delle olgettine e della nipote di Mubarak risulta quasi goliardica al confronto. Berlusconi in questi giorni ha fatto qualcosa di ben più importante e grave, sparando a zero su Zelensky e lisciando il pelo a Putin, mettendo in crisi davanti all’opinione pubblica mondiale non solo il governo Meloni, ma il Paese intero.


Anche io credo che Zelensky ad oggi sia uno dei principali ostacoli alla pace, ma alla favoletta filorussa della provocazione ucraina ci credo poco, e con me chi ha un minimo di cervello e conoscenze per riuscire a comprendere come funzioni la politica internazionale. Ma attenzione, quella che potrebbe sembrare l’uscita di un signore una volta grande, ormai anziano e potenzialmente arteriosclerotico, nasconde ben altro: ovvero un preciso calcolo politico. Insomma, il Caimano non si smentisce mai, neppure da ultraottantenne. Berlusconi ha infatti capito che Forza Italia è ormai una formazione politica che ha un peso elettorale ridicolo, terza gamba di un governo dove il partito della Meloni ha azzerato i potenziali competitor accaparrandosene i voti, e ha perfettamente compreso che questa emorragia deve essere frenata, altrimenti il glorioso partito nato nel 1994 rischia di scomparire. Urge quindi tornare a rivolgersi ad un potenziale elettorato, che va sedotto e a cui vanno dati temi a cui affezionarsi, e il buon Silvio ha capito perfettamente che l’italiano medio, una volta spina dorsale delle sue percentuali bulgare, è stanco di dover mandare armi a Kiev. È stanco di dover sentire parlare di guerra, perché è stanco di doverne subire gli effetti. La poca conoscenza della materia, imputabile al fatto che l’Italia oltre ad essere un paese per natura egoista, paga il fatto di non possedere una tradizione credibile in materia di analisi geopolitica (cosa che non avviene in Inghilterra, Francia, Germania e non occorre neppure citare gli USA), ha contribuito a creare un’opinione pubblica ostile fin da subito alla causa ucraina. Questo Silvio lo sa, perché il suo team di analisti non ha certo perso lo smalto di un tempo, e sa anche che a questa enorme fetta manca un riferimento politico, visto che Conte tentenna e la cosiddetta Sinistra sembra essere più atlantista della Meloni.


A questo vantaggio si somma il fatto di dare un segnale forte a Giorgia Meloni, che in questi mesi sembra essersi un po’ troppo adagiata sugli allori, iniziando a trattare con troppa sufficienza gli alleati, in particolare colui che l’ha lanciata, proprio Berlusconi. Quest’ultimo avrebbe quindi intravisto la possibilità di aprire una nuova via nel dibattito pubblico, di cui farsi il solo portavoce, in barba alla Premier che su questo argomento non ha alcuna possibilità di proferire parola, prona come è sia a Washington che a Bruxelles. L’ultimo vertice ha infatti chiarito, se ancora ve ne fosse bisogno, che la considerazione dell’Italia all’estero è pari allo zero, soprattutto ora che il Paese è guidato da una che ha passato quasi un decennio a stringere le mani di Orban, Vox e Le Pen.


Se dunque Silvio si è dimostrato ancora una volta un politico raffinato (anche se non nei modi), la premiata ditta Letta-Bonaccini ha di nuovo avuto la premura di gettarsi nel fango (per non dire altro), senza che qualcuno glielo chiedesse. I due hanno infatti pensato bene di tessere le lodi di Giorgia Meloni, descrivendola come una grande politica e una abilissima stratega. Letta ormai non si può più nemmeno descrivere senza sentirsi addosso una sensazione di pena, un magone che ti viene solo quando ti tocca ascoltare le canzoni di Ultimo; l’altro invece, il Serse Cosmi con gli occhiali di Miami Vice, è subito andato dietro al suo ex segretario confermandone le dichiarazioni. A parte che non serviva ce lo dicessero loro per accorgerci che la Meloni è in grado di fare politica molto meglio di tutti i membri del PD messi insieme, ma era proprio necessario farlo nella giornata in cui in aula si discutevano temi impopolari come il taglio del superbonus e la linea del governo in materia di immigrazione? Due battaglie che dovrebbero essere portate avanti proprio da quella sinistra di cui questi due vanno a dire in giro di essere i rappresentanti?


Io non so perché il PD si sia trasformato in questi anni nella parodia di un partito di sinistra, incapace nella maniera più assoluta di fare politica e di comunicare per bene anche quelle poche cose che con fatica era riuscito a portare a casa. Chiariamoci, non che siamo stati mai di fronte a qualcosa che assomigliasse ad un partito serio, per carità, ma agli inizi forse poteva ancora contare su una classe dirigente che si era fatta le ossa nella Prima Repubblica, che politica, quindi, sapeva farla. Ora invece, il ricambio generazionale li ha trasformati in una serie di cloni di Calenda, che non riuscirebbero a vincere nemmeno le elezioni di condominio.


Il triste bilancio, a quasi trent’anni di distanza, segna ancora Silvio 1, Sinistra 0.

Praticamente viviamo ancora negli anni Novanta.






Image Copyright: Il T Quotidiano

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