
di Marta Tomassini.
La Sindrome del Rifiuto Pervasivo è un disturbo psichico, noto come Sindrome della Rassegnazione.
In Europa, la maggior parte dei casi si concentra in Svezia e riguarda principalmente bambini rifugiati provenienti dalla zona balcanica e dai paesi dell’ex blocco sovietico, ma anche bambini appartenenti a minoranze etniche, fuggiti insieme alle loro famiglie dal paese natale.
Insorgenza e sviluppo
Da quanto si evince da un articolo pubblicato nel 2009 nella European Child & Adolescent Psychiatry, rivista medica che si occupa di psichiatria infantile e adolescenziale, la Sindrome del Rifiuto Pervasivo mostra sintomi comuni ad altri disturbi psichici presenti nel DSM, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Tuttavia, ad oggi non esiste una trattazione specifica di tale sindrome, che ne delinei gli aspetti tipici.
Infatti, anche gli scienziati sono divisi in merito alla definizione di questo disturbo: secondo alcuni si tratta di un disturbo da stress post traumatico, secondo altri di una forma di catatonia.
Alla base sembrerebbe vi sia un’esperienza particolarmente traumatica vissuta dall’individuo.
Analizzando i pazienti e il loro vissuto, è emerso come questi abbiano assistito a violenze nel loro paese natale prima di fuggire insieme alle famiglie in Svezia, dove si sono stabiliti ed integrati nella comunità locale.
La situazione precipita nel momento in cui ai bambini e alle famiglie non è rinnovato il permesso di soggiorno e la richiesta di asilo politico è rifiutata.
Come spiegato da pediatri e psichiatri, i bambini sono consapevoli della situazione di incertezza e ne soffrono. La possibilità di essere espulsi e il rischio di tornare a vivere una situazione di pericolo provoca un trauma psicologico tale da far perdere loro ogni speranza per il proprio futuro.
Eziologia e trattamento
Sono stati individuati quattro fattori eziologici come cause dell’insorgenza della sindrome: personalità predisposta, disturbi psichiatrici infantili pregressi, problemi psichiatrici dei genitori ed eventi traumatici improvvisi.
In tutti i pazienti si verifica un progressivo atteggiamento passivo nelle attività quotidiane.
La Sindrome del Rifiuto Pervasivo ha molteplici forme di espressione, pertanto, molteplici sono i criteri diagnostici, quali rifiuto del cibo, perdita di peso, isolamento sociale, parziale o completa immobilità, mutismo e attiva/passiva resistenza a qualsiasi stimolo esterno.
Scienziati e ricercatori hanno ricondotto questi sintomi ad un generale stato catatonico, in cui il soggetto cade improvvisamente, incapace di rispondere a qualsiasi stimolo e costretto a nutrirsi con un sondino.
Inoltre, poiché lo stato del paziente può variare nel tempo, è stato elaborato uno spettro che presenta le tre manifestazioni della sindrome: rifiuto – isolamento – regressione.
Ad oggi, i soggetti affetti da PRS sono ospedalizzati nella maggior parte dei casi, poiché lo stato semicomatoso costituisce una minaccia alla vita del soggetto.
In un recente articolo pubblicato nel 2021 nella rivista European Child & Adolescent Psychiatry, gli scienziati sottolineano come la mancanza di attenzione da parte della comunità scientifica per la Sindrome della Rassegnazione comporti la mancanza di un trattamento specifico per i pazienti.
Il processo di guarigione è particolarmente lungo, può durare mesi o anni, e la sua durata varia da soggetto a soggetto.
Nella maggior parte dei casi, si iniziano a percepire miglioramenti quando le famiglie ricevono il permesso di soggiorno permanente.
Questo perché la guarigione dei bambini dipende dal ripristino della speranza, trasmessa loro dai genitori a più livelli (voce, tatto, atmosfera). Infatti, gli psichiatri consigliano ai familiari di stimolare con una certa frequenza i bambini, far sentire loro la propria vicinanza.
Progressivamente, i pazienti riacquistano le loro capacità e, infine, si risvegliano dallo stato semicomatoso.
Nessuno di loro sembrerebbe ricordare cosa sia successo nel periodo di tempo in cui sono stati ricoverati.
Reazioni della comunità scientifica e delle autorità governative svedesi
I primi casi in Svezia sono emersi nei primi anni 2000.
Nel momento in cui l’opinione pubblica è venuta a conoscenza del fenomeno, diverse sono state le reazioni. Appartenenti all’estrema destra svedese hanno diffuso notizie false, insinuando che i bambini fossero avvelenati dagli stessi genitori pur di rimanere in Svezia e non essere rimpatriati.
Tali insinuazioni sono state smentite dalle indagini fisiche e chimiche condotte sui bambini, dalle quali non è risultata alcuna anomalia né tracce di manipolazione esterna.
Un gruppo di psichiatri e pediatri ha sottoscritto una lettera indirizzata al governo svedese, in cui è stata richiesta una modifica della politica di immigrazione e un potenziamento delle agenzie umanitarie, al fine di risolvere il problema a monte ed evitare un proliferare di casi.
Nel 2014, la Swedish National Board of Health and Welfare, l’autorità centrale svedese per i servizi sociali e la salute pubblica, ha riconosciuto la uppgivenhetssyndrom (nome svedese della Sindrome del Rifiuto Pervasivo) come un disturbo depressivo.
L’unico provvedimento da parte delle autorità governative sembrerebbe essere l’estensione del permesso di soggiorno alle famiglie dei bambini colpiti.
Tuttavia, negli ultimi anni il governo svedese ha inasprito le politiche di immigrazione e di richiesta di asilo politico e a ciò è corrisposto un aumento annuale di casi.
Casi analoghi
Il caso svedese non è l’unico al mondo
Fenomeni simili sono stati riscontrati in periodi e situazioni storiche differenti.
Ad esempio, sembrerebbe che nei campi di concentramento nazisti vi siano stati casi di prigionieri internati precipitati in uno stato semicomatoso, dal quale non si sono mai più risvegliati, poiché in mancanza di cure sono morti per disidratazione e denutrizione.
A noi contemporaneo è, invece, il caso dei rifugiati e richiedenti asilo a Nauru.
Medici Senza Frontiere, nel 2008, ha diffuso i dati medici, ricavati dopo un periodo trascorso nell’isola dell’Oceania, presentando il rapporto medico “Disperazione senza fine”, il quale mostra come le condizioni di vita dei pazienti sull’isola abbiano danneggiato la loro salute mentale.
Il team della ONG ha assistito 208 richiedenti asilo e rifugiati: il 60% ha avuto pensieri suicidi e il 30% ha tentato il suicidio. Inoltre, a dodici pazienti, adulti e bambini, è stata diagnosticata la Sindrome da Rassegnazione.
Il fenomeno continua a dilagare, sembrerebbe vi siano casi simili nei centri per rifugiati nell’Est Europa. Negli ultimi anni ha avuto risalto mediatico, grazie alla realizzazione del documentario “Sopraffatti dalla vita” di John Haptas e Kristine Samuelson e grazie al reportage fotografico “Where the children sleep” del fotoreporter Magnus Wennman.
Nel 2020, il fotografo Tomek Kaczor ha vinto il World Press Photo con la fotografia di Ewa, una ragazza armena, immortalata nell’istante in cui ha riaperto gli occhi dopo essere caduta in un sonno profondo, in un centro per rifugiati in Polonia.

Ewa è sveglia. I suoi occhi non più chiusi sono il simbolo della sua rinascita, ma dallo sguardo sembra trasmettere inquietudine.
Come si prospetta il suo futuro? E il nostro?
I fenomeni migratori sono un aspetto caratterizzante la società umana. Negli ultimi decenni vi è stato un sostanziale aumento e nel prossimo futuro non ci sarà un’inversione di tendenza. Infatti, alle cause ormai note, come povertà, guerre e carestie, dobbiamo aggiungere gli effetti disastrosi del riscaldamento globale. Lo scenario futuro, quindi, non si delinea niente affatto sereno.
Ciononostante, all’incombenza di una crisi umanitaria globale non risulta esservi una forte politica globale, volta a scongiurarla o a diminuirne gli effetti.
Fonti secondarie:
-“Sopraffatti dalla vita” (2019), diretto da John Haptas e Kristine Samuelson
Copyright
Front Image: Magnus Wenman/New Yorker
Text Image: Tomek Kaczor
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