di Enrico Martinelli.
Ognuno di noi è si è trovato almeno una volta sulla poltrona di un cinema, ansioso di scoprire come il regista abbia scelto di raccontare la trama di un già famosissimo libro o fumetto; eppure, a pochi è capitata la stessa situazione con una pellicola tratta da un videogioco.
Dalla nascita di questo genere fino ad oggi, le trasposizioni cinematografiche di colossal videoludici si sono rivolte agli spettatori che già conoscevano il gioco, e mai a un pubblico generalista.
Ciò ha inevitabilmente correlato gli incassi al botteghino con la mole di fan che il franchise aveva. Inoltre, si è stabilita una regola non scritta che poneva ogni film tratto da un videogioco qualitativamente al di sotto dell’opera originaria.
Un videogiocatore appassionato non avrebbe difficoltà nel riconoscere il perché di questa situazione: negli ultimi decenni l’industria del gaming si sta impegnando per fornire esperienze di gioco addirittura migliori di quelle cinematografiche. Sempre più sceneggiatori, infatti, prestano le loro menti a case di produzione videoludiche, e decine di registi danno consigli su come trasmettere al meglio il pathos di certe scene.
Inoltre, sfruttando tecniche nate ad Hollywood come il motion capture, vengono usate grafiche sempre più simili al mondo reale. Giochi come The Last of Us (uno e due), Red Dead Redemption, Cyberpunk 2077 e molti altri ne sono la prova, in quanto offrono al giocatore un vero e proprio film interattivo di oltre 20 ore.
Alla luce di queste informazioni vale la pena chiedersi se sia ancora necessario proiettare in sala mediocri trasposizioni di videogiochi già famosi, che con ogni probabilità verranno giudicati come una caduta di stile del franchise videoludico. Nonostante tutto, la risposta è sì.
Ogni videogioco narra una storia, stabilisce delle regole, crea le basi di un mondo raccontandone soltanto una minima parte; sta alle menti degli sceneggiatori cinematografici stupirci nuovamente con storie originali che rispettino le regole del mondo in cui sono ambientate.
Metaforicamente, le case di produzione videoludiche creano di volta in volta nuovi pezzi Lego, con colori, forme ed incastri originali, e con questi costruiscono una struttura; sta agli autori di film, serie tv o di spin-off saper aggiungere o togliere mattoncini per migliorare la forma della struttura, oppure distruggerla per crearne una totalmente diversa, usando comunque i pezzi originali.
Sembra che ultimamente, questo genere si stia conquistando le attenzioni e il rispetto che merita: ne sono la conferma alcuni prodotti seriali di qualità, che stanno richiamando l’attenzione di un pubblico molto vasto, soprattutto di non addetti al settore.
La rivoluzione tutt’ora in corso, è guidata da The Last of Us, la serie tv tratta dall’omonimo videogioco del 2013, iniziata il 15 gennaio 2023 con il primo episodio, che ha avuto un seguito di 4,7 milioni di spettatori durante la trasmissione negli Stati Uniti, e che terminerà con il decimo episodio della prima stagione il 20 marzo 2023.
Lo show targato HBO sta registrando numeri che, per quanto alti, non dovrebbero stupirci dato che la saga videoludica composta da due capitoli ha venduto 37 milioni di copie a dieci anni dall’uscita, eppure il dato sconvolgente è la risonanza mediatica che la serie ha avuto: durante la trasmissione di ogni episodio, l’hashtag #TheLastofUs raggiunge i primi posti in tendenza su Twitter; gli attori sono stati travolti da orde di nuovi follower che li idolatrano per come hanno interpretato i protagonisti del gioco; per non parlare delle migliaia di recensioni positive che la serie ha ricevuto, tanto da raggiungere un voto di 9.2/10 su IMDb.
The Last of Us racconta del viaggio di Joel (Pedro Pascal) e della giovane Ellie (Bella Ramsay) attraverso gli Stati Uniti del 2033, dopo che un fungo parassitario, il Cordyceps, si è diffuso fra gli esseri umani, trasformando in creature simili a zombie le persone infette, e gettando nel caos l’intero pianeta.
È in questo scenario post-apocalittico che Joel, uomo di mezza età forgiato dalle difficoltà della vita in questo nuovo mondo, ed Ellie, ragazza di quattordici anni apparentemente immune al fungo, devono farsi strada per raggiungere un centro di ricerca per tentare di sviluppare una cura.
La serie riesce a far riflettere lo spettatore, mettendo in crisi qualunque costrutto sociale su cui quotidianamente ci affidiamo: i “nemici” in questo nuovo mondo, non sono più gli infetti, dai quali l’uomo ha imparato a proteggersi creando città fortificate e zone di quarantena, ma sono gli uomini stessi, che in condizioni estreme arrivano a mettere il proprio bene al di sopra di quello comunitario.
Il viaggio, su cui si basa la trama, ci permette di essere coinvolti in decine di diversi racconti, conoscendo personaggi che pur apparendo per pochi episodi o per qualche scena, rimangono radicati nella memoria nostra e dei protagonisti.
I primi due episodi introducono gli spettatori alla trama, riuscendo a stupire, sia gli coloro che si approcciano per la prima volta al franchise, per il pathos della trama e di determinate scene, sia gli appassionati del videogioco, grazie all’incredibile realisticità delle ambientazioni e alla qualità delle interpretazioni attoriali.
Il terzo episodio, uscito il 29 gennaio 2023, è sicuramente quello che ha fatto più parlare di sé; non solo per le tematiche trattate, ovvero l’omosessualità e la morte, ma anche per la scelta degli sceneggiatori di dedicare un intero episodio a raccontare una storia che ha sottilissimi collegamenti con quella dei protagonisti.
Bill è un anarchico paranoico che durante l’evacuazione forzata della città da parte dei militari, decide di nascondersi per resistere da solo alle orde di infetti dal virus, senza essere schiavo di alcun governo. Così, dopo aver fortificato il quartiere con trappole e recinsioni, Bill vive la sua vita solitaria fin quando, quattro anni dopo, trova in una di queste trappole un uomo di nome Frank, scappato da una ZQ. Dopo i primi timori, Bill decide di accettare Frank nel suo quartiere, e successivamente nella sua vita, grazie ad un commovente bacio che lega i due in una relazione.
L’episodio, dalla durata di 77 minuti, è stato vittima di review bombing (pratica che consiste nel subire ondate di recensioni negative su vari siti da parte di haters) per le tematiche trattate.
Questi attacchi non sono nuovi per il franchise, che nel 2020 per The Last of Us 2 ha mostrato la relazione omosessuale di Ellie, la protagonista, ed ha inserito nella trama un personaggio trans.
Infatti, l’attrice Bella Ramsey è subito intervenuta in difesa della serie con le parole “Abituatevi alle storie gay” dato che la trama ne prevede di altre per i prossimi episodi.
Nell’episodio quattro e cinque, infine, ci immergiamo in un’atmosfera nuova: arriviamo a Kansas City nel mezzo di una violenta rivoluzione cittadina, in cui gli agenti FEDRA sono torturati e poi uccisi dalla rabbia del popolo. Qui i due protagonisti intenti a nascondersi conoscono Henry un uomo che ha collaborato con gli agenti in passato e per questo è ricercato dai rivoluzionari, e Sam, suo fratello minore, il cui personaggio è stato ideato sordo-muto, scelta che aggiunge non poco pathos alle scene che lo vedono protagonista.
Anche il quinto episodio termina, dopo sanguinose scene di combattimento contro gli infetti, lasciando che Ellie e Joel continuino il loro cammino da soli, sconvolti dagli eventi che il destino gli fa affrontare, ma sempre più dipendenti l’uno dall’altro, in un rapporto ormai inscindibile.
Il racconto di questi due personaggi, che si completano l’un l’altro per fornire una trama appassionante e avvincente, è la dimostrazione che una buona storia arriverà sempre al cuore degli spettatori, non importa se questi la stiano vivendo con un gamepad in mano, o con un telecomando.
Image Copyright: Gamesurf
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