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  • Writer's pictureKoinè Journal

Vento di destra sull'Europa


di Valentina Ricci.


Per questa settimana l’editoriale si concentrerà su tre recenti fatti di politica estera non molto lontani dall’Italia e che possono essere utili a comprendere quale sia l’atmosfera che ci circonda: le elezioni locali in Spagna, quelle del Presidente in Turchia e quelle del governo in Grecia. In generale si può dire che questa tornata di elezioni ha confermato la propensione delle democrazie occidentali a settarsi su posizioni di destra, tendenza politica già in atto da qualche tempo. In alcuni casi ciò ha suscitato una moderata sorpresa, in altri ha confermato uno status quo.


Il 28 maggio in Spagna si sono chiuse le elezioni locali che hanno coinvolto dodici regioni (o comunità indipendenti) e diversi importanti centri urbani, come Madrid, Barcellona, Valencia e Siviglia. Delle regioni al voto, il Partito Socialista di Pedro Sánchez ne ha mantenute soltanto tre, mentre delle restanti, sei sono state sottratte e tre mantenute dal Partito Popolare (formazione politica di destra) guidato da Alberto Núñez Feijóo; nelle isole Canarie il vincitore sarà decretato in base alle alleanze a causa di risultati tutt’altro che netti. Il Partito Popolare, vincitore delle elezioni, ha ottenuto la maggioranza assoluta solamente ne La Rioja e nella regione di Madrid (e anche nel suo governo municipale), dovendo quindi stringere alleanze con il partito rivelazione di queste elezioni, Vox. Evitare un accordo politico con il partito di ultradestra guidato da Santiago Abascal (amico stretto della nostra Giorgia Meloni), era una promessa che Feijóo ha ripetuto svariate volte. Ma ora che Vox è l’ago della bilancia per sancire la schiacciante vittoria del PP sul Psoe, e che il pensiero di destra radicale è quello che raccoglie un maggiore successo politico, sarà disposto Feijóo a rimangiarsi la parola data?


Nel frattempo, Sánchez si è fatto carico della pesantissima sconfitta e ha sciolto il Parlamento, portando la Spagna a elezioni anticipate (da dicembre al 23 luglio di quest’anno) e aprendo di fatto un breve ma intensissimo periodo di campagna elettorale che probabilmente farà ingrossare le fila dei rappresentanti della destra (da quella liberale a quella più conservatrice) alle due Camere, e forse la farà anche governare. Per quanto ci riguarda, Sánchez lascia un vuoto enorme nel cuore e nella mente di una nostra politica, Elly Schlein: preso a modello già dalla campagna elettorale per le primarie del Pd, l’intraprendente governo socialista all’estremo occidente d’Europa, quello che non aveva paura a fare cose di sinistra (semicit.) era per Schlein la formula della rinascita della sinistra italiana. Ora quel modello, pagando la naturale e democratica conseguenza delle scelte fatte, dopo quasi cinque anni è caduto; la nostra sinistra invece è caduta senza aver fatto nulla.


Passiamo ora alla Turchia, dove il 14 maggio si sono svolte le elezioni presidenziali e, in assenza di un candidato che raccogliesse più del 50% dei voti, il 28 maggio si è tenuto il ballottaggio di tali elezioni. Anche se per la prima volta dopo vent’anni Erdogan è stato messo in seria difficoltà dal suo sfidante, Kemal Kilicdaroglu, dopo la prima tornata elettorale il peggio sembrava passato, e il governo sempre più dispotico e assolutista di Erdogan è stato riconfermato fino al 2028. A nulla è servito riunire tutte le forze di opposizione in un’unica e alquanto variegata alleanza in nome della democrazia, né è servito il repentino cambio di tono di Kilicdaroglu che nel giro di pochi giorni è passato dal mostrare le pacifiche mani poste a mo’ di cuore al minacciare l’espulsione per 10mila migranti dal territorio turco. Il monopolio dei media da parte di Erdogan e la fedeltà della popolazione delle zone più povere e periferiche, uniti allo scarso carisma politico dell’avversario, sono bastati a ribaltare un risultato che i sondaggi avevano già scritto.


Inoltre, pare che proprio a seguito di questo successo elettorale sarà possibile raggiungere un accordo con la Turchia sull’entrata della Svezia nella Nato. Secondo Stoltenberg se ne potrà avere certezza già alla riunione annuale della Nato a Vilnius (Lituania) a luglio, e la chiave sembrano essere gli Stati Uniti: stando a una dichiarazione rilasciata da Biden l’odio di Erdogan verso i curdi e il Paese che sta dando loro asilo può essere addolcito con una manciata di jet F-16, più efficaci di una pozione magica. E così, probabilmente, gli stessi caccia per cui Biden ha dato il permesso di vendita all’Ucraina da parte dei Paesi europei durante il G-7 di maggio saranno venduti alla Turchia, Paese che non ha mai nascosto le sue simpatie per Putin.


In Grecia, invece, i risultati delle elezioni politiche tenutesi il 21 maggio sono state definite dal vincitore stesso un “terremoto politico”. Anche se il successo del Primo Ministro uscente Kyriakos Mitsotakis è stato più grande del previsto (ha staccato il suo primo avversario, Tsipras, di 20 punti percentuali, affermandosi con il 40,8% dei voti), non si può parlare di nulla che già non fosse stato previsto nel suo senso generale. Allo stesso modo si era previsto che Mitsotakis si sarebbe valso del secondo turno di elezioni per ottenere la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento: il secondo turno necessario in caso di un mancato accordo di governo prevede che si vada a votare con una legge elettorale proporzionale rafforzata, cioè con un premio di maggioranza. Grazie al premio un partito che riesce a raggiungere il 38% dei voti può ottenere la maggioranza dei parlamentari, quindi per Nuova Democrazia si tratterebbe di ottenere due punti in meno rispetto al primo turno. In Grecia sono prevalse (e probabilmente prevarranno anche a fine giugno) le logiche di crescita economica (+5,9% nel 2022) su quelle della difesa dei diritti umani, sulle crescenti preoccupazioni per lo stato di diritto, o sulla recente minaccia di erosione della libertà di stampa. Non si tratta di un copione inedito, soprattutto per un Paese come la Grecia, che viene da un periodo di ristrettezze economiche molto pesanti e che ne risentirà ancora a lungo.








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