BRICS: la crescita di un fenomeno globale
- Koinè Journal
- Mar 17
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di Paolo Trojan.
Introduzione
Dopo anni di parziale disinteresse verso lo studio delle relazioni internazionali e della geopolitica, gli anni ‘20 del 2000 hanno rimesso al centro queste dottrine. La guerra russo- ucraina, la questione palestinese e la pandemia di Covid sono solo alcuni degli eventi di portata mondiale avvenuti legati al clima di generale mutamento degli assetti. Essi ci hanno portato a dubitare delle certezze acquisite e parallelamente ci hanno obbligato a riconsiderare nuovi e vecchi paradigmi.
È in questa fase di transizione storica che si deve leggere il progetto politico in questione. L’allargamento del Brics, divenuto in mancanza di migliori definizioni Brics+, è figlio di un'epoca. Esso riporta lo studio della geopolitica al centro della narrazione politica, al fine di comprendere le azioni degli attori in questione e conseguentemente agire in modo raziocinante.
Appare quindi una necessità, politica oltre che strategica, analizzare meglio questo fenomeno, che ha da un lato incuriosito dall’altra spaventato gli attori occidentali, per capirne la portata, gli obiettivi e la cornice teorica.
Che cos'è il BRICS?
Il Brics, divenuto ora Brics+, è un’unione informale di nazioni appartenenti al Sud globale che si riunisce annualmente per coordinare la diplomazia e l’azione economico politica. Può essere definito “il G7 dei paesi non occidentali” e fino al 2024 comprendeva al suo interno Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.
Il fine ultimo del gruppo è sovvertire l’ordine mondiale occidentalocentrico, basato sulla supremazia del dollaro e sul potere di alcune organizzazioni internazionali a trazione statunitense come la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale. A questo fine, il contributo concreto più significativo della loro azione è stata la creazione della New Development Bank, una banca d’investimento rivale della Banca Mondiale. Da anni, inoltre, le nazioni Brics discutono sulla possibilità di istituire una moneta comune che possa rivaleggiare col dollaro americano.
Dal 1° gennaio 2024, a seguito dell’ultimo allargamento del gruppo che è arrivato a contare 10 membri, i Brics rappresentano il 36% delle terre emerse, circa il 45% della popolazione mondiale, il 45% delle riserve petrolifere e circa il 36,6% del pil globale.
L’allargamento del 2024 ha riguardato paesi “emergenti” e non appartenenti al blocco liberale come Egitto, Etiopia, Emirati Arabi Uniti, Iran e Arabia Saudita, anche se quest’ultima non è ancora del tutto membro ufficiale del gruppo. Quella del 2025 invece solamente l’Indonesia. Non vi sono degli specifici prerequisiti per poter far parte del Brics, ma appare evidente che la rilevanza economica o strategica giochi un fattore cruciale. L'espansione del 2024 ha infatti coinvolto unicamente paesi del mar Rosso o del Golfo Persico, segno di un interesse geopolitico specifico nell’area.
Riferimenti teorici
Dal punto di vista geopolitico, l’alleanza informale del Brics, unita al suo allargamento del 2024, va considerata come strumento e fine di un mondo multipolare in potenza.
Alla fine della guerra fredda, con il superamento dell’assetto bipolare est-ovest, in un primo momento si è ritenuto che il mondo fosse destinato all’unipolarismo, convinzione che ha alimentato le teorie neocon e neoliberali. Poi, progressivamente, la realizzazione dell’impossibilità e dell’eccezionalità storica dell’unipolarismo ha portato alla formulazione di nuovi e variegati paradigmi.
Alcuni autori hanno parlato di Uni-multipolarismo, altri di bipolarismo. Con l’inizio degli anni ‘20 del 2000 appare però sempre più evidente un indirizzo del mondo verso un multipolarismo, voluto e sostenuto dalle nazioni considerate del sud globale, di cui i Brics si fanno portavoce.
Questo fenomeno è leggibile attraverso le basi teoriche portate dallo studioso Samuel Huntington, nel suo libro “Clash of civilisation”. La capacità che ebbe fu quella di leggere il mondo in modo diverso rispetto a come i suoi colleghi contemporanei fecero, permettendogli di cogliere sfumature che avrebbero portato alla definizione di una nuova dottrina. All'interno dell’operato delle nazioni Brics possiamo evidenziare più motivi validi per associarle allo studio dello “scontro di civiltà”.
A differenza della dottrina liberale, il sistema impostato da Huntington si basa su un archetipo realista, poggiando su punti fermi quali la politica di potenza, l’anarchia del sistema internazionale, la guerra come dato endemico e la centralità degli stati come attore principale della geopolitica. Al contempo, la sua teoria viene arricchita di fattori geografici e culturali, creando una sintesi tra lo studio delle relazioni internazionali, il paradigma costruttivista e la geopolitica critica.
Le nazioni originarie facenti parte del Brics, nella lettura che si può fare attraverso gli scritti di Huntington, sono gli stati guida della propria civiltà di riferimento. Il Brasile come
stato guida latino-americano, la Cina per la civiltà sinica, l’India per quella indù, la Russia per quella ortodossa e il Sudafrica per quella africana, corrispondente all’Africa subsaharina.
L'importanza ricoperta dalle religioni nelle scelte politiche degli stati sopracitati si pone in perfetta continuità con le teorie huntingtoniane, e ne conferma la visione. In una lettura più ampia delle opere derivate dallo studioso, il Brics si configura come un insieme di “stati- civiltà” quali la Russia o la Cina, o potenziali “stati-civiltà” come l’India e il Brasile.
La prima linea di demarcazione che il professore di Harvard intuisce è la divisione tra la civiltà Occidentale, l’unica in cui la religione non gioca un ruolo determinante, e le altre civiltà, quindi quella sinica, ortodossa, buddhista, indù, nipponica, africana, islamica, latino- americana (Boria, Marconi 2022, p. 655). Secondo questa divisione appare innanzitutto coerente la volontà degli stati non appartenenti alla civiltà occidentale di allearsi tra loro e appare ugualmente coerente che l’allargamento del 2024 del Brics, divenuto Brics+, si sia concentrato nell’area medio-orientale, in cui vi è una civiltà, quella islamica, che ancora non aveva un proprio rappresentante presso l’organizzazione.
Ad un secondo livello di analisi, risulta logico per gli Stati non occidentali voler riformare l’ordine internazionale equiparando il peso di ogni civiltà in senso paritario. Da questa considerazione deriva la volontà del Brics di riformare il Consiglio di sicurezza dell’ONU e quella di svuotare d’importanza il G7, favorendo la maggiore rappresentanza mondiale, quindi di tutte le civiltà, del G20.
Infine, a confermare la lettura di Huntington, vi è il ruolo che ricoprono alcuni principi cardine del pensiero occidentale. Se lo studioso predicava uno scontro tra civiltà, la lettura fatta dai governi americani ed europei è quella di uno scontro per la civiltà.
La preminenza di alcune questioni come la difesa della proprietà privata, la libertà di culto, la parità uomo donna, la libertà di espressione sono fondamentali, almeno nella teoria, nell’azione politica del west world, poiché essi sono valori considerati universali.
Al contrario, i paesi Brics non li riconoscono come tali e non ritengono che siano ideali da imporre globalmente, poiché riconoscono la loro derivanza occidentale e di conseguenza la loro non universalità.
La lotta per la civiltà, nella visione Brics, perde quindi di senso in quanto ogni civiltà ha le sue caratteristiche peculiari uniche e non globalmente accettabili.
Il loro approccio è scevro da questioni “morali”, a favore di una maggiore pragmaticità e di maggiore realismo politico.
L’espansione del Brics, d’altro canto, pare ripercorre quella che è la dottrina realista. La preminenza che viene data all’interesse nazionale, alle politiche di potenza e alle zone d’interesse delle potenze Brics appare coerente con i dettami della dottrina. La Russia, secondo le parole dello studioso Cristopher Coker, aderisce al diritto internazionale unicamente al fine
di difendere gli interessi russi, non per difendere una “comunità internazionale” fittizia o una “società civile globale” ancora più fittizia. Non disponendo della potenza diplomatica o commerciale delle nazioni europee o della Cina, per aumentare il proprio peso geopolitico nel continente africano, per esempio, utilizza mezzi non considerati consoni secondo i dettami liberali.
Essa sfrutta gli asset derivati dalla politica sovietica e li utilizza per favorire regimi autoritari antidemocratici e avversi all’Occidente, offrendo strumenti tecnologici e cibernetici per permettere ai gruppi politici alleati di mantenere, o conquistare, il potere. Il tipo di assistenza che offre è privo di paternalismo o condizionalità e fornisce ai leader africani quello che non osano o non possono chiedere ad altri. Armi, strumenti per influenzare le elezioni e mercenari, tra cui spicca il ruolo della compagnia privata Wagner, sono solo alcune delle carte giocate dalla Russia per accrescere la propria presenza.
Questo atteggiamento definito sharp power, differente dai classici soft power o hard power, è esemplificativo di un tipo di approccio differente alle relazioni internazionali rispetto ai canonici approcci basati, teoricamente, sul diritto internazionale. Discorsi similari si possono applicare anche ad altre nazioni Brics, tra cui Iran e Cina.
Sempre dal punto di vista geopolitico appare evidente la volontà del Brics di far pesare a propria influenza sul contesto marittimo. Ciò è obbligato per la natura stessa del primo avversario del blocco, ovvero gli USA. Essendo la principale, e incontrastata, potenza talassocratica del mondo, per poterne limitare l’egemonia risulta obbligatorio esercitare maggiori pressioni sul teatro di scontro in questione.
Ponendosi in continuità con quello che è il pensiero della geopolitica classica, nello specifico quella derivante dl pensiero di Alfred T. Mahan contrammiraglio statunitense di fine Ottocento e tra i primi teorici del potere marittimo, la volontà delle nazioni Brics è quella di esercitare pressione sui choke points, strategici punti del commercio mondiale. In quest’ottica va letta quindi la scelta fatta rispetto ai nuovi membri del gruppo. Tramite l’Egitto si esercita pressione sul Canale di Suez, tramite l’Etiopia sullo stretto di Bab el Mandeb, con Iran e Arabia sullo stretto di Hormuz, con l’Indonesia su quello di Malacca. Il controllo di questi cruciali punti di snodo del commercio internazionale rappresenterebbe un significativo vantaggio geografico rispetto ai paesi rivali.
Quali prospettive?
Sebbene i dati ci indichino un ruolo di questi ultimi sempre maggiore, in quanto i numeri a livello economico, a livello demografico e a livello di risorse siano superiori a quelli
delle nazioni occidentali, è improbabile prevedere una loro eventuale futura egemonia mondiale.
Le nazioni Brics non sono infatti un blocco monolitico, un'organizzazione sovranazionale coesa e uniforme o un insieme di stati accomunati da storia o volontà diplomatica e politica. Sono un forum informale di paesi con obbiettivi specifici e importante peso demografico ed economico, ma di cui non va sovrastimata l’influenza.
Può essere alla loro portata la possibilità di riformare la Banca mondiale e il Fondo Monetario Internazionale ma è improbabile che riescano, quanto meno nel breve periodo, a porre fine all’egemonia del dollaro americano o a rendere l’Occidente, e i suoi principali attori statuali, ininfluenti sul panorama internazionale. Il motivo è la debolezza intrinseca delle relazioni tra gli attori Brics e dei loro rapporti con i partner-rivali occidentali.
Parlando di questioni di difesa, per esempio, se è pur vero che sia la Cina che la Russia hanno venduto armi a tutti i paesi Brics nel periodo tra il 2003 e il 2022, è altresì vero che nello stesso periodo quantità paragonabili di dotazioni militari sono state vendute dagli USA a 8 nazioni Brics, e pare che la loro unione al blocco di nazioni antioccidentali non dovrebbe frenare gli accordi commerciali sugli armamenti in atto, almeno per Egitto, India, UAE e Arabia Saudita. Senza contare i trattati difensivi siglati da Arabia ed Emirati con gli stessi Stati Uniti, o l’accordo Quad, che prevede la collaborazione tra USA, Australia, Giappone e India.
All'interno del gruppo Brics, inoltre, vi sono storicamente conflitti e rivalità latenti. Il supporto che la Cina ha sempre fornito al Pakistan ha reso i rapporti tra lei e l’India conflittuali, esacerbati dalle questioni sul confine e sulla sovranità del Tibet. Posizione di conflitto che torna a tutto vantaggio della Russia, che vende armi e petrolio ad entrambe le nazioni e che ha quindi l’interesse che la questione non si risolva definitivamente.
La stessa Russia è, dalla guerra fredda in poi, rivale e partner dello stato sinico, con relazioni non sempre ottimali. Fino alla fine della guerra in Ucraina è obbligata a mantenere stretti legami col governo di Pechino, ma non è da escludere che, con una risoluzione del conflitto e con una normalizzazione delle relazioni con le nazioni europee, questo legame possa nuovamente incrinarsi.
Nel quadrante medio orientale la divisione tra mussulmani sunniti e mussulmani sciiti è un altro fattore di debolezza. La contrapposizione che vede Arabia Saudita ed Emirati Arabi da un lato e l’Iran dall’altro è da anni motivo di tensioni nell’area del Golfo persico e nel Mar Rosso. L'accordo di sicurezza militare siglato tra Riyadh e Washington non sembra indicare una volontà da parte dell’Arabia di risolvere le questioni con Teheran all’interno della cornice del Brics (Katz, 2024, p. 11).
Le nazioni africane coinvolte nel progetto Brics+, ovvero Egitto ed Etiopia, sono anch’esse in storica rivalità. Competizione aumentata ed esacerbata dal progetto della grande diga sul Nilo, voluta dal governo etiope e finanziata dalla Cina che comprometterebbe le risorse idriche del Cairo e del Sudan. Rivalità resa evidente anche dalle questioni somali-etiopi legate all’indipendenza del Somaliland osteggiata militarmente dall’Egitto.
Nemmeno la questione della guerra nel Donbass ha unificato le nazioni Brics dietro ad un unico vessillo. Infatti, se la Russia ha votato contro la condanna dell’invasione, Cina e India si sono astenute e il Brasile ha addirittura votato a favore di una pace giusta.
Il west world, nonostante alcune visioni differenti e rivalità interne, appare più coeso ed unito in merito alle grandi questioni internazionali e rispetto alle proprie convinzioni ideologiche. Motivo per il quale appare improbabile una sua capitolazione nel medio periodo. La teoria geopolitica di Huntington e la divisione delle nazioni non occidentali sembrano indicare una stessa direzione: una progressiva frammentazione regionale della politica internazionale verso un mondo multipolare.
Alla luce di questa considerazione il forum del Brics appare non tanto il fine quanto il mezzo per le nazioni facenti parte dello stesso per ottenere uno status sempre più riconosciuto di media-grande potenza regionale o mondiale.
Allo stesso modo, le nazioni entrate all’interno del Brics nel 2024, possono, grazie a questa scelta diplomatica, giocare una partita realmente decisiva all’interno delle loro regioni geografiche, non per questo allineandosi obbligatoriamente con l’Occidente o contro di esso. Esemplificativo in tal senso l’operato dell’Arabia Saudita, partner USA in Medio Oriente ma anche nuovo membro del Brics, ha ora la possibilità di sfruttare questa sua doppia fedeltà in fase contrattuale con ambe due gli schieramenti.
L' instaurazione di un mondo multipolare appare ormai come una concreta realtà del prossimo futuro e l’unico modo per poter affrontare un progressivo aumento delle medie potenze regionali è essere consapevoli del proprio spazio geografico e del proprio ruolo in un pianeta sempre più frammentato.
Bibliografia
Alrefai A., BRICS Alliance: A SWOT Analysis and the Potential Implications for Ending the Dominance of the USD, BRICS Law Journal, 2024.
Boria E., Marconi M. a cura di, Geopolitica dal pensiero all’azione, Spazio e politica in età contemporanea, Roma, Dat Donat Dicat, 2022.
Coker C., Lo scontro degli stati-civiltà, Roma, Fazi Editore, 2020.
Diodato E. a cura di, Relazioni internazionali, Dalle tradizioni alle sfide, Roma, Carrocci editore, 2018.
Faleg G., L’Africa Geopolitica, Strategie e scenari nell’era multipolare, Roma, Carocci editore, 2024.
Huntington S. P., Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, Milano, Garzanti Editore, 2022.
Iqbal B., The BRICS in Global Governance: Can the BRICS fill the global leadership gap?,
The Turkish Center for Asia Pacific Studies, 2024.
Mbara Chimidi G., Graham S., Is BRICS Losing its Global Relevance? A Retrospective View of the 2023 Summit in Johannesburg, South Africa, African Renaissance, 2024.
Image Copyright: Keystone
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