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Writer's pictureKoinè Journal

Il Totigate scuote la maggioranza

Updated: May 10


di Luca Simone.


Non si vedevano scene così dai tempi di Tangentopoli, quando gli avvisi di garanzia e gli arresti di importanti manager e uomini politici piovevano su un Paese incredulo. Eppure, nella mattinata di martedì 7 maggio sono scattate le manette per sua eccellenza Giovanni Toti, governatore della Liguria dal 2015 ed ex delfino del defunto Cavaliere. Le accuse, che non riguardano solo lui, sono gravissime, la Guardia Di Finanza e la DDA genovese contestano al governatore, attualmente ai domiciliari, il reato di corruzione. Nell’ambito dell’inchiesta che coinvolge l’imprenditore Aldo Spinelli e altri personaggi del cerchio magico totiano come Matteo Cozzani, capo di Gabinetto in Regione, si parla anche di corruzione elettorale e voto di scambio politico-mafioso. Per gli inquirenti, infatti, i mandamenti di Cosa Nostra in Liguria avrebbero “spinto i candidati totiani alle scorse regionali”, garantendo dunque la rielezione di Toti a Palazzo della Navigazione.


Da ciò che è emerso nel corso delle indagini il presidente della regione Liguria avrebbe ricevuto in varie tranche circa 74.000 euro dagli imprenditori del settore logistica e immobiliare Aldo e Roberto Spinelli, che avrebbero dirottato la cifra al “Comitato Giovanni Toti”, sia sotto forma di finanziamento che di partecipazione al pagamento di cene elettorali. In cambio Toti si sarebbe impegnato a “trovare una soluzione” per la trasformazione dell’ex colonia di Punta dell’Olmo da spiaggia libera a spiaggia privata e a garantire la concessione di spazi portuali all’azienda degli Spinelli.


L’allargamento dell’inchiesta ha poi coinvolto anche l’editore di Primocanale, rete televisiva molto vicina ai totiani, che è stato accusato di finanziamento illecito sotto forma di campagna elettorale andata in onda sulla stessa emittente. Le maglie dell'indagine hanno toccato anche il gruppo Esselunga, che avrebbe garantito “favori” in cambio dell’autorizzazione all’apertura di punti vendita a Sestri Ponente e Savona. Per il GIP, siamo di fronte ad un vero e proprio sistema di potere basato sul voto di scambio, in un virgolettato rilasciato al Secolo XIX ha dichiarato: “Toti svendeva il suo ruolo pubblico in cambio di finanziamenti”. L’ex assessora al comune di Genova Elisa Serafini, dimissionaria nel luglio 2018 mostra ai giornali un messaggio del presidente ligure che recita: “Per fare il bene bisogna saper coltivare il male”. Interpellata nel merito dichiara di essersi dimessa per non sottostare alle regole di un sistema “corrotto, clientelare e dannoso per il territorio e la politica, fatto di appalti e consulenze organizzate.


Lo scenario che emerge è drammatico, e riporta la mente agli anni del tintinnio di manette del pull di Mani Pulite. Il cataclisma che ha investito la regione Liguria scuote dalle fondamenta la stessa maggioranza di governo a poche settimane dal voto delle europee. Il clima, già di per sé non semplice, tra le tre compagini di governo viene sicuramente aggravato da uno scandalo causato dall’arresto di un governatore regionale vicinissimo a Forza Italia. Non a caso, a poche ore dall’esplosione del caso, mentre autorevoli membri dell’area “moderata” come Lupi invitavano alla calma e predicavano l’innocenza di Toti (non si sa bene su quali basi), Fratelli d’Italia ha fatto filtrare la possibilità di dimissioni anticipate, immediatamente smentite dall’avvocato del governatore. A gettare benzina sul fuoco ci ha pensato poi il ministro Lollobrigida, dichiarando che è necessario “riflettere” quando ci si trova di fronte ad un arresto. Un commento che tra le righe cela un invito alle dimissioni che porterebbero ad elezioni anticipate.


Il tentativo di FDI è palese, ed è quello di approfittare delle disgrazie giudiziarie forziste per accreditarsi come forza legalitaria conservatrice agli occhi degli elettori “moderati” di Toti. In caso di elezioni anticipate, infatti, vista la campagna elettorale che vede la premier Meloni impegnata in prima persona come forza trainante del suo partito alle prossime europee (pur senza aver alcuna intenzione di andare in Europa, e ne abbiamo parlato), l’auspicio è che l’elettorato totiano sposti le preferenze su un candidato di FDI, assicurando agli eredi missini il controllo di un’altra importante e strategica regione. Non a caso, infatti, spaventata da un'altra possibile prova elettorale alla quale non è preparata, la Lega ha spezzato ben più di una lancia in favore del governatore indagato. Meloni, dunque, non guarda in faccia a nessuno, nemmeno ai suoi stessi alleati, ed è pronta a mettere il dito nella piaga, un comportamento che ha lasciato non poco interdetto lo stato maggiore di Forza Italia.


Sull’intera vicenda pesa poi il commento preoccupante e inopportuno del ministro della Giustizia Carlo Nordio, che si è detto “perplesso” dalle custodie cautelari decise dai magistrati che, a suo dire, sarebbero dovute arrivare in un periodo non toccato dalle elezioni e dalla campagna elettorale. Dichiarazioni a cui ha subito fatto eco Tajani, appellandosi al garantismo e dichiarandosi concorde con quanto detto dal collega. Parole molto pesanti perché provengono non solo da due politici esponenti della maggioranza, ma da due ministri, uno dei quali della Giustizia, quindi diretto superiore di quei giudici e quei PM incaricati di condurre l’indagine sul Totigate. Non viene in mente nessun serio Paese democratico che concederebbe ad un proprio alto rappresentante di commentare così spudoratamente il corso delle indagini e l’operato di un potere indipendente dello Stato tramite una dichiarazione di dissociazione dall’operato di alcuni suoi sottoposti che, per completezza di analisi, hanno agito nella piena legalità e nel rispetto delle loro funzioni.


Il Totigate rischia quindi di far cadere la maggioranza? Difficile, ma non per questo non ha messo in seria difficoltà almeno due dei tre partiti di governo che, oltre alle vicende giudiziarie gravissime che coinvolgono il governatore Toti, devono preoccuparsi anche della voracità della premier.


Perché Giorgia non guarda in faccia a nessuno.

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