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  • Writer's pictureKoinè Journal

1. Un servizio GARANTITO, GRATUITO e UMANO in ogni territorio


di Vincenzo Tetta


"La libertà senza giustizia sociale è una conquista vana."

Le parole di Sandro Pertini, al solito illuminanti, risultano essere particolarmente pregnanti nel caso della legge 194/78. Quest'ultima, sicuramente una grande conquista, soprattutto se contestualizzata alla finalità di regolamentare le modalità di IVG in sicurezza mettendo un freno alla pratica abortiva clandestina, non è tuttavia garante del diritto all'aborto come espressione di libertà sessuale delle donne. Di fatto, il diritto all'aborto in Italia non esiste e di conseguenza non esiste una tutela della dignità sociale ed individuale che viene violata ogni volta che la realtà in cui viviamo, oltre a rendere difficoltoso l'esercizio della libera scelta di una donna a procedere con l'IVG, contribuisce a trasfrormare una scelta legittima in una colpa. Allo stesso modo la dignità è violata quando i servizi sociali e terapeutici smettono di essere lo specchio della disponibilità pubblica a costruire un ambiente propizio all'effettiva libertà delle decisioni e divengono dei veri e propri strumenti di dissuasione in mano ad organizzazioni No Choice e ultracattoliche.


Il primo punto del documento propositivo di FREE si prefigge di affrontare l'annoso problema dell'obiezione di coscienza del personale sanitario, già sovente obiezione di struttura, nonchè quello della discontinuità dell'erogazione del servizio IVG su base territoriale. Va ricordato che la legge 194 riconosce all'art. 9 il diritto all'obiezione per il personale sanitario, ma con precisi limiti. La sentenza n.14979, del 2 aprile 2013 della Corte di Cassazione Sezione VI penale, precisa come il testo normativo tuteli il diritto di obiezione entro lo stretto limite delle attività mediche dirette all'interruzione di gravidanza, esaurite le quali il medico obiettore non può rifiutarsi di garantire il diritto alla salute di una donna, non solo nella fase conseguente l'intervento, ma in tutti quei casi in cui c'è pericolo imminente di vita. L'obiezione di coscienza, infatti, non può configurarsi come assoluta in un confronto tra diritti della persona, soprattutto quando uno di questi è riferibile alla vita o alla salute.


Tuttavia, la realtà restituisce un'immagine differente. Sebbene vada considerato che, ad oggi, si possiedono solamente informazioni lacunose sullo stato di effettiva attuazione della legge, appare chiaro che non ci siano delle vere e proprie garanzie sul servizio offerto alle donne. Ad esempio, secondo quanto pubblicato nel libro "Mai dati" a cura di Chiara Lalli e Sonia Montegiove, in Italia ci sono almeno 22 ospedali e 4 consultori con il 100% di medici ginecologi, anestesisti, personale infermieristico e OSS obiettori di coscienza, e 72 ospedali con più dell'80% di personale obiettore. Sicuramente uno dei fattori che contribuisce ad incentivare il disinteresse generale verso l'omissione di un servizio, che avrebbe dovuto configurarsi come una questione di salute pubblica per il SSN, è il circoscrivere l'obiezione ad un problema di esclusivo interesse morale o etico. E si sa, in Italia i temi bioetici sono monopolio della Chiesa Cattolica. Le alte gerarchie vaticane intervengono con sempre maggiore frequenza nelle questioni politiche del nostro Paese, incoraggiate da una classe dirigente che, spesso, contrappone agli articoli di Legge passi di encicliche papali come se fossero latrici di una superiore legittimità.

Alla faccia dello Stato laico!


Sarebbe alquanto superfluo ricondurre il tutto alla crisi (così lunga da sembrare ormai quasi la normalità) della laicità delle Istituzioni. La "Relazione del Ministro della Salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza (legge 194/78)", che pur essendo la più aggiornata fa riferimento a dati del 2020 (che tempestività!), ha analizzato l'offerta del servizio IVG in termini di strutture disponibili (percentuale di stabilimenti con reparto di ostetricia e/o ginecologia in cui si pratica IVG) e di carico di lavoro dei medici non obiettori. Il numero totale di sedi ospedaliere (stabilimenti) con reparto di ostetricia e/o ginecologia risulta pari a 560, mentre il numero di quelle che effettuano le IVG risulta pari a 357, cioè il 63,8% del totale. Dalla Relazione emerge inoltre un quadro desolante anche per ciò che concerne le condizioni lavorative dei medici non obiettori, che risultano sovraccaricati di lavoro, in quanto sottodimensionati, nonchè ostacolati in termini di progressione carrieristica. Elementi che formano un ulteriore disincentivo per gli operatori chiamati a scegliere se classificarsi come obiettori o non-obiettori: difatti, anche chi non ha convinzioni morali, etiche o religiose confliggenti con l'art.9, all'atto pratico trova più conveniente scegliere di non praticare l'IVG. Un inquietante paradosso per cui la garanzia dei diritti dell'obiettore diviene strumento che delegittima la scelta del non obiettore confinandolo in un ruolo profesisonalmente sfavorevole.


Pur ritenendo estremamente efficace in prospettiva una modifica dell'art.9 sull'obiezione di coscienza, la proposta di FREE, limitata nella sua visione dal difficile contesto politico che rende pericoloso ogni processo di revisione della 194, cerca di blindare il testo normativo vincolando alla piena attuazione della legge sia il decisore politico nazionale che regionale. Nel caso specifico punta a mettere in atto provvedimenti volti a garantire, nel corso dei prossimi cinque/dieci anni, il graduale raggiungimento di una quota di almeno il 50% di non obiettori nelle strutture pubbliche e il superamento della cosiddetta obiezione di struttura. In riferimento a quest'ultima si potrebbe pensare, per esempio, ad una mobilità interprovinciale/interregionale del personale come già sperimentato all'ospedale di Ciriè per riavviare un servizio in precedenza dismesso a causa dell'assenza totale di medici non obiettori. È necessario inoltre tenere conto del fatto che non solo esiste per i medici la possibilità di sollevare l'obiezione, ma anche di ricorrere all'art.22 del codice deontologico dei medici del 2014 (attualmente in vigore) che certifica: "Il medico può rifiutare la propria opera professionale quando vengano richieste prestazioni in contrasto con la propria coscienza o con i propri convincimenti tecnico-scientifici, a meno che il rifiuto non sia di gravee immediato nocumento per la salute della persona, fornendo comunque ogni utile informazione e chiarimento per consentire la fruizione della prestazione".


È tempo di agire. Le Istituzioni non possono relegarsi a spettatori passivi di un grave e quotidiano delitto che si estrinseca in un disservizio pubblico permissivo alla coscienza dell'uno di limitare la libertà dell'altro, condannandolo così alla sofferenza.


FREE è libertà. Libertà di scegliere.


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